“Canzona di bacco” di Lorenzo de’ Medici

Canzona di bacco (Canti carnascialeschi)

Questa ballata, probabilmente «la poesia più famosa del Quattrocento», fu composta per una sfilata di carnevale e doveva essere accompagnata dalla musica. La destinazione originaria si ricava dai deittici, ossia da elementi che fanno riferimento a una realtà esterna al contesto, che può essere percepita solo da chi sia presente in un certo luogo: «Quest’è Bacco e Arïanna» (5), «Queste ninfe» (9), «Questi lieti satiretti» (13) sono altrettante allusioni alle maschere che si susseguono nella sfilata. Che il messaggio sia l’invito a cogliere il bello della vita così come si presenta nell’immediato, sulla scia del carpe diem oraziano, sembra difficile porre in dubbio. Paolo Orvieto ritiene invece che, «a ben leggere, si tratta di una parafrasi dell’Ecclesiaste, […] ch’è tutto un invito a godere l’attimo fuggente “nei pochi giorni di vita che Dio dà” all’uomo, ad evitare le vane fatiche e preoccupazioni; a vivere insomma intensamente il presente perché nessuno sa cosa accadrà nel futuro: tutto al mondo, ricchezze e onori, sono vanità fugaci». A sostegno di questo accostamento, Orvieto adduce anche una lettera a Lorenzo del filosofo Marsilio Ficino (1474) che esorta a non dissipare il breve tempo della vita e a «disprezzare i falsi piaceri». Ora, se anche Lorenzo nei versi 37-40 presenta negativamente il re Mida, vittima della sua sfrenata ricerca di un piacere illusorio come l’oro (illusorio, precisiamo, perché in realtà non dà effettivo godimento), è innegabile che tra i piaceri da lui celebrati ci siano l’amore, il vino, il canto e il ballo, che sarebbero rientrati a vario titolo nei «falsi piaceri» disprezzati da Ficino.

Il ritornello «Chi vuol esser lieto, sia / di doman non c’è certezza», ripetuto sette volte, ha un risvolto amaro: invita a godersi la vita, ma ricorda implacabilmente che il futuro è imprevedibile. Anche tuttavia ‘continuamente’ è una parola chiave, con la stessa ambiguità: ora allude al fatale scorrere del tempo (2) o al mancato soddisfacimento di un piacere (42) – quindi evoca dati negativi – ora allude all’abbandonarsi al piacere (10, 18, 26, 34, 50). Linguisticamente, compaiono alcune forme proprie del fiorentino quattrocentesco: plurale del tipo le gente (24), drieto ‘dietro’ (29, 37; con una diversa dissimilazione dal latino tardo de retro), canton e suonon (26), con estensione alla prima delle desinenze delle altre coniugazioni. Quanto al canzona del titolo, si tratta di un metaplasmo da canzone (lat. cantionem).

Metricamente la poesia è una ballata di ottonari, costituita da una “proposta” iniziale (schema: xyyx), che si ripete nei due versi che chiudono ciascuna delle sette strofe come “ripresa” (yx).

Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia:
chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.

[5] Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre ’nsieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti

[10] sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,

[15] per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia,

[20] di doman non c’è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate;

[25] ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Questa soma, che vien drieto

[30] sopra l’asino, è Sileno;
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.

[35] Chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro

[40] s’altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.

[45] Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieto ognun, femmine e maschi.
Ogni tristo pensier caschi:

[50] facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!

[55] Ciascun suoni, balli e canti,
arda di dolcezza il core,
non fatica, non dolore!
Ciò ch’ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia,

[60] di doman non c’è certezza.

3 sia: si abbandoni alla gioia
5 Bacco e Arïanna: Arianna, abbandonata da Teseo in un’isola, fu salvata da Bacco. Le ninfe (9) e i satiri (13) sono figure di cui la mitologia classica amava popolare la natura: divinità secondarie le prime, esseri umani con attributi animaleschi (piccole corna, coda) i secondi
7 perché: poiché, dal momento che
21-22 Queste… ingannate: l’allusione è alle schermaglie amorose, godute da entrambi i partecipanti
23-24 non… ingrate: eco, sia pure tenue, del principio stilnovistico per il quale «Al cor gentil rimpaira sempre amore»
29 soma: carico (da soma deriva somaro ‘bestia da soma’)
30 Sileno: uno dei satiri, precettore di Bacco; viene spesso rappresentato dagli antichi come un vecchio barcollante per l’età e il vino bevuto
32 già di carne… pieno: ormai appesantito, diventato grasso
37 Mida: il re di Frigia legato al notissimo mito
39-40 E che… contenta?: a che serve la ricchezza se uno (altri, con valore di soggetto generico) non ne trae piacere?
42 chi ha sete tuttavia: chi non riesce a soddisfare i propri desideri
46 si paschi: si nutra
58 Ciò c’ha… sia: quello che deve accadere, è inevitabile (secondo il consueto significato di conviene nell’italiano antico) che accada; non si può investire sul futuro

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