“Breve storia dei capelli rossi” di Giorgio Podestà

Dott. Giorgio Podestà, Lei è autore del libro Breve storia dei capelli rossi edito da Graphe.it: qual è l’origine dei capelli rossi?
Breve storia dei capelli rossi, Giorgio PodestàLe origini dei capelli rossi si perdono, come è facile immaginarsi, nella notte dei tempi. Nel corso degli anni si è a lungo cercato, studiato, avanzato ipotesi e possibilità. Se in un primo tempo gli scienziati erano convinti che l’Homo sapiens avesse ereditato il gene rosso dall’uomo di Neanderthal circa cinquanta/ottantamila anni fa, ibridandosi con lui una volta raggiunto il medio-oriente (lo ricordiamo en passant che vi furono due fondamentali ondate migratorie dall’Africa), oggi gli ultimi studi effettuati su del DNA scozzese ci dicono invece dell’esistenza di ben tre varianti del gene da cui deriva il rutilismo. Due asiatiche risalenti a 70,000 anni fa ed una europea databile invece a circa 30,000 anni or sono. Un fenomeno quello del capello rosso presente sul nostro continente prima delle cosiddette invasioni indoeuropee. Non sarebbe dunque un lascito dell’uomo di Neanderthal, come si credeva in un primo tempo, ma piuttosto una risposta dell’uomo ad un clima rigido e non propriamente ospitale. Potremmo definirla pertanto un’origine glaciale.

Cosa determina il colore rosso della capigliatura?
Il colore rosso è dato dalla variazione di un gene, il cosiddetto gene MC1R del cromosoma 16. Per entrare poi più nello specifico, possiamo aggiungere come la scarsità di eumelanina e la massiccia presenza di feomelanina (due tipi di melanina) diano rispettivamente un incarnato molto chiaro ed una capigliatura rossa. Caratteristiche che, come sappiamo bene, vanno rigorosamente a braccetto. Tuttavia le variazioni possono essere diverse, così vi sono uomini che hanno la barba rossa ma non i capelli oppure persone che non hanno neppure il lontano sospetto di celare in sé questo misterioso “gene rosso”. Tutto dipende in verità da quante mutazioni ha subito. La feomelanina, ad esempio, nelle persone non rosse è responsabile solo del colore di certe parti del corpo come labbra, capezzoli o genitali. Tengo comunque a precisare che il campo bio-genetico non è assolutamente il mio. Insomma nessuno me ne voglia per un linguaggio che agli addetti ai lavori potrebbe a tratti far inarcare il sopracciglio o apparire non propriamente tecnico o del tutto scientifico.

Quanto sono diffusi i capelli rossi?
Si parla generalmente di un 2% della popolazione mondiale distribuita variamente, tuttavia il quarantacinquesimo parallelo Nord che taglia il centro della Francia, dell’Italia settentrionale e della Croazia appare come una demarcazione naturale, sotto la quale la presenza del capello rosso cala vertiginosamente, trasformandosi in una vera rarità. La forza dei raggi UV diventa infatti troppo forte ed il capello rosso non offrirebbe più alcun vantaggio. Paesi come l’Irlanda e la Scozia mostrano, dunque, percentuali più alte, attorno al 10/13 percento, mentre l’Italia si attesta attorno ad uno 0,58. Due regioni in particolare, Veneto e Friuli Venezia Giulia primeggiano con una percentuale dell’0,8. In Russia, che, secondo una etimologia non accertata, significherebbe proprio Terra dei rossi, vivrebbero diverse teste ginger (circa il 10 %), concentrate a quanto sembra nella regione del Kazan. Sempre nella ex terra degli zar sono presenti anche gli Udmurti, un’etnia ugro-finnica che vanta una percentuale ancora più alta. Del resto ormai esiste un vero e proprio orgoglio dei rossi, testimoniato anche dai tanti raduni e festival in giro per il mondo, da quello di Crosshaven in Irlanda, dove si danno appuntamento più di venticinquemila persone ogni anno, a quello dei Redhead Days che si tiene in Olanda, passando per il festival di Favignana qui in Italia. Tutti eventi seguitissimi dal popolo dei rossi che, dopo secoli difficili, fatti di maldicenze e attacchi di vario genere, vive oggi una stagione piena di soddisfazioni. Il rosso è finalmente, irresistibilmente di moda.

