“Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin” di Paul Bushkovitch

Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, Paul BushkovitchBreve storia della Russia. Dalle origini a Putin
di Paul Bushkovitch
Einaudi

«Nella sua evoluzione storica e nella sua attualità la Russia rappresenta un coacervo di molti elementi diversi. Fino al XV secolo, il popolo russo chiamava la propria terra «Rus’» e non «Rossija», che comprendeva territori ora al di fuori dei confini propriamente russi. Fin dalla sua alba storica, questa terra ospitava popolazioni che non erano russe e neppure slave, ma che i russi accettavano come parte integrante della loro società. Verso il 1917, gli zar e i loro sudditi, tra cui milioni di coloni russi nelle steppe meridionali e in Siberia, avevano ormai fatto proprio un territorio che andava ben al di là degli originali confini medievali, e che lo stato sovietico non esitò a inglobare, almeno per buona parte. Di conseguenza, la storia di quelle terre deve estendersi oltre quelli che sono oggi i confini della Federazione Russa e incorporare le diverse incarnazioni della Russia come anche le sue molte diversità.

Economicamente arretrata fino al XX secolo, la società russa condivideva molti tratti comuni con quasi tutte le società preindustriali: un’agricoltura primitiva; agglomerati urbani rari e di piccole dimensioni; analfabetismo di massa. Il destino storico della Russia era tuttavia di trasformarsi nella più grande unione politica di terre tra loro contigue che il mondo avesse mai conosciuto e che arrivò alla fine a estendersi su tutta l’Asia settentrionale. Si trattava di uno sterminato dominio ugualmente distante dall’Europa occidentale e dal mondo mediterraneo. Un impero che comprendeva territori sconfinati ma scarsamente popolati, almeno fino alla fine del XVII secolo. Per i primi sette secoli di storia, il suo carattere periferico fu rafforzato dalla conversione al cristianesimo ortodosso – una fede cristiana minoritaria in Europa – anziché a una qualsiasi delle altre chiese del mondo occidentale. Poi, con Pietro il Grande, la Russia fece irruzione nella cultura europea nel giro di una sola generazione, partecipando da quel momento a tutte le fasi della vita culturale del Vecchio continente, a cominciare dall’Illuminismo. L’evoluzione culturale fu più semplice e più rapida del cambiamento sociale e politico, creando così una società dotata di una cultura moderna ma inserita in una struttura sociopolitica arcaica. La rapida industrializzazione avviata dopo il 1860 generò a sua volta tensioni sociali che portarono alla diffusione di idee occidentali che non necessariamente erano quelle dominanti in Occidente. Per la maggior parte del XX secolo, quindi, a imporre un nuovo ordinamento alla società russa fu il marxismo, un’ideologia sviluppatasi in Renania – rimanendovi tuttavia marginale – che combinava la filosofia di Georg W. F. Hegel con elementi dell’economia britannica e con il socialismo utopista francese.

Per l’Occidente, la Russia era semplicemente una terra remota. Per il poeta inglese John Milton era «la più settentrionale regione dell’Europa che si consideri civilizzata». Nella visione di Milton si rifletteva il modo in cui gli europei, dal Rinascimento in avanti, percepivano la Russia: una parte dell’Europa, ma «settentrionale» piuttosto che «orientale». Fu soltanto nel XIX secolo che per gli europei, come per molti russi, la Russia divenne «orientale». Nell’Europa occidentale dell’Ottocento il termine «orientale» non era esattamente un complimento, poiché implicava che la Russia, come le terre che l’Occidente imperialista stava allora colonizzando, era un paese barbaro, dispotico e sporco, abitato da un popolo in qualche modo inferiore. Gli europei – come del resto gli americani – non studiarono il russo né si applicarono alla conoscenza del paese fino all’inizio della guerra fredda. Perfino quando Tolstoj e Čajkovskij erano ormai entrati nel pantheon occidentale, il paese nel suo complesso rimaneva ancora un mistero, come ebbe più volte a ripetere Winston Churchill. Il carattere dell’ordinamento sovietico, assolutamente unico nel suo genere, non fece che rafforzare il senso di mistero. La Rivoluzione francese, al contrario, era avvenuta nel cuore stesso dell’Europa occidentale, condotta da un popolo la cui lingua era divenuta da secoli il principale veicolo linguistico delle comunicazioni internazionali. La Rivoluzione russa era avvenuta in una terra lontana, e al di fuori della Russia erano ben pochi a parlarne la lingua o ad avere qualche conoscenza del paese e della sua storia. Benché i bolscevichi avessero creato un nuovo tipo di società partendo da un’ideologia occidentale, per l’Occidente la Russia restava un enigma.

Se la Rivoluzione russa non avesse trovato dei sostenitori all’estero, forse la società sovietica sarebbe rimasta un sistema di governo assolutamente peculiare, oggetto di studio di pochi accademici profondamente devoti all’argomento. Il suo impatto fu invece enorme, e tale rimane ancora oggi. La Cina, la nazione più popolosa del mondo, è tuttora governata da un Partito comunista che non mostra alcuna intenzione di voler condividere con altri il proprio potere, quali che siano le sue politiche economiche. Per due generazioni del XX secolo il comunismo fu al centro della politica mondiale. L’inevitabile conseguenza fu che i commentatori occidentali, giornalisti, accademici e perfino semplici turisti, guardavano un’idea – ovvero la versione sovietica del socialismo – e non un paese specifico con una storia specifica. Con la fine dell’Unione Sovietica, la storia russa non è più costretta a essere la storia dell’evoluzione di questa o di quell’idea, trasformandosi finalmente nella continuità di un percorso storico appartenente a un popolo particolare in un luogo particolare. Il presente volume intende essere un tentativo di riflettere tale cambiamento di prospettiva storica. Esso cerca in primo luogo di riferire i fatti storici e di spiegarli laddove possibile. In molti casi, non è facile proporre una spiegazione convincente, ma la speranza dell’autore è che il lettore possa trovare nutrimento per la riflessione in una narrazione storica densa come poche altre di momenti profondamente drammatici.»

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