
L’apporto più significativo di Boezio fu però nel modo in cui determinò le coordinate del dibattito filosofico medievale. Come insegna Alain de Libera, fare filosofia nel medioevo significava soprattutto analizzare le opere dei pensatori greci. Nel mondo Latino, tale indagine era resa particolarmente problematica dal fatto che la conoscenza del Greco era quasi del tutto scomparsa. Quindi, fare filosofia comportava studiare le versioni Latine dei testi greci. Fino a circa il dodicesimo secolo, la quasi totalità delle traduzioni disponibili erano quelle di Boezio. In virtù della sua opera di traduttore Boezio determinò, dunque, la direzione ed il contenuto del dibattito filosofico per gran parte del medioevo. Tuttavia, l’effetto più a lunga gittata delle sue traduzioni fu dovuto non soltanto al fatto egli tradusse diverse testi filosofici greci ma al modo in cui lo fece. Infatti, al contrario di altri traduttori latini di testi filosofici greci, come ad esempio Mario Vittorino, le traduzioni di Boezio si distinguono per la loro estrema fedeltà all’originale ed il taglio spiccatamente teoretico piuttosto che retorico. Tramite le sue traduzioni Boezio fornì, dunque, un vasto vocabolario filosofico che la Latinità non aveva mai posseduto e che fu usato fino a Cartesio e Spinoza. In altri termini, senza le traduzioni di Boezio la filosofia Occidentale avrebbe probabilmente sviluppato un apparato linguistico e concettuale differente.
Non va, infine, dimenticato che Boezio fu anche uno degli autori responsabili per la trasmissione del pensiero Platonico nel medioevo. A causa della quasi totale mancanza di traduzioni Latine delle opere di Platone, i pensatori medievali Latini conobbero il filosofo Ateniese per lo più indirettamente tramite le relazioni di altri pensatori. Anche se Boezio non tradusse nessuna opera di Platone o dei Neoplatonici, i suoi trattati di musica e di aritmetica, così come la Consolazione della Filosofia, contengono moltissimi riferimenti diretti ed indiretti a dottrine centrali nel Platonismo e Neoplatonismo. Ma Boezio ebbe il merito non solo di trasmettere ai secoli a venire parte della tradizione Platonica, ma anche di fornire una sintesi originale di questa scuola filosofica integrando le sue diverse anime (Medio-platonismo, Neoplatonismo, Neopitagorismo).
In sintesi, Boezio fu uno dei punti di snodo decisivi della trasmissione della cultura filosofica antica per i secoli a venire.
Qual è l’identità storica e sociale di Boezio?
L’identità di Boezio è il risultato di una peculiare fusione di elementi caratteristici a tradizioni molto differenti tra loro. Egli appartenne per nascita e adozione a due delle famiglie aristocratiche romane più antiche, potenti e ricche del suo tempo: gli Anici e i Simmaci. Quale membro dell’aristocrazia senatoriale romana, Boezio abbracciò, quindi, un’ideologia di classe che aveva le sue radici nell’epoca della Roma repubblicana. Tradizionalmente, i membri di questa classe si ritenevano la “parte migliore dell’umanità” e ricevevano un’educazione volta a fare emerge la loro eccezionalità. La distinzione di coloro che appartenevano all’aristocrazia senatoriale romana si manifestava anche attraverso il loro stile di vita che, almeno in linea di principio, si incentrava sull’otium letterario e il servizio politico. In Boezio, questi ideali si tradussero in una vita divisa fra lo studio del pensiero greco e la partecipazione alla vita politica, che lo portò a ricoprire cariche di primissimo livello.
Ma Boezio non fu solo un membro dell’élite romana, egli fu anche un filosofo che gravitò intorno alla più importate scuola filosofica tardo-antica: il Neoplatonismo. Come insegna Pierre Hadot, essere un filosofo nel mondo antico e tardo-antico non significava soltanto dedicarsi all’indagine di complessi problemi concettuali, ma soprattutto aderire a determinati valori etici e spirituali che comportavano l’adottare un determinato stile di vita. Tale adesione al Neoplatonismo in Boezio si manifestò sia attraverso la sua dedizione per la filosofia che tramite l’attività politica, che molti Neoplatonici consideravano parte integrante della vita filosofica.
