Il consiglio di Orazio è in verità rivolto a ogni lettore: vivi il presente, “cogli l’attimo”, e non curarti del futuro, di quello che sarà o che non sarà. Un consiglio universale, dunque, valido in ogni epoca, destinato a ogni uomo o donna del mondo. Il presente è l’unica certezza (e nemmeno sempre), l’unico tempo che abitiamo e che conta. Il futuro è pura immaginazione.
Ai nostri tempi il carpe diem oraziano viene interpretato come l’incoraggiamento a godere del presente in chiave edonistica. Il piacere, che certo un poeta come Orazio non escludeva – amando i buoni vini e la buona tavola – e che dunque può esser scorto nell’espressione, è però da intendersi in senso più ampio. Piacere è passeggiare, condividere il proprio tempo con chi si ama, fare qualcosa che ci diverte e, in senso epicureo (com’era Orazio), semplicemente pensare all’oggi perché quando il cuore cesserà di battere gli atomi che compongono il corpo, e con essi quelli che formano l’anima, si disgregheranno, segnando in questo modo la fine di ogni percezione, della coscienza, di qualsiasi cosa, e dunque anche di ogni sofferenza.
Senz’altro chi ha visto il film di Peter Weir del 1989, L’attimo fuggente, ricorderà il professor Keating, insegnante non conventional in un college very conventional del Vermont, negli USA. Il titolo, che in originale è Dead Poets Society, cioè “La società dei poeti estinti”, il club segreto che gli studenti del professor Keating hanno creato proprio grazie ai suoi insegnamenti, in italiano è stato (giustamente) cambiato per rievocare l’oraziano carpe diem. Keating, infatti, insegna ai suoi allievi a vivere il presente appieno, a goderne, a non temere di diventare chi vogliono essere, un messaggio rivoluzionario per il tempo in cui il film è ambientato, i primi anni Sessanta.
Carpe diem può essere impiegato nei più diversi contesti e, certo, usare il latino non è da tutti e fa di chi se ne serve in una conversazione un interlocutore colto. “Approfittane!” e “non lasciartelo scappare!” sono le accezioni nelle quali oggi viene usato, dunque in modo completamente slegato dal piacere. Si può citare quando si parla di un’opportunità che sarebbe un vero peccato lasciarsi sfuggire, o di una persona o una cosa di valore che ora c’è ma che domani potrebbe non esserci più. Dunque, la piena fiducia nel presente e la sfiducia totale nel futuro – queste sì invece già in Orazio – vengono comunicate ancora oggi quando diciamo carpe diem.
tratto da Se vuoi essere fico usa il latino di Massimo Blasi, Newton Compton Editori