
Come si riverberò sulle immagini l’intento moralizzatore della Controriforma?
La Controriforma non poté fare a meno di accogliere le novità apportate dalla Riforma all’uso delle immagini, così come promossa dai protestanti: in senso più aderente alla realtà e dunque più strumentale e funzionale, soprattutto se si pensa all’apparato cartografico. Nel rispondere alla Riforma luterana, dovette poi incentivare enormemente le arti, per dare il segno della propria vitalità e centralità: non casualmente dalla metà del Cinquecento si assistette a un enorme rinnovamento artistico, architettonico, urbanistico e, non da ultimo, anche cartografico, come ben dimostrano i casi di Caprarola e della Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano.
In quale contesto geopolitico storico trovano la loro ragion d’essere il Palazzo di Caprarola e il connesso ciclo decorativo?
Siamo nel pieno delle guerre di religione, dell’avanzata ottomana e dell’espansione dei confini europei alle realtà extracontinentali, in quell’affermazione del “pensiero per linee globali” – come definito da Carl Schmitt – che fu il tratto distintivo della prima modernità. Al contempo, la Chiesa doveva rinnovare il proprio ruolo nei destini di un mondo in profondo cambiamento, rispondere alle minacce interne ed esterne a essa e alle accuse che le venivano mosse dalle forze protestanti: l’arte e la cartografia, anche unite insieme, rappresentarono pertanto gli utili strumenti propagandistici, e non solo, in mano ai Papi e a chi, come Alessandro Farnese, aspirava a diventarlo.
In che modo la strategia narrativa della Sala della Cosmografia si inserisce sulle specifiche ambizioni del cardinale Alessandro Farnese?
Ogni elemento iconografico della Sala e dell’intero Palazzo ha un preciso ruolo comunicativo. I messaggi che il Farnese intendeva dare ai suoi ospiti e ai visitatori del Palazzo erano diversi: anzitutto si doveva ristabilire la centralità della Chiesa nel mondo divenuto realmente globale a seguito delle grandi scoperte di inizio Cinquecento, come risposta alle minacce turche e dei protestanti che ne minavano la rilevanza internazionale e l’unità interna. In questo senso ricoprivano un ruolo essenziale la geografia e le carte geografiche della Sala, quali instrumentum regni per stabilire il primato mondiale e fissare graficamente le pretese globali.
Si doveva poi evidenziare, attraverso i numerosi ritratti degli antenati del Committente e dei suoi coevi famigliari, tra cui l’artefice del Concilio di Trento, il nonno Paolo III, lo status speciale della famiglia Farnese nelle dinamiche di potere ecclesiastico.
Il cardinal Farnese voleva infine ribadire la pretesa sottostante a tutta l’iconografia geografica e famigliare del committente: divenire un giorno Papa, ricalcando le orme del nonno e, attraverso i richiami astronomici sulla volta della Sala, stabilire il legame con il divino e con i grandi personaggi del passato col suo stesso segno zodiacale.
Nel Vostro lavoro si avanza l’ipotesi che la Sala della Cosmografia di Caprarola possa avere ispirato la creazione della Galleria Vaticana delle Carte Geografiche: quale linea di continuità geopolitica e teologica troverebbe così conferma?
Le cronache ci raccontano di una visita di Papa Gregorio XIII, il committente della Galleria, a Caprarola nel 1578: la realizzazione del corridoio in Vaticano, il cosiddetto “spasseggio” papale fu non casualmente avviata solo due anni dopo, a riprova dell’ispirazione data dalla Sala della Cosmografia. In entrambi i casi, il tentativo era sostanzialmente coincidente: rispondere alle minacce più imponenti esterne e interne al mondo europeo, quella turca e protestante, e ristabilire la centralità della Chiesa e dei suoi dogmi, attraverso i riferimenti geografici, storici e dottrinali. Sia nella Galleria sia nella Sala del Mappamondo, tale centralità è ravvisabile nei rimandi alla crucialità dei sacramenti, al culto dei santi e alla transustanziazione che erano stati messi in discussione dalla Riforma, agli episodi storici che ribadivano la preminenza ecclesiastica. Infine, l’uso dell’immagine veniva inteso quale mezzo di propaganda e di comunicazione politica, laddove si era compreso che non si doveva agire solo sul piano politico-militare.