Se l’appartenenza di Boezio alla classe senatoriale romana e l’indagine filosofica resero la sua vita e i suoi valori piuttosto simili a quelli di un Cicerone o un Seneca, la fede Cristiana lo colloca inequivocabilmente nel mondo tardo-antico. Il Cristianesimo di Boezio emerge nella sua attività teologica che lo portò a prendere posizione su alcuni dei dibatti dottrinali più spinosi della sua epoca. Per secoli, gli studiosi hanno faticato a capire come Boezio abbia potuto conciliare la sua identità religiosa con quella filosofica e sociale. Tuttavia, un esame attento dell’epoca in cui egli visse (quinto secolo d.C.) rivela che nel suo tempo era stata già raggiunta una profonda sintesi tra Cristianesimo e cultura Greco-Romana. In definitiva, possiamo comprendere fino in fondo la ricchezza della figura di Boezio solo se apprezziamo la varietà e complessità del suo retroterra culturale, religioso e sociale.
Come si articola la concezione boeziana del sapere?
Boezio non scrisse mai un testo in cui presentò la sua concezione del sapere in modo sistematico, dobbiamo, quindi, cercare di dedurre la sua posizione indirettamente dalle sue opere. Tale operazione è però delicata in quanto può facilmente dare adito a fraintendimenti. Un errore che viene spesso commesso nel valutare la produzione intellettuale di Boezio è quello di pensare che egli non abbia sviluppato una teoria della natura del sapere umano. Secondo questa prospettiva, il pensatore Latino fu soprattutto un erudito guidato dall’interesse di “salvare” la cultura greca della barbarie della sua epoca traducendo in Latino quante più opere greche potesse. Il problema di questa tesi, che ha avuto in passato notevole credito tra gli studiosi, è che si fonda sul convincimento che l’età di Boezio fosse un’epoca di decadenza alla quale egli desiderava fare fronte. Al contrario, studi recenti rivelano che il quinto secolo fu un periodo vibrante dal punto di culturale e che Boezio non ritenesse di essere uno degli epigoni della cultura classica.
L’indagine del contenuto delle opere di Boezio sembra suggerire che egli adottò la concezione del sapere comune agli enciclopedisti tardo-antichi per i quali le sette arti liberali racchiudevano tutto lo scibile umano. Questa tesi sembra trovare conferma nel fatto che gran parte della produzione di Boezio consiste in traduzioni e commenti ad opere dedicate alle arti liberali. L’immagine di Boezio “enciclopedista” e “padre delle arti liberali” è ancora molto diffusa nella letteratura critica. Tuttavia, un’indagine accurata delle sue opere rivela che egli si interessò solo ad alcune delle arti liberali e che il suo modo di studiarle possiede una profondità e complessità del tutto sconosciuta agli enciclopedisti.
Se, quindi, Boezio non fu motivato dal desiderio di salvare la cultura classica e non ritenne che il sapere umano fosse completamente riconducibile alle arti liberali, come concettualizzò la sua attività intellettuale? La risposta va ricercata nella sua adesione al Neoplatonismo. Quale seguace di questa scuola, Boezio considerò i suoi sforzi intellettuali tappe di un percorso soprattutto spirituale. Al contrario di quanto forse potrebbe pensare un lettore moderno, per un Neoplatonico quale Boezio la ricerca filosofica era strumentale al raggiungimento di qualcosa che va oltre l’indagine razionale, ovvero il ricongiungimento dell’anima con il mondo divino. In questa prospettiva, il tipo di discipline che un filosofo studia e il mondo in cui le apprende dipendono dall’impatto che esse hanno sull’anima dell’uomo. L’etica insegna come vivere in modo virtuoso, la logica l’importanza della precisione nella ricerca della verità, la matematica a distogliere la mente dal mondo materiale e a pensare in modo astratto, e la teologia a ridirigere l’anima verso il mondo divino. Anche se la morte prematura non permise a Boezio di dedicarsi a tutte queste discipline, i suoi testi lasciano intendere che il suo obbiettivo fosse quello di indagare tutte quelle discipline che avrebbero assistito la sua evoluzione spirituale.
Quale riflessione teologica svolge Boezio?
Boezio scrisse cinque trattati teologici: un’introduzione alle dottrine fondamentali del Cristianesimo, due indagini sul tema della Trinità, una dissertazione sulla duplice natura (umana e divina) di Dio, ed un’indagine sulla bontà divina. Anche se sono piuttosto brevi, i testi teologici di Boezio ebbero un’importanza enorme per lo sviluppo della teologia occidentale in quanto inaugurarono un nuovo modo di fare teologia. Prima di Boezio, i pensatori Cristiani tardo-antichi avevano cercato di risolvere problemi dottrinali affidandosi soprattutto alla Scrittura. Al contrario, Boezio adottò un approccio quasi esclusivamente filosofico. Egli si servì degli strumenti linguistici e concettuali offertigli dal pensiero greco per prendere posizione su alcuni dei più complessi e delicati temi teologici del suo tempo. Il metodo scolastico di indagine teologica che è tradizionalmente associato a pensatori quali Tommaso d’Aquino si trova, quindi, già in forma compiuta in Boezio.
La Consolazione della filosofia rappresenta il testo più noto del filosofo tardoantico: come consola Filosofia?
La Consolazione della filosofia non è soltanto il testo più noto di Boezio ma è anche l’opera che per secoli ha attratto l’attenzione di lettori tra loro diversissimi. Oggi la Consolazione è meno nota ai più, ma fino a rinascimento inoltrato era un testo che chiunque possedesse buona cultura conosceva intimamente. Basti pensare che le idee contenute nella Consolazione inspirarono alcuni dei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer e che ben due sovrani inglesi (Alfredo il Grande ed Elisabetta I) furono a tal punto rapiti dal testo di Boezio che decisero di tradurlo in inglese. Non va però dimenticato che la Consolazione fu anche l’opera che sorresse molti lettori nel momento di maggior bisogno. Il caso più famoso è quello di Tommaso Moro che quando si trovò imprigionato nella torre di Londra cercò di accettare il suo destino componendo un’opera (Il dialogo del conforto nelle tribolazioni) inspirata alla Consolazione.
Per comprendere il fine consolatorio dell’ultima opera di Boezio dobbiamo innanzitutto ricordare che egli la scrisse mentre era in prigione o agli arresti domiciliari in attesa di essere giustiziano. Boezio, che aveva occupato una delle cariche più importanti nel regno Ostrogoto di re Teodorico, si trovò improvvisamente, a causa probabilmente di una congiura di palazzo, spogliato dei suoi beni, privato del suo potere politico e condannato a morte. Gli studiosi sono spesso così profondamente colpiti dalla profondità della speculazione filosofica di Boezio e dall’eleganza del suo stile che non sottolineano sufficientemente che la Consolazione fu un ultimo, disperato tentativo di cercare di comprendere un destino avverso.
Per apprezzare il valore esistenziale che ebbe per Boezio l’atto di comporre la Consolazione, dobbiamo tenere presente che nello scrivere quest’opera egli non si limitò ad adottare un genere letterario classico (la consolazione), ma prese anche parte ad una attività caratteristica del mondo Greco-Romano. A partire dall’epoca dei Sofisti, si era diffusa la teoria che l’uso sapiente del linguaggio avesse il potere di guidare una persona colpita da una tragedia a superare il suo dolore – un’idea che è alla base anche della psicoterapia dei nostri giorni. Tra gli antichi, la fiducia nel potere consolatorio della parola aveva dato vita alla pratica di scrivere una consolazione, spesso sotto forma di lettera, per aiutare un amico, parente o conoscente stretto colpito da un dolore. Tale pratica si diffuse a tal punto fra i membri più colti della popolazione che divenne una sorta di obbligo morale. Anche l’esercizio di scrivere un’autoconsolazione per trovare pace nella sofferenza non era estranea al mondo Greco-Romano. Il caso più noto è quello di Cicerone che compose una consolazione in occasione della morte di sua figlia. Per Boezio, così come per le persone della sua epoca, scrivere una consolazione non era, dunque, un semplice esercizio letterario, ma un’attività dal profondo significato esistenziale.
Se Boezio non è originale nel cercare di superare il suo dolore scrivendo una consolazione, lo è nel modo in cui consola sé stesso. Egli adotta, infatti, diversi strumenti letterari e filosofici che sono del tutto estranei al genere consolatorio. Innanzitutto, nella Consolazione Boezio si sdoppia dando vita ad un dialogo tra due parti di sé rappresentate dalla personificazione della filosofia (Filosofia) e dal personaggio Boezio. Il dialogo permette a Boezio di esprimere la sua disperazione ed i suoi dubbi con un certo distacco tramite Boezio e di riflettere sul significato della sua vicenda da una prospettiva più razionale e profonda grazie a Filosofia.
