“Biblioterapia” di Marco Dalla Valle

Dott. Marco Dalla Valle, Lei è un esperto di biblioterapia: per due anni è stato professore a contratto del Laboratorio didattico sulla biblioterapia dell’Università di Verona e oggi è referente e docente del master in biblioterapia; cos’è la biblioterapia e come funziona?
Biblioterapia, Marco Dalla ValleLa biblioterapia è stata definita differentemente da molti autori a seconda dei campi di applicazione. Comunemente è definita come l’uso terapeutico dei libri. Più precisamente potremmo dire che è l’utilizzo creativo e ragionato della letteratura per raggiungere obiettivi con l’intervento di un facilitatore. Per capire meglio, dobbiamo classificare la biblioterapia in clinica e dello sviluppo. La biblioterapia clinica è quella utilizzata dalle figure mediche, psichiatri e psicologi, e da personale non medico supervisionato da medici, come infermieri, tecnici della riabilitazione psichiatrica ed educatori. La biblioterapia dello sviluppo è invece quella di cui si servono le figure professionali umanistiche o laiche, ovvero i bibliotecari, i librari, gli insegnanti, i counselor, i filosofi, i coachers, gli operatori socio-culturali, gli educatori e gli infermieri nell’esercizio autonomo della loro attività. La differenza tra le due forme di biblioterapia è che la biblioterapia clinica si occupa della parte malata della persona, quindi questa deve essere individuata da un medico che effettui una diagnosi e stili un piano di cura, mentre la biblioterapia dello sviluppo si occupa della parte sana, delle potenzialità inespresse, del rafforzare le risorse presenti, di ampliare le capacità della persona di osservare la realtà e se stessa in modo diverso, di sviluppare l’empatia, di aumentare le capacità di problem solving, di imparare a utilizzare il pensiero laterale. Va ricordato che rafforzare la parte sana che c’è in noi vuol dire avere maggiori strumenti nel momento della malattia. È però fondamentale che i professionisti laici sappiano fin dove possono spingersi e quando certe problematiche vadano affidate ad altri specialisti.

I campi di applicazione della biblioterapia dello sviluppo, che è la mia materia in quanto io sono un biblioterapista dello sviluppo, sono i più vari: scuole, biblioteche, librerie, associazioni culturali, centri riabilitativi, ma anche aziende e centri formativi. Per completezza faccio presente che i libri sono stati considerati terapeutici fin dall’antichità. La biblioterapia moderna è nata però nel 1916 dopo la pubblicazione di un saggio di Samuel Chroters. In questo secolo che ci distanzia sono state condotte ricerche scientifiche di diverso livello che oggi sono in piena evoluzione. Quindi non stiamo parlando di una disciplina nuova, ma di un’attività che ha già una sua storia e un ricco apparato bibliografico.

Quali benefici può apportare la biblioterapia?
I benefici della biblioterapia vengono misurati a seconda dei bisogni dei membri del gruppo o della persona (quando si lavora face-to-face) a cui si rivolgono e delle sue caratteristiche. I libri che potrebbero essere utili per una, non lo sono per un’altra. Provo a spiegarmi meglio utilizzando un concetto che è familiare a tutti e riguarda il rapporto docente-discente. Quando un docente insegna, lo fa per tutti allo stesso modo. I discenti, ognuno con le proprie capacità e risorse, apprendono. Naturalmente il docente li aiuta in tutti i modi possibili, aiutandoli a superare i propri limiti, magari insegnando un metodo di studio individuale. Ma resta il fatto che tutti devono cercare di apprendere quanto più possibile di ciò che il docente ha insegnato. In biblioterapia il concetto è completamente ribaltato. Il docente, in questo caso il biblioterapista, fa una cosa completamente diversa: osserva i suoi discenti e cerca di capire di cosa hanno bisogno. In questo modo sceglie il programma più adatto. