
In particolare le “ferrovie secondarie”, poi, hanno svolto e svolgono anche oggi una funzione sociale fondamentale. Perché mantengono vivi i collegamenti fra i piccoli centri ed i capoluoghi, e quindi mantengono vivi i centri minori. Basta pensare all’importanza per studenti e pendolari, per i quali l’alternativa sarebbe rappresentata da migliaia di automobili in più sulle strade ogni giorno, con tutto ciò che questo comporterebbe.
Ma c’è anche un altro aspetto, del quale mi sono reso conto proprio viaggiando per il libro e che secondo me è forse quello più affascinante delle tratte secondarie. E cioè la dimensione “umana”. Su nessun altro mezzo di trasporto come su queste ferrovie, infatti, le persone sono spontaneamente portate a chiacchierare con gli sconosciuti, socializzare, conoscersi. A volte solo per il breve tempo di un viaggio, altre – come ho visto spesso durante i miei anni di pendolarismo – fino a veder nascere amicizie, frequentazioni, collaborazioni. Come scrive Andrea Semplici nella prefazione di “Binari”: “Le piccole ferrovie di un’Italia di provincia hanno creato altrettante comunità. Là dove sono state smantellate (o dove non sono mai nate nonostante si fosse già costruita la massicciata: la Ferrandina-Matera, ad esempio) questo gruppo di umanità viaggiante si è dissolto, i bus non possono sostituire il parlottio di passeggeri abituati a incontrarsi ogni santo giorno sul sedile dei treni. Dove esistono i treni, le comunità continuano a vivere.”. Non è un caso, quindi, che ogni capitolo del libro riporti alcuni dei tanti incontri che mi sono capitati su questi treni e che restano tra i ricordi più belli ed emozionanti.
Quali meraviglie racchiude la Ferrovia del Tenda?
La Cuneo-Ventimiglia, che non per nulla è appunto nota come “ferrovia delle meraviglie” (tanto da diventare “Luogo del cuore” del FAI per il 2021) rappresenta perfettamente quel che dicevo riguardo al legame storico delle linee con il territorio. Si può dire infatti che la sua storia coincida con la storia stessa d’Italia. Fin dalle origini ha avuto il primo tratto in territorio italiano, per passare poi in Francia e rientrare infine in Italia. Ma le tratte italiana e francese si sono modificate più volte a seconda delle vicende storiche e dell’evoluzione dei rapporti fra i due paesi. Come ad esempio nel 1860 (proprio quando, su precedente impulso di Cavour, si stava studiando un collegamento ferroviario fra Torino e la Costa Azzurra attraverso le Alpi) con la cessione della Contea di Nizza alla Francia, e ancora nel 1947 quando il Trattato di pace comportò il passaggio della Val Roja alla Francia.
Il percorso è un susseguirsi di meraviglie, dalla magnifica Piazza Galimberti di Cuneo affacciata sulle Alpi al mare di Ventimiglia passando per piccole perle come Vernante, impreziosita dai mille murales dedicati a Pinocchio, La Brigue, Breil o come la città vecchia di Tenda, per le piste da sci di Limone Piemonte e per l’affascinante Val Roja. Ma la linea ferroviaria è già di per sé una meraviglia, prova della tenacia con cui l’uomo ha strappato ogni metro di binari alla montagna. Un susseguirsi di decine fra ponti, viadotti, gallerie che permettono di valicare le Alpi superando dislivelli, valloni, fiumi e torrenti e che ha il suo culmine nella “galleria del Tenda” lunga otto chilometri e realizzata con dieci anni di durissimo lavoro.
La linea Parma-Suzzara, meglio conosciuta come la “ferrovia della bassa”, offre un’avventura nella patria di don Camillo e Peppone: quali atmosfere si respirano attraversandola in treno?