La Consolazione si differenzia dalle consolazioni antiche anche per il suo peculiare stile letterario che alterna sezioni in prosa con sezioni in poesia. Questa variazione stilistica comporta un significativo cambiamento nella strategia consolatoria impiegata da Boezio. Mentre le consolazioni antiche, che sono generalmente scritte in prosa, consistono quasi esclusivamente in argomenti filosofici, la Consolazione si serve anche, tramite le poesie, del potere consolatorio dell’immaginazione. Inoltre, le poesie della Consolazione utilizzano una notevole varietà di metri che sono scelti allo scopo di suscitare un determinato effetto su chi li ascolta. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che nel mondo antico i libri venivano spesso letti ad alta voce o recitati. Il suono ed il ritmo prodotto dalle parole del testo erano, quindi, un aspetto fondamentale di un’opera. Il convincimento boeziano che il “suono” delle poesie possa modificare lo stato dell’anima umana si fonda su un’idea cara ai Neopitagorici secondo i quali l’ascolto della musica (di cui la poesia era per loro una parte) svolge un ruolo decisivo nello sviluppo morale e spirituale di una persona.
Ma la Consolazione consola anche in virtù del modo particolare in cui svolge il suo ragionamento filosofico. Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, Filosofia non consola Boezio sviluppando una riflessione perfettamente lineare ma gli consente di interromperla e modificare la direzione del suo ragionamento. Questo procedimento, che alcuni studiosi hanno correttamente decritto come labirintico, può dare l’impressione che Filosofia, nel tentativo di rispondere alle domande di Boezio, passi da un argomento all’altro senza riuscire a sviluppare un discorso coerente. Tuttavia, un’analisi accurata rivela che lo scopo principale di Filosofia non sia quello di costringere Boezio a vedere la sua tragica vicenda alla luce di astratte verità filosofiche. Al contrario, ella permette a Boezio di dare voce ai suoi dubbi e avanzare obiezioni al fine di aiutarlo ad articolare un suo personale modo di intendere il suo destino. Inoltre, le osservazioni di Boezio consentono a Filosofia di sviluppare le sue dottrine in modi che rispondano specificatamente alla particolare situazione e personalità del pensatore Latino. In altri termini, Filosofia non si limita a dare voce ad una serie di teorie filosofiche. Al contrario, il suo contributo è quello di personalizzare il suo messaggio in modo che si adatti perfettamente al caso di Boezio.
La Consolazione consola, quindi, in molteplici modi. Le dottrine filosofiche consentono a Boezio di concettualizzare la sua tragedia con distacco ed oggettività. Le poesie stimolano la sua immaginazione e il loro suono raggiuge la sua anima nel profondo. L’aspetto più sorprendente della Consolazione emerge nelle ultimissime linee del testo nelle quali Filosofia invita Boezio a pregare. Dal punto di vista di un uomo moderno è difficile capire perché Filosofia non si limiti ad offrire a Boezio l’aiuto che possono offrire le facoltà umane. Tuttavia, per un uomo tardo-antico l’ultima mossa di Filosofia è del tutto comprensibile. Per alcuni pensatori Neoplatonici di quell’epoca, infatti, lo scopo ultimo della filosofia era quello di rivelare fino a che punto possono arrivare le facoltà umane e quando ci si deve affidare all’aiuto divino. In altri termini, il filosofo deve essere consapevole che la sua speculazione, per quanto assolutamente valida, ha dei limiti che possono essere varcati solo attraverso un’esperienza spirituale. È proprio nel saper cogliere la linea sottile che separa ciò che può essere spiegato razionalmente e ciò che va oltre la comprensione umana che possiamo trovare, secondo Boezio, consolazione anche ai mali più terribili.
Antonio Donato ha studiato all’università di Padova e all’università di Oxford. Attualmente, è professore associato di Storia della filosofia medievale e rinascimentale al Queens College della City University di New York. Tra le sue pubblicazioni: Boethius’ Consolation of Philosophy as a Product of Late Antiquity (Bloomsbury, 2013) e Italian Renaissance Utopias: Doni, Patrizi, and Zuccolo (Palgrave, 2019).