
Principalmente dalla rivoluzione industriale in poi, l’evoluzione culturale si è fatta decisamente più rapida di quella biologica; l’ambiente è cambiato più velocemente di quanto abbiano potuto fare i nostri corpi e i nostri cervelli, rimasti sostanzialmente gli stessi di migliaia di anni fa. Ci ritroviamo quindi a essere dotati di capacità che non utilizziamo più, fino a perderle, e a dover forzatamente adattarci a contesti che non si confanno al nostro livello evolutivo. Ad esempio, gli esseri umani sarebbero anatomicamente dei grandi camminatori, ma abbiamo creato una società estremamente sedentaria; oppure, durante l’evoluzione il cervello umano si è specializzato per le relazioni sociali, però stiamo conducendo vite sempre più solitarie e schermate da dispositivi elettronici. Protetti da questi scudi tecnologici, molti giovani riescono a evitare il contatto umano proprio quando invece sarebbe fondamentale sperimentarsi nelle abilità di stare in gruppo e di intessere relazioni sentimentali. La vicinanza fisica ed emotiva può inizialmente spaventare – si sa – ma è un’imprescindibile palestra per una vita di rapporti sociali soddisfacenti, oltre che fonte insostituibile di sostegno e calore.
Deleghiamo ai nuovi strumenti tecnologici compiti che abbiamo sempre svolto in autonomia. Di certo le nostre vite sono più comode e le mille attività nelle quali siamo ingaggiati avvengono in velocità e con poco sforzo. Queste continue deleghe però hanno un costo notevole: nel tempo stiamo perdendo tutte quelle abilità che la tecnologia assolve al posto nostro. Attenzione, memoria, concentrazione, empatia, tolleranza alla frustrazione e orientamento spaziale sono soltanto alcune delle vittime del progresso tecnologico. Il costante mismatch tra ciò che siamo e l’ambiente che abbiamo creato favorisce l’insorgere di patologie e disagio psicologico.
Quali caratteristiche accomunano le patologie da mismatch?
Le patologie da mismatch sono varie e possono essere estremamente diverse tra loro, ma sono accomunate dal fatto di essere generate da uno stile di vita inedito nel corso della storia umana. Ad esempio, obesità, diabete, miopia, disturbi cardiaci, allergie, osteoporosi, ipertensione, mal di schiena, carie, diversi tipi di cancro e molti disturbi psichici sono tutte manifestazioni “esplose” in questa recente fase della storia umana. Patologie perlopiù croniche, che emergono di solito dopo la fase riproduttiva (ecco perché non vengono eliminate dalla selezione naturale) e che sono l’esito di tendenze culturali che caratterizzano la modernità, come comodità, disponibilità, gratificazione immediata e rapidità. Tutti elementi generati dall’Uomo e portati sempre più all’estremo nell’ultima fase della nostra storia.
Ogni qualvolta la cultura rinnega i nostri bisogni più radicati, consolidatisi nel corso dell’evoluzione (come l’attività fisica, la socialità, il contatto con la natura, fronteggiare piccole avversità, ecc.) oppure fa diabolicamente leva su nostre tendenze ancestrali (la ricerca di zuccheri, l’utilizzo di sostanze, il desiderio sessuale, la tendenza al risparmio energetico, l’incremento dello status sociale, ecc.) ecco che possono emergere patologie e disagio psichico.
Quali sono i fattori della vita moderna che incrementano lo stress?
Potremmo elencarne davvero moltissimi! La solitudine, l’inquinamento, la scarsa attività fisica, il confronto sociale, i media digitali, il cibo industriale, la sovrappopolazione, la mancanza di elementi naturali, la sovrastimolazione sensoriale… Senza contare tutta l’influenza dei valori trasmessi dai social network che ci stanno rendendo sempre più sensibili al giudizio altrui, trasmettendoci l’idea di dover essere sempre belli, in forma, apprezzati e seguiti, e al contempo competitivi, di successo, sempre pronti a uscire dalla propria zona di comfort. Quest’ultimo aspetto è particolarmente presente nel nostro libro, proprio perché i social stanno diventando una notevole fonte di stress, principalmente agendo su dinamiche di rango evoluzionisticamente determinate a cui siamo estremamente sensibili.
