
Nel Suo racconto assistiamo alla conversione della Chiesa cattolica nella Nuova Chiesa Antidogmatica ed alla proclamazione del Superdogma del Dialogo: è un processo già in atto questo?
Credo che lo sia, sebbene non in modo uniforme e, forse, non sempre in modo del tutto consapevole. Quando la Chiesa cerca di presentarsi in modo amichevole verso il mondo, sostenendo che nessuno va giudicato e che Dio stesso, essendo misericordioso, non giudica ma accoglie, e quando non si appella al bene in senso oggettivo ma a un generico discernimento, vedo già all’opera una Neo-Chiesa che sembra aver paura delle verità divine e per questo abbandona la via dogmatica per scendere sul terreno di un dialogo che in realtà si traduce in un rinnegamento del depositum fidei. Non dimentichiamo le parole di Gesù: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare”. La questione del giudizio non può essere eliminata o aggirata in nome di un generico misericordismo. I pastori che si comportano così non confermano i fratelli nella fede, ma confermano i lontani nella loro lontananza. Si tratta di una strategia, a mio avviso, devastante. La Chiesa, quando è molto applaudita dal mondo secolarizzato e pagano, anziché gioire dovrebbe seriamente interrogarsi su quanto sta insegnando e sulla linea che sta seguendo. Il Vangelo ci avverte: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi”.
Le vicende che nel libro conducono alla fine della Chiesa sono scandite dal succedersi di papi tutti curiosamente di nome Francesco: quale sarà a suo giudizio l’eredità principale di papa Bergoglio?
Qui la mia denuncia si fa aperta. La Chiesa del futuro, da me immaginata, stabilirà che i papi si dovranno chiamare sempre Francesco per rendere omaggio a Francesco I, il campione della misericordia e del dialogo, il papa umile e buono tanto amato dalla grande stampa e dagli intellettuali di sinistra e progressisti. Una scelta, quella di rendere obbligatorio il nome Francesco, che nasce dalla piaggeria, dal conformismo e, ancora una volta, dal desiderio di piacere all’opinione pubblica ed ai padroni del pensiero. Io parlo un po’ da “amante tradito”, perché inizialmente ho creduto in Francesco e nella sua capacità di donare alla Chiesa un’autentica primavera, ma a poco a poco ho dovuto ricredermi e poi, dopo “Amoris laetitia”, documento segnato dall’ambiguità, ho definitivamente aperto gli occhi su un pontificato nel quale l’uomo sembra prendere il sopravvento su Dio e l’insegnamento sulla necessaria conversione dell’uomo sembra sostituito da un magistero che arriva a proclamare una sorta di diritto dell’uomo alla misericordia divina. Quanto all’eredità di Bergoglio, sebbene io abbia scritto un libro ambientato nel futuro non mi attribuisco nessuna dote profetica. Molto dipenderà dal successore. Se i cardinali sceglieranno un papa in linea con l’attuale pontificato, avremo una Chiesa segnata da un magistero sempre più “liquido”, “leggero”, in grado di attirare le simpatie dei lontani ma spesso disorientante per i fedeli. Se invece avremo un papa attento alla verità e al rispetto della dottrina, la Chiesa intraprenderà un percorso, senza dubbio faticoso, per tornare a riaffermare i principi fondamentali, specie in campo morale. Nel primo caso avremo una Chiesa osannata dal pensiero dominante e dai mass media laicisti, ma guardata con sconcerto dai fedeli rimasti ancorati alle verità eterne. Nel secondo avremo una Chiesa attaccata dal mondo e presa di mira dai mass media, ma fedele alla verità e alla tradizione.
Gesù col suo non praevalebunt ha promesso che la Chiesa sopravviverà: nel suo romanzo la Chiesa finisce davvero?
Nel mio romanzo immagino che ci sarà un ultimo papa, preso in consegna da emissari del misterioso regime mondiale che a quel punto, senza più l’ultimo ostacolo rappresentato da una Chiesa cattolica ormai dissolta, avrà campo libero e assoggetterà l’umanità intera, in nome di una falsa fratellanza che in realtà è dominio assoluto e totale negazione della libertà. Il papa sarà rapito e portato via dal Vaticano dopo aver preso alcune decisioni scellerate, che dal suo punto di vista avrebbero dovuto mostrare, ancora una volta, il desiderio di dialogare con il mondo ma che il regime interpreterà come una certificazione di morte, come l’atto conclusivo di una Chiesa che non avrà più ragione di esistere. Naturalmente non posso entrare nei dettagli. Dico solo che ci sarà un colpo di scena finale, per cui il lettore potrà intuire che la Chiesa, in realtà, non finirà ma, misteriosamente, riprenderà il cammino, come piccolissimo gregge, nel segno della vera umiltà, della persecuzione e del martirio.
Aldo Maria Valli, giornalista vaticanista del TG1, è autore di numerosi libri, tra i quali: Storia di un uomo. Ritratto di Carlo Maria Martini (Àncora), Piccolo mondo vaticano. La vita quotidiana nella città del Papa (Laterza), Benedetto XVI. Il pontificato interrotto (Mondadori).