Ho percorso questa tratta in autunno, quando nella Bassa reggiana dal finestrino del vagone la nebbia sfuma contorni e paesaggi rendendo tutto ovattato e creando un’atmosfera magica. Le località che si incontrano (Brescello, Gualtieri, Guastalla, Luzzara, Suzzara e così via) sono poi parte dell’immaginario collettivo di tutti gli italiani, e non solo. Grazie ai film di Peppone e don Camillo, che portano ogni anno migliaia di turisti a Brescello dove tutto racconta dei due celebri amici-nemici nati dalla penna di Guareschi. O Gualtieri e Guastalla, dove la presenza del pittore Antonio Ligabue è ancora forte e viva, ad esempio nell’imperdibile “Casa Museo Antonio Ligabue” di Gualtieri dove, come racconto nel libro, può capitare di incontrare anziani del paese che ricordano bene lo sfortunato pittore e che sono una miniera di aneddoti su di lui.
La Porrettana ha condiviso molti degli avvenimenti cruciali della storia italiana moderna e al suo apice ha rappresentato uno dei collegamenti ferroviari più importanti di tutto il Paese: come è iniziato il declino della Transappenninica?
Quando si parla di linee storiche ed affascinanti la Porrettana è senza dubbio una delle prime che vengono in mente. Una ferrovia che è una parte importante dello sviluppo della rete ferroviaria italiana, il primo collegamento che, valicando gli Appennini, ha messo in comunicazione Bologna e Pistoia, Emilia e Toscana. I lavori per la sua realizzazione iniziano nell’Italia pre-unitaria su iniziativa del Granducato di Toscana e sulla base degli interessi militari e strategici dell’Austria coinvolgendo lo Stato Pontificio ed i Ducati di Parma e Modena. Fino all’inaugurazione da parte di Vittorio Emanuele II nel 1864, dopo undici anni di lavori necessari a realizzare, fra le altre cose, quarantasette gallerie e trentacinque ponti. All’interno della stazione di Porretta Terme, la principale fermata intermedia, una lapide commemora “il faustissimo giorno” in cui il re “fece grazia di sua presente maestà a questi luoghi inaugurando la strada ferrata”. Una linea che, fino alla Prima Guerra Mondiale, nel suo periodo di maggior splendore, era percorsa da ben settanta treni giornalieri. A partire dal 1934, però, con l’inaugurazione della “Direttissima” Bologna-Firenze iniziò il declino della Transappenninica, che fu retrocessa al solo traffico locale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, poi, i tedeschi in ritirata dalla Linea Gotica la distrussero quasi completamente facendo saltare ventinove ponti, otto gallerie, dieci stazioni, ampi tratti di binari e arrivando a far scontrare in galleria due locomotive piene di esplosivo. Ma la Porrettana è comunque riuscita caparbiamente a rinascere. Sempre nella stazione di Porretta una seconda lapide ricorda il 5 ottobre 1947 quando “sotto gli auspici della libertà riconquistata il popolo di Porretta esultante riode il fragore delle sonanti ruote”. Un altro ottimo esempio di come la storia del nostro paese passi anche per quella delle sue ferrovie. Oggi la Porrettana sopravvive fra mille difficoltà, ma resta senz’altro una delle linee ferroviarie più amate d’Italia.
La Linea ferroviaria Avezzano-Roccasecca, come molte altre, ha alle spalle una storia lunga e difficile, sempre esposta al rischio di dismissione: in che modo le ferrovie secondarie lottano contro la loro chiusura?
