“Caracalla” di Alessandro Galimberti

Prof. Alessandro Galimberti, Lei è autore della biografia di Caracalla, edita da Salerno. A Caracalla si associa tradizionalmente la fama di sanguinario: chi era realmente Marco Aurelio Antonino Augusto?
Caracalla, Alessandro GalimbertiÈ innegabile che Caracalla non disdegnasse affatto il sangue e i modi rudi e amasse vendicarsi in modo cruento dei suoi nemici. Lo testimoniano, tra gli altri, almeno due importanti episodi. Dopo l’assassinio del fratello del dicembre del 211 Caracalla procedette a violentissime epurazioni – un autentico bagno di sangue – di cui ne fecero le spese anche personaggi illustri come il prefetto del pretorio e valenti giuristi come Emilio Papiniano.

Nell’inverno 215-216 in occasione del suo soggiorno ad Alessandria d’Egitto ci furono manifestazioni di dissenso e scoppiarono tumulti che l’imperatore represse nel sangue procedendo ad una efferata strage. La tradizione ostile ha poi amplificato questi suoi misfatti attribuendogli eccessi poco credibili. Caracalla era certamente una persona poco incline al compromesso, ma non per questo un uomo grossolano o uno sprovveduto. Egli anzi era dotato di buone qualità (un’intelligenza vivace e pronta), aveva ricevuto un’ottima formazione giuridica, filosofica ma anche letteraria, soprattutto grazie alla madre, Giulia Domna, una donna molto colta. La lettura di alcuni suoi editti rivela che non erano frutto unicamente di una redazione della cancelleria ma era Caracalla a stenderli di suo pugno. Aveva una venerazione per il filosofo-mago Apollonio di Tiana, attivo sotto Nerone e Domiziano e fautore di uno stile di vita essenziale che ben si adattava alle attitudini militaresche del principe. Conosceva le tragedie di Euripide e le citava durante i banchetti.

Era soprattutto uomo di vaste e ambiziose idee: la Constitutio Antoniniana con l’estensione della cittadinanza romana a (quasi) tutti gli abitanti dell’impero è un provvedimento epocale e la costruzione delle terme testimonia la grandiosità delle sue concezioni.

Caracalla peraltro appare molto attento ai ceti popolari: alcuni eccezionali documenti epigrafici mostrano la sua severità nei confronti degli abusi dei soldati verso le popolazioni locali oppure la sua capacità di venire incontro con misure eccezionali a favore di popolazioni che non riuscivano a sostenere il peso fiscale richiesto.

Come giunse al potere?
Sin dal 196 Severo aveva designato Caracalla come suo successore, nominandolo Augusto due anni dopo nel 198. Caracalla aveva però anche un fratello, di lui minore di due anni, designato anch’egli Augusto nel 209. È probabile che Giulia Domna, la madre, parteggiasse per Geta. In ogni caso, nel febbraio del 211 Severo morì a Eburacum (York) in Britannia lasciando di fatto Caracalla come erede, in quanto Augusto maior e Geta come Augusto minor. Avrebbe potuto riprodursi la diarchia di qualche decennio prima tra Marco Aurelio e Lucio Vero, ma Caracalla non tollerava al suo fianco nessun altro. Fu così che decise di sbarazzarsi di Geta. L’assassinio fu particolarmente efferato poiché Geta morì tra le braccia della madre che inutilmente aveva cercato di frapporsi tra i due fratelli proponendo una mediazione. Altrettanto feroce fu la repressione dei partigiani di Geta. Ne fecero le spese anche personaggi illustri come il celebre giurista nonché prefetto del pretorio Emilio Papiniano. Caracalla, in modo del tutto implausibile, accusò il fratello di avere tentato di metterlo a morte e afferrando dunque che la sua era stata una reazione di legittima difesa non un assassinio.