Quali sono stati i più famosi personaggi con i capelli rossi?
La storia, con tutti i suoi corsi e ricorsi, così come l’arte, in tutte le sue mosse e variegate manifestazioni, sono popolate di chiome di fuoco. Di questo non vi è dubbio. Per quanto riguarda l’antichità, lo diciamo subito, non è sempre facile averne la certezza. Identificare con precisione matematica questo o quel personaggio. Traduzioni imprecise, vocaboli ambigui, sviste di varia portata e origine rendono tutto un po’ difficile. Tutto un po’ più complicato. Vi sono testi che fanno pensare e credere che certe figure lontane e leggendarie come Ulisse ed Achille avessero capigliature ramate. Tuttavia tra i rossi possiamo annoverare con una certa sicurezza imperatori come Alessandro Magno, Nerone e Federico Barbarossa; regine illustri come Olimpiade, moglie di Filippo il Macedone e madre di Alessandro Magno, Elisabetta I, la cui chioma fulva fece gran tendenza, copiata pedissequamente da tutte le dame del periodo e, non ultima, Maria Antonietta, la sfortunatissima regina di Francia, che, insieme alla sua sarta personale, Rose Bertin, fu un’esuberante creatrice di mode. Anche ieri come oggi esisteva insomma le dernier cri. Questo per quanto riguarda la Grande Storia e le figure di potere, ma se vogliamo guardare oltre le teste coronate, spingerci in altre strade, lungo altri camminamenti, ecco spuntare la chioma rossa di Galileo Galilei, quella ribelle e volitiva di Ugo Foscolo, quella musicale di Vivaldi, il ginger tutto battagliero ed eroico di Giuseppe Garibaldi o il rosso indomabile di un grande artista come Vincent Van Gogh. Tanti insomma sono i personaggi famosi dalla capigliatura fiammeggiante che hanno lasciato un segno e sono entrati – per porte diverse – nell’immaginario collettivo. Anche la letteratura ci ha offerto protagonisti, nel bene o nel male, indimenticabili. Mi viene da citare Pel di carota di Jules Renard o Rosso Malpelo di Giovanni Verga. Racconti che portano in scena la vita di due adolescenti rossi di capelli, disamati, sempre guardati in tralice dai più. Due nature intorbidate dagli eventi, dall’esclusione, dal dramma di vivere ed essere. Interessantissimi anche le figure che animano Il regalo del Mandrogno dei fratelli Erizzo. Un romanzo che, ruotando intorno al gene dei capelli rossi, ci racconta le vicende di una famiglia piemontese lungo centotrent’anni di storia. Una lettura affascinante che meriterebbe molta più attenzione. Come è ovvio che sia, non mancano neppure al nostro appello stelle del cinema e della canzone; da Rita Hayworth, la cui chioma rossa in Gilda tramortì il mondo intero (non per nulla fu soprannominata l’Atomica) a Michael Fassbender, un vero e proprio sex symbol dei nostri giorni, orgogliosissimo del suo pelo fulvo; dalla nostra Milva, a cui Jannacci dedicò una canzone indimenticabile come la Rossa, al britannico Ed Sheeran, col suo passato di vittima del bullismo ed un successo oggi planetario. Dulcis in fundo, non possiamo in alcun modo esimerci dal tirare in ballo il principe Harry, che è stato, nel corso della sua giovane vita, al centro di tante polemiche e scandali. Oggi, insieme alla moglie Meghan Markle, continua ad alimentare volente o nolente il gossip su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Come è stato visto e raffigurato nell’arte e nella letteratura il capello rosso?
Il capello rosso nell’arte ha avuto più vite. Vite dal diverso destino. Vi sono quadri in cui la chioma rossa diventa il sigillo della doppiezza o della malvagità. Giuda, l’essere infido per antonomasia, in molti dipinti esibisce una capigliatura pel di carota. Nel celebre quadro di Joos van Cleve, noto come L’ultima cena, l’apostolo traditore non solo sfoggia una zazzera rossa, ma anche tratti e lineamenti profondamente malvagi. In un’altra famosa opera, questa volta realizzata dal pennello di Antonello da Messina nel XV secolo, il ladrone non redento, crocifisso accanto a Gesù, ha capelli inconfondibilmente ginger. Connubi che la dicono certamente lunga sul pregiudizio contro i rossi. Fortunatamente esistono però anche altre raffigurazioni, opere d’arte straordinarie come ll giudizio universale di Michelangelo col suo Cristo dal capello rosso ed il corpo plastico, la Nascita di Venere di Sandro Botticelli, dove il rosso si imbiondisce, la bellezza sfolgora ed il pregiudizio cancellato o ancora le tante figure femminili dei preraffaelliti inglesi, da Dante Gabriel Rossetti a John Everett Millais. Donne, le loro, dalle fluentissime chiome fulve che fermano subito lo sguardo. Accendono in un istante l’arte. La nostra lista potrebbe poi continuare con Renoir, Modigliani, Klimt. Pittori che hanno subito più volte il forte richiamo del capello rosso. Klimt in particolare creò gran scandalo quando nel 1902 presentò a Vienna il Fregio di Beethoven in cui l’allegoria della lussuria esibisce un rosso destinato a soggiogare lo sguardo dell’osservatore anche più distratto o assente. Citiamo poi un po’ alla rinfusa anche altri importanti dipinti, altri grandi artisti come La danza della vita di Edvard Munch oppure La Toilette di Toulouse Lautrec. Capolavori dove il capello rosso catalizza fortemente l’attenzione. Crea, in un modo o nell’altro, una incancellabile suggestione. Una suggestione ogni volta piena di echi. Di sottili incantamenti.

Quali sono pregi e difetti della capigliatura rossa?
Il capello rosso ha senza ombra di dubbio una propria fiera diversità; caratteristiche del tutto particolari. Ad esempio, se rapportato alle altre tipologie di capello, perde molto più lentamente il proprio pigmento. Il suo processo di ingrigimento ha dinamiche che potremmo definire rallentate rispetto a capigliature di altri colori. Di contro, sono più riottosi alla tintura. Oppongono, diciamo così, una certa resistenza a cambiare tinta. A perdere la loro esclusiva identità. Sono anche meno numerosi. Se una testa bionda o bruna può vantare mediamente centoquarantamila capelli, una rossa si deve accontentare di averne soltanto novantamila, tuttavia, dettaglio questo non propriamente trascurabile, sembrano essere molto più folti. Fare maggiore volume. Nessuno, questo va subito sottolineato a scanso di equivoci, noterebbe mai questa carenza numerica. Anzi.

Giorgio Podestà , nato in Emilia si occupa di moda, traduzioni e interpretariato. Dopo la laurea in Lettere Moderne e un diploma presso un famoso istituto di moda e design, ha intrapreso la carriera di fashion blogger, interprete simultaneo e traduttore (tra gli scrittori tradotti in lingua inglese anche il premio Strega Ferdinando Camon). Appassionato di letteratura italiana, inglese e americana del secolo scorso, ha sempre scritto poesie, annotandole su quadernini che conserva gelosamente. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta poetica E fu il giorno in cui abbaiarono rose al tuo sguardo (Graphe.it edizioni).

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