Ad oggi la rete ferroviaria italiana si estende per poco meno di 17mila km, e si colloca così al quarto posto in Europa per estensione. Ma bisogna anche dire che le tratte dismesse hanno ormai raggiunto gli 8.000 km, cioè un terzo di tutta la rete preesistente. E le dismissioni sono così consolidate negli ultimi decenni e così uniformemente distribuite geograficamente che questa situazione non può essere imputata a problematiche specifiche, singole inefficienze e così via, ma è chiaramente frutto di precise scelte di politica generale dei trasporti e di allocazione delle risorse disponibili. I tanti viaggi fatti per “Binari” mi hanno però dato un segnale importante e positivo. Il fatto cioè che, proprio grazie al legame profondo con i territori e all’importanza sociale e logistica alle quali accennavo, negli ultimi anni dovunque la sopravvivenza di una ferrovia minore venga messa in discussione si formano forti iniziative di mobilitazione dal basso in sua difesa. Nascono gruppi, associazioni, comitati, si fanno pressioni sulle amministrazioni locali, si organizzano iniziative e manifestazioni. Spesso con risultati positivi. La Avezzano-Roccasecca in questo senso è un caso emblematico. Certamente meno conosciuta di altre linee ha però un fascino indubbio, collegando l’Abruzzo alla Ciociaria attraverso la valle del fiume Liri. Progettata subito dopo l’Unità d’Italia per collegare Firenze, all’epoca capitale del Regno, con Napoli evitando Roma (che era ancora territorio pontificio) ha avuto un ruolo importante nel supportare l’industria delle cartiere, a lungo asse portante dell’economia della zona. Dopo un periodo di declino dovuto a tagli, scarsa manutenzione e materiale ferroviario vetusto nel 2013 il servizio è stato interrotto e sostituito da autobus. È stato allora costituito il “Comitato salviamo la Ferrovia Avezzano-Roccasecca” su iniziativa di amministratori locali, ambientalisti, pendolari e singoli che, grazie ad un’intensa attività pubblica, è riuscito ad ottenerne la riattivazione nel 2014. Esempi simili riguardano anche diverse altre ferrovie secondarie, come il Comitato “Salviamo la Porrettana!”, i moltissimi gruppi che si impegnano per la Cuneo-Ventimiglia, la “Associazione Sardegnavapore” e così via. Senza dubbio si tratta di lotte difficili ed impegnative, che spesso non portano ai risultati sperati. Ma che negli ultimi anni hanno anche ottenuto risultati importanti, come appunto nel caso della Avezzano-Roccasecca, e che dimostrano una volta di più quanto accennavo in precedenza riguardo all’affetto per queste ferrovie da parte di chi vive lungo la linea e la utilizza magari da una vita intera.
Quali, tra le ferrovie descritte nel volume, ritiene più suggestiva e meritevole di un viaggio?
Questa è una domanda da un milione di dollari, alla quale però non so rispondere. Perché tutti questi viaggi ferroviari mi hanno dato la dimostrazione concreta di ciò che potrebbe sembrare un luogo comune ma che grazie alle ferrovie secondarie ho potuto toccare con mano. Cioè che il nostro paese è così meravigliosamente vario, e così meravigliosamente bello nella sua varietà, che non c’è luogo che non meriti di essere visto e non c’è tratta che non valga la pena percorrere. I viaggi di cui racconto sono tutti diversi ma tutti da provare. Di alcune linee abbiamo già parlato, e lo stesso vale per le altre. La Vigezzina-Centovalli nel periodo del foliage è un trionfo di incantevole natura; la Viterbo-Attigliano-Orte è un tuffo nel fascino dei borghi medievali della Tuscia; la Bari-Matera e la Jonica da Taranto a Reggio Calabria sono un’immersione nell’accecante bellezza del Sud; la Circumetnea è un percorso di lava e di luce; la Macomer-Nuoro conduce nel cuore aspro e meraviglioso della Sardegna, mentre la Porrettana porta a piccoli borghi fatati dell’Appennino come Castagno di Piteccio e la Lucca-Aulla in una Toscana forse meno conosciuta ma stupenda. Insomma, il mio consiglio è… sceglietene uno a caso e di certo non rimarrete delusi!
Fabio Bertino vive fra Alessandria e le colline del Monferrato. Binari è il suo terzo libro, dopo Worldzapping (goWare 2016) e Destinazione Russia. Una nave e un gatto nella tundra e altri incontri stra-ordinari (goWare 2018). Collabora con la rivista trimestrale di reportage di viaggio Erodoto108.