“Come ordinare una biblioteca” di Roberto Calasso: recensione

Come ordinare una biblioteca, Roberto CalassoSi intitola Come ordinare una biblioteca il nuovo libro di Roberto Calasso, edito da Adelphi. Non si tratta certo di un trattato di biblioteconomia o di una dotta dissertazione sui metodi di classificazione bibliografica, quanto piuttosto di un viaggio sentimentale in quella tiranneggiante passione che chiamiamo bibliofilia: quello di Calasso è un vero e proprio atto di amore per il libro e la lettura in cui lettori forti e bulimici si ritroveranno naturalmente.

Troveranno finalmente costoro, ad esempio, nelle pagine di questo godibilissimo pamphlet, la giustificazione dell’abitudine all’acquisto, talora compulsivo, di volumi su volumi: «Essenziale è comprare molti libri che non si leggono subito. Poi, a distanza di un anno, o di due anni, o di cinque, dieci, venti, trenta, quaranta, potrà venire il momento in cui si penserà di aver bisogno esattamente di quel libro – e magari lo si troverà in uno scaffale poco frequentato della propria biblioteca. Nel frattempo può darsi che quel libro sia diventato irreperibile, e difficile da trovare anche in antiquariato, perché di scarso valore commerciale (certi paperback sembrano sapersi dissolvere rapidamente nell’aria) o anche perché è diventato una rarità e vale molto di più. L’importante è che ora si possa leggere subito. Senza ulteriori ricerche, senza provare a trovarlo in biblioteca. Operazioni laboriose, che conculcano l’estro del momento. Strana sensazione, quando si aprirà quel libro. Da una parte il sospetto di aver anticipato, senza saperlo, la propria vita, come se un demone sapiente e malizioso avesse pensato: «Un giorno ti occuperai dei Bogomili, anche se per ora non ne sai quasi nulla». Dall’altra un senso di frustrazione, come se non fossimo capaci di riconoscere ciò che ci riguarda se non con un grande ritardo.»

Sì, perché per loro la lettura non è «un’attività sporadica» ma «continua, come il respiro. Questo è il discrimine. Il lettore vero sta sempre leggendo un libro – o due o tre o dieci –, e la novità arriva come un disturbo – talvolta irritante, talvolta gradito, talvolta anche desiderato – all’interno di quella attività ininterrotta. Dove con qualche fatica dovrà conquistarsi un suo spazio, se non cade prima dalle mani del lettore. Il quale allora tornerà felicemente a quell’altro libro che stava leggendo perché da tempo aveva voglia di farlo.»

Sono magistralmente descritti i gesti minimi e pregnanti di ritualità che accompagnano la lettura, come i diversi modi di annotare le pagine, nella ferma convinzione che «non aggiungere a un libro tracce della lettura è una prova di indifferenza – o di muto stupore.» Sì, perché «il desideratum di ogni libro» è «essere usato».

Scrive Calasso: «Ho sempre diffidato di quelli che vogliono conservare i libri intatti, senza alcun segno d’uso. Sono cattivi lettori. Ogni lettura lascia tracce, anche se nessun segno rimane sulla carta. Un occhio esercitato sa subito distinguere se una copia è stata letta o non letta. Quanto ai segni sui libri, tutto è concesso salvo scrivere o sottolineare a penna, perché è una sorta di lesione immedicabile dell’oggetto.»

E a conclusione, un quadretto di chiara risonanza echiana: «Ma li ha letti tutti?» disse la bionda signora finlandese a mio padre, entrando in casa nostra a Roma. Sulla sinistra c’era una parete con testi giuridici fra il Cinquecento e la fine dell’Ottocento, molti dei quali in-folio e per la maggior parte in latino. Era la domanda classica che tanti pensavano e ora la franchezza boreale enunciava. Domanda dell’ignarità sospettosa, mai però così giustificata come davanti a libri che per loro natura non si leggono di seguito, ma si consultano e si compulsano. Quanto a me, passavo accanto a quei volumi tutti i giorni della mia infanzia e adolescenza. Perciò ero costretto, almeno visivamente, a ritenerli familiari anche se del tutto ignoti. Eppure so che devo a loro moltissimo, perché di quei libri non potevo non aver letto i dorsi, con quei nomi e quei titoli spesso oscuramente intrecciati. La signora finlandese non aveva soltanto dato voce alla domanda peculiare di chi non sa bene che cosa significhi leggere, ma aveva toccato un punto cruciale per quanto riguarda ogni in-folio, formato incompatibile con i tempi moderni.»

La nuova fatica del fondatore e direttore editoriale della casa editrice milanese è davvero un cameo imperdibile, nel già raffinato florilegio del catalogo della casa editrice milanese.

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