In realtà lo stress, di per sé, non sarebbe un grosso problema, anzi, poiché fondamentalmente consiste in una mobilitazione delle nostre risorse fisiche e cognitive volta a fronteggiare un problema. Quando però le fonti di stress sono molteplici e continue, ecco che l’individuo va incontro a una sorta di allerta costante, irrisolvibile, che influenza in maniera determinante la salute. La nostra è una specie particolarmente sensibile allo stress cronico, troppo spesso sottovalutato, e i media digitali ne stanno diventando una fonte inesauribile: possono compromettere la qualità del sonno, danneggiare la concentrazione, creare dipendenza, influenzare negativamente le relazioni, ridurre l’empatia e aumentare drasticamente il senso di pressione e confronto sociale con inevitabili ricadute sulla salute mentale.
Perché è necessario osservare la salute da un’altra prospettiva e come si può farlo?
Abbiamo voluto scrivere questo libro, il primo in Italia sul mismatch evoluzionistico, proprio perché adottare questo punto di vista consente di comprendere più chiaramente le ragioni per cui ci ammaliamo e proviamo disagio psicologico. Inoltre, intervenire direttamente sulla causa del problema, il mismatch appunto, consentirebbe di diminuire il ricorso a “pezze” che utilizziamo per aggiustare la sofferenza: farmaci e psicofarmaci principalmente, ma anche libri di auto-aiuto, corsi di autostima, frenetiche sessioni di yoga e meditazione infilate in mezzo a mille impegni, fino ad arrivare all’alcol, sostanze, gioco d’azzardo, attività fisica e shopping compulsivi, giornate intere di gaming e molte altre modalità per tirare avanti all’interno di uno stile di vita che non fa per noi.
Dobbiamo ricordarci che siamo pur sempre degli animali. Può sembrare banale, ma talvolta perdiamo di vista il fatto che condividiamo con altre specie, perlopiù mammiferi, i bisogni più radicati, i quali sono i medesimi del nostro passato evolutivo e non possono essere eliminati in virtù di un progresso che sembra invece ignorarli. C’è infatti una sorta di tacito assenso rispetto al fatto che ciò che è nuovo debba per forza essere vantaggioso, come se il progresso tecnologico portasse automaticamente benessere nella vita delle persone. Talvolta è così, ma non sempre.
Siamo animali che necessitano di muoversi, stare a contatto con la natura, giocare, cooperare, creare relazioni significative, percepire protezione, tollerare piccole frustrazioni… La letteratura scientifica testimonia che non può esserci salute psico-fisica se questi elementi non sono in equilibrio. Eppure, tutto ciò oggi viene ostacolato da uno stile di vita che ci vuole sempre più sedentari, solitari, competitivi, collocati in contesti artificiali in cui rapporti sono sempre più rapidi, superficiali oppure virtuali. È un po’ come se vivessimo in una costante condizione di cattività… come pesci fuor d’acqua, appunto!
Non riteniamo affatto sia necessario tornare a vivere nelle caverne per ripristinare un equilibrio, è fondamentale invece che gli esperti di tecnologia collaborino con gli esperti di esseri umani per progettare ambienti che intercettino i nostri bisogni più radicati, favorendo così il benessere psico-fisico della nostra specie (e magari anche delle altre).
Alberto Fistarollo, psicologo psicoterapeuta e psicologo dello sport, svolge l’attività clinica privata in provincia di Venezia e online. Conduce percorsi per il benessere aziendale e collabora con atleti e società sportive. È consulente del Progetto regionale per il contrasto del Disturbo da Gioco d’Azzardo presso AULSS 3 Serenissima.
Silvia Faggian, psicologa e psicoterapeuta, lavora presso il Servizio Dipendenze AULSS 3 Serenissima (VE). Già docente del Master in Psicologia dell’Invecchiamento dell’Università di Padova, collabora con la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) su ricerche in ambito delle dipendenze. È autrice di diversi articoli scientifici e libri in ambito neuropsicologico.