
Ha ancora senso parlare di cultura urbana?
Ovviamente ha ancora senso parlare di cultura urbana, ma è necessario anche considerare come essa, derivando dallo sviluppo impetuoso della rivoluzione industriale, sia sempre stata profondamente condizionata dal progresso tecnologico e soggetta a una continua opera di ridefinizione di se stessa. La cultura urbana moderna è, per sua natura, metamorfica e proteiforme e si sta rapidamente evolvendo in una nuova cybercultura globalizzata. Le esperienze legate alla relazione tra materialità e virtualità dell’esistenza stanno, infatti, profondamente mutando l’originario paradigma borghese ereditato dal XIX sec., che aveva resistito fino alla fine degli anni ’80 del novecento, adattandosi con una certa efficacia alla rivoluzione culturale avvenuta dopo la II guerra mondiale.
Cosa può contribuire a rendere le città e le metropoli odierne più vivibili?
La questione della vivibilità delle metropoli è strettamente legata al progresso scientifico e tecnologico. Diversamente da quanto si potrebbe ingenuamente pensare, è possibile trovare le giuste soluzioni ai problemi che affliggono i grandi spazi urbani come l’inquinamento, il traffico, la solitudine, la nevrosi indotta da ritmi di vita frenetici e, a volte, insostenibili, solo a condizione di avere a disposizione tecnologie sempre più efficienti e sofisticate. Ciò determinerebbe, oltre a una diminuzione considerevole dell’impatto ambientale in generale (produzione di rifiuti, consumo di energia e di suolo, distruzione sistematica dell’ecosistema, etc.), anche la possibilità di rimodellare le grandi città in senso policentrico, superando lo schema centro-periferia o quartieri residenziali-zone adibite ad attività lavorative o commerciali-aree suburbane degradate. Tale modello dovrebbe avere come scopo fondamentale, tanto nell’impianto urbanistico, quanto nella realizzazione di ambienti accoglienti e confortevoli, l’incremento della vivibilità degli spazi urbani e la lotta all’isolamento attraverso una stimolazione costante e indiretta alla socializzazione, esattamente come accadeva in passato nei centri storici delle città più antiche.
Quale futuro per la città?
Comunque sia, che si vada nella direzione policentrica e pianificata di una maggiore vivibilità o che si continui a ingigantire le attuali metropoli in modo caotico, creando enormi spazi urbani grandi come intere regioni, di cui la pianura lombarda tra Milano, Pavia, Varese e Como è un esempio assai interessante, nel prossimo futuro le grandi città probabilmente saranno ancora il centro della civiltà globalizzata. Successivamente la loro evoluzione o il loro declino sarà quasi sicuramente condizionato dai limiti ambientali e tecnologici che ne determineranno una radicale trasformazione o un repentino collasso.