
Come si può promuovere un brand facendo cultura?
Prima di pensare alla promozione di un brand facendo cultura occorre stabilire una definizione condivisa del concetto di “cultura” e di “prodotto culturale”. Sociologi e antropologi, nel corso degli anni, hanno tentato di attribuire un significato univoco al termine cultura. Fra questi l’antropologo britannico Tylor, nel 1871, definisce la cultura come il complesso che include le conoscenze, le credenze, la morale, le abitudini e gli oggetti materiali di una comunità. Sono proprio queste conoscenze, credenze e oggetti che costituiscono i prodotti culturali che influenzano la società in cui viviamo e che al tempo stesso sono influenzati dal contesto in cui si sviluppano.
Il branded content trasforma le aziende in creatori culturali, come li definirebbe Griswold. A questo punto occorre fare una precisazione: tutti i branded content realizzati dalle aziende sono prodotti culturali? No. Dipende dal valore del contenuto e dalla ricezione da parte dei fruitori nel corso del tempo.
Per promuovere un brand provando a “fare cultura” occorre impegnarsi nella realizzazione di un contenuto che, da una parte, rifletta i valori e le peculiarità di un brand o della corporate e, dall’altra, regali un momento di svago, di intrattenimento o di informazione al pubblico finale.
In che modo il branded content si differenzia da altre forme come il product placement, ma anche dalla pubblicità tradizionale?
Il branded content permette di promuovere un prodotto o un brand in modo non invasivo, senza interrompere la fruizione di un contenuto da parte dello spettatore. Nei branded content il prodotto e le sue caratteristiche sono intessuti nella trama e non vengono rivelati in modo esplicito. A differenza del product placement, che prevede l’inserimento di un prodotto fisico all’interno di un contenuto editoriale già realizzato, il branded content viene creato ad hoc sui valori che l’azienda vuole comunicare, con l’obiettivo di far vivere un’esperienza al pubblico finale basata sulla visione del brand. In alcuni tipi di branded content il prodotto o l’azienda non sono neanche nominati.
Quali piattaforme si prestano ad essere utilizzate dal branded content?
Grazie alla molteplicità di formati disponibili, il web è la piattaforma che si presta più facilmente ad ospitare i contenuti brandizzati.
Basti pensare ai video virali, alle web-serie, ai cortometraggi o a veri e propri portali che possono essere realizzati con costi contenuti, raggiungendo milioni di utenti in tempi molto rapidi.
Qual è l’impatto socioculturale di questo fenomeno e la ricezione da parte dei consumatori?
Dall’analisi che abbiamo realizzato sui consumatori, emerge come l’impatto socioculturale di questo fenomeno sia notevole e in continuo sviluppo.
Influencer come The Jackal o realtà editoriali come Freeda sono l’esempio lampante di come i branded content vengano fruiti quotidianamente da migliaia di utenti, infuenzando i loro comportamenti d’acquisto.
Quali sono le opinioni dei professionisti del settore sul branded content?
Gli 11 professionisti del settore che ho intervistato sono concordi nel definire il branded content una nuova forma comunicativa in continuo sviluppo e prevedono una forte evoluzione nei modi in cui questo fenomeno si svilupperà nel corso dei prossimi anni.
Gli investimenti nel settore crescono di anno in anno e cambiano le modalità di fruizione da parte del target.
Nel libro i professionisti hanno raccontato come si realizza un contenuto brandizzato e quali sono i KPI da tenere d’occhio.
Solo il tempo ci permetterà di capire l’impatto di questo fenomeno.