Caracalla è noto per il provvedimento di estensione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero: quali retroscena accompagnarono tale atto?
Caracalla maturò l’idea di estendere la cittadinanza a (quasi) tutti gli abitanti dell’impero in un momento quanto mai opportuno. Subito dopo l’omicidio di Geta egli aveva infatti disperato bisogno di recuperare quel consenso che da subito pareva messo a dura prova. Caracalla inoltre aveva avuto, come abbiamo visto un’ottima formazione giuridica e proveniva da una famiglia, per così dire, cosmopolita: la madre era figlia di una nobile e potente famiglia sacerdotale siriaca, il padre era l’africano Settimio Severo di Leptis Magna. Caracalla prende atto di una situazione ormai profilatasi stabilmente nel tempo e suggellata dalle conquiste di Settimio Severo, quella di una unità ormai raggiunta nell’impero tra occidente e oriente dell’impero, e porta a compimento un grande progetto. In realtà la Constitutio è il primo e decisivo passo verso la concezione del principato immaginata da Caracalla: dar vita ad un impero universale: egli riteneva ormai giunto il momento di abbandonare la declinante ideologia senatoria che si frapponeva da troppo tempo alla concessione della cittadinanza romana al di fuori della penisola italica, destinata fino a quel momento solo a ristrette élites, a favore di una concezione molto più estesa, che trovava nell’imperatore il suo baricentro. Nella proposta di Caracalla, così come emerge dalla Constitutio, appare centrale il nesso tra la visione ecumenica del princeps e la dimensione carismatica e sacrale del potere monarchico: Caracalla si fa in terra immagine della divinità che governa tutti gli uomini, in un significativo intreccio di assolutismo autocratico e philanthropia.

Di Caracalla rimangono ancora oggi le terme, tra le più imponenti e sfarzose di tutti i tempi: quale funzione svolse la loro costruzione?
Le terme furono innanzitutto una grande e innovativa opera di ingegneria e di architettura: basti pensare che si procedette preliminarmente alla costruzione di un nuovo acquedotto oppure alla vastità della loro estensione, alla ricchezza degli ornamenti e delle decorazioni. Non va dimenticato inoltre che la costruzione delle terme diede lavoro ad un grandissimo numero di persone.

Esse furono anche il manifesto religioso di Caracalla. È possibile documentare infatti l’esistenza di un preciso programma religioso all’interno delle terme proprio grazie ai rinvenimenti artistici: le divinità rappresentate sono quelle per le quali Caracalla manifestava un particolare attaccamento, indicando in tal modo ai romani e, più in generale, a chi frequentava le terme il suo pantheon personale: ecco dunque Ercole, Serapide, Iside, Esculapio, Hermes, Mitra.

Che le terme rappresentassero un luogo di propaganda o quantomeno di diffusione dell’ideologia imperiale scaturisce poi dal fatto che esse erano uno dei modi in cui l’imperatore manifestava il suo evergetismo. È con Augusto, il fondatore del principato, che l’evergetismo diventa un obbligo per ogni imperatore.

Esse furono infine un luogo molto amato dai romani che andavano volentieri alle terme non solo per i bagni salutiferi ma anche per incontrarsi e farsi notare.

La rappresentazione nella storiografia romana di Caracalla, e specialmente in Erodiano, è tutta incentrata sul suo amore per la vita militare e per i soldati: che rapporto ebbe con le sue legioni?
Caracalla si sentiva a tutti gli effetti un imperatore-soldato. Si sottoponeva alle dure fatiche della vita militare, comportandosi coi soldati più come un commilitone che come un generale. Non si risparmiava soprattutto negli esercizi fisici: pare che Si ungesse di olio a secco, cavalcava fino alla distanza di settecentocinquanta stadi (circa 25 Km) e, inoltre, si esercitava a nuotare persino nelle acque agitate. Perciò era molto amato dalle legioni, con le quali era soprattutto molto generoso in termini di pagamenti e donativi. Certo, questo atteggiamento suscitava il malumore dei senatori, sempre più emarginati dalla lotta politica che accusavano Caracalla di cedere troppo docilmente alle esose richieste dei soldati.

Quali vicende di politica estera segnarono il suo regno?
Due furono le vicende rilevanti di politica estera sotto Caracalla. Da un lato la campagna contro gli Alamanni in Germania del 213, in cui l’imperatore riuscì a riportare un successo, anche se non si trattò di un trionfo particolarmente significativo.

