“Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica” di Ferruccio de Bortoli

Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica, Ferruccio de BortoliDott. Ferruccio de Bortoli, Lei è autore del libro Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica edito da Garzanti: innanzitutto, perché questo titolo?
Il titolo è senza punto interrogativo. Ma non ha nemmeno l’esclamativo. E soprattutto ci sono molti se. Forse anche troppi. Se riscopriremo il senso civico, il rispetto delle regole, la fedeltà fiscale, la responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. In sintesi: se ci daremo tutti da fare per elevare il livello della nostra cittadinanza, la consapevolezza che i diritti si accompagnano ai doveri e senza questi ultimi non esistono. E poi la presa d’atto che un Paese fortemente indebitato come il nostro non può permettersi il reddito di cittadinanza, quota 100 e nemmeno gli 80 euro. Non c’è più una torta da spartire, ci sono solo sacrifici da condividere nell’equità per investire di più a favore dei nostri figli e nipoti.

Nel libro Lei narra la storia di tanti italiani di successo all’estero: perché si scappa dall’Italia?
Negli ultimi dieci anni abbiamo perduto tanti laureati quanti sono gli abitanti della Valle D’Aosta. Ci siamo persi una regione di laureati che hanno studiato grazie alle scuole e alle università pubbliche, finanziate dai nostri contribuenti, quelli che lo sono, purtroppo una minoranza, e ora cercano fortuna, e la trovano in molti casi, all’estero dove vi sono più opportunità. Creano dunque produttività, reddito e occupazione altrove. L’investimento con i nostri soldi pubblici andrà a beneficio di altri Paesi. È un fenomeno impressionante, del quale si parla poco. Pensate per un attimo se questi giovani se ne fossero andati tutti insieme su una gigantesca e ipotetica nave. Ne avremmo parlato per settimane, ci saremmo vergognati. Invece nulla. Da noi non c’è più ascensore sociale, il ricambio generazionale è più lento, scarsa parità di genere, stipendi più modesti. E poi da noi i giovani sono pochi, contano poco e hanno meno diritti politici dei loro coetanei europei, viste le età dell’elettorato attivo e passivo.

Quali sono le cause del declino che vive il nostro Paese?
Un solo dato illustra tutto e risponde alla sua domanda. Noi spendiamo ogni anno circa il 3,6 per cento del Pil, Prodotto interno lordo, per pagare gli interessi sul debito pubblico, cioè il passato. Molto di più di quanto investiamo ogni anno per la scuola, l’università e la cultura, cioè per finanziare il futuro, creare un capitale umano preparato ad affrontare le sfide della società digitale, della robotica, dell’intelligenza artificiale. Un Paese che non investe soprattutto in formazione non ha futuro, anzi lo consuma.

Quali sono i mali dell’Italia?
Una domanda simile alla precedente. Completo dunque la risposta precedente. Siamo uno dei Paesi più anziani tra quelli più industrializzati, come il Giappone. Con questo trend demografico non riusciremo a sostenere a lungo il peso del welfare e la crescita della spesa pensionistica. Fra non molto avremo un rapporto di due a uno tra occupati e pensionati. Nel 2037 secondo l’Istat avremo 4,5 milioni di over 65 anni, in un contesto di popolazione calante. Va rilanciata la natalità, sorretta la famiglia.

Quale scintilla può, a Suo avviso, accendere la riscossa civica?
Il capitale sociale italiano è straordinariamente vasto, profondo e diffuso. Anche al Sud. Anzi, tra Nord e Sud non vi sono quelle differenze che l’aumento delle disuguaglianze di reddito lascerebbe supporre. Abbiamo sei milioni di persone che svolgono attività di volontariato. Siamo meno generosi, in termini di donazioni monetarie, di altri Paesi ma molto più disponibili a impegnarci personalmente a favore degli altri. Un grande esercito del bene che coinvolge oltre 300 mila associazioni. La comunità del volontariato potrà affiancare lo Stato e il mercato nella produzione di beni e servizi. Una immensa leva di sviluppo con la quale si potrebbe costruire una diversa idea di società, più solidale, più coesa, più giusta. E sperimentare forme di economia circolare. Il mondo digitale è fatto di condivisione di beni e servizi, di senso di comunità. Noi ne abbiamo tante nei territori, manca la sintesi nazionale.

In che modo la memoria può contribuire alla riscossa del nostro Paese?
Un Paese senza memoria non ha futuro. La memoria è il vaccino delle democrazie, le tiene salde nei suoi principi. L’oblio confonde le vittime con i carnefici, i combattenti per la libertà con gli oppressori. Riemergono purtroppo, anche a causa degli eccessi della Rete, fantasmi del totalitarismo del Novecento, sussulti nazionalisti, nostalgie violente, pregiudizi di varia natura, soprattutto antisemiti. La memoria è un dovere civico. L’espressione di una cittadinanza consapevole, attiva, responsabile. Chi non ha memoria è prigioniero delle peggiori semplificazioni della realtà, senza accorgersene.

Come ci salveremo?
Ci salveremo se riscopriremo la bellezza del senso civico, la cura del bene comune, il decoro delle nostre città. Se vinceremo l’indifferenza, la peggiore malattia contemporanea, se ritroveremo quello spirito di sacrificio e di orgoglio di appartenenza che segnò gli anni migliori della nostra ripresa economica e morale. Siamo meglio di quanto ci descriviamo, conosciamo poco le nostre virtù, ma non abbiamo purtroppo il coraggio di affrontare senza ambiguità i nostri difetti.

Ferruccio de Bortoli è nato a Milano nel 1953. Laurea in Giurisprudenza. Giornalista professionista dal 1975, ha diretto due volte il Corriere della Sera, dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015, e il Sole-24 Ore dal 2005 al 2009. Nel 2003-2004 ha ricoperto l’incarico di amministratore delegato della Rcs Libri e presidente di Flammarion e Casterman. È stato, inoltre, vicepresidente dell’Aie, l’associazione italiana degli editori e membro dei consigli di Adelphi, Skira e Marsilio. Consigliere indipendente di Ras, presidente della fondazione teatro Franco Parenti e consigliere dell’associazione amici del Poldi Pezzoli.
Attualmente è presidente di
Associazione Vidas e da maggio 2015 della casa editrice Longanesi. È membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Bambin Gesù di Roma, della Fondazione Paolo Grassi, della Fondazione Pesenti, della Fondazione Renato Giunti, della Società Dante Alighieri, della Fondazione Culturale Ambrosianeum, membro dell’Aspen Institute Italia, dell’Advisory Board dell’Osservatorio Permanente Giovani Editori, dell’Advisory Group di Spencer Stuart Italia e dell’Advisory Board Assolombarda. Scrive per il Corriere del Ticino.

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