Dall’altro, la grande campagna contro l’impero partico, di cui Caracalla si augurava di sottomettere almeno una parte, stante la condizione di debolezza in cui si trovava in quel momento la dinastia regnante, dilaniata da un conflitto tra due fratelli pretendenti al trono (Artabano e Vologese). Dopo che un iniziale progetto di sposare la figlia di Artabano fallì (Caracalla era stato per breve tempo sposato con Plautilla figlia di Plauziano, il potente prefetto del pretorio di Settimio Severo; ma il matrimonio naufragò in pochissimo tempo) l’imperatore sferrò il suo attacco che però si fermò sul nascere perché poche settimane dopo, nell’aprile del 217 fu messo a morte da una congiura organizzata dal prefetto del pretorio Opellio Macrino.

Con Caracalla si accentuò la crisi dell’impero: quali furono le sue responsabilità?
Non ritengo che con Caracalla si accentuò la crisi dell’impero. Anzi: con Settimio Severo e ancor più con Caracalla l’impero si trovava ancora in condizioni più che buone. Settimio aveva aggiunto province importanti all’impero in Oriente (la Mesopotamia e l’Osroene). Caracalla probabilmente intendeva andare oltre l’opera del padre a est e scelse come proprio modello Alessandro Magno: probabilmente intendeva inglobare parte del regno partico nell’impero espandendo dunque l’impero a est, proprio nei territori che erano stati conquistati da Alessandro. È vero però che Settimio spostò decisamente il baricentro del suo governo sull’asse con i soldati. In questo Caracalla fu il fedele erede del padre che peraltro sul letto di morte aveva raccomandato ai figli di andare d’accordo e di accontentare in ogni modo i soldati disinteressandosi del resto. Forse sotto questo profilo, la politica prima di Severo e poi di Caracalla richiedeva eccessivi sforzi economici via via sempre più difficili da sostenere. Caracalla dovette peraltro ricorrere alla coniazione di una nuova monete Antoninianus il cui valore era circa il doppio del denario per far fronte proprio ai pagamenti dei soldati.

Alla sua morte Caracalla fu divinizzato: quale bilancio storiografico si può trarre del regno del figlio di Settimio Severo?
A me sembra che il bilancio nel complesso sia senz’altro positivo. In soli sei anni di governo varò alcune iniziative straordinarie: l’estensione della cittadinanza e l’idea dell’impero universale erano stati due grandiose idee anche perché trovavano alimento l’una nell’altra accrescendo, come afferma la Constitutio stessa, la maiestas di Roma, che si alimentava delle conquiste e dunque dell’ampliamento dei fines imperii. Dunque la scelta di Caracalla di espandere ad Oriente l’impero e la riproposizione incessante del modello di Alessandro Magno devono essere interpretate proprio in questa chiave. La cultura del II secolo in effetti aveva senz’altro identificato in Alessandro l’artefice di un impero universale, attraverso la fusione dell’Oriente con l’Occidente e la nascita di un nuovo mondo (quello ellenistico), e dunque la scelta di Caracalla era ricaduta conseguentemente sulla figura del macedone in vista della realizzazione di un impero universale sotto l’egida di Roma. Benché le fonti antiche irridano la pretesa di Caracalla di farsi chiamare «Augusto Orientale» in realtà ciò corrispondeva esattamente al suo progetto: presentarsi ad Occidente come ad Oriente come il sovrano che aveva dato vita ad un nuovo ordine ecumenico unificato dall’orbis romanus secondo un coerente disegno politico, giuridico e religioso.

Tuttavia nel settore militare il bilancio non fu del tutto positivo. Sia l’avventura germanica sia quella partica, nonostante le grandi ambizioni (soprattutto la seconda) dalle quali erano state animate, si rivelarono poca cosa. Forse le ambizioni erano veramente mal riposte in ragione del fatto che ciò che aveva compiuto Settimio Severo, con la riduzione a provincia della Mesopotamia e dell’Osroene, era difficilmente eguagliabile. Forse il fronte orientale richiedeva più un’azione di assestamento che di ulteriore espansione.

Alessandro Galimberti è Professore associato di Storia romana presso il Dipartimento di Storia, archeologia e storia dell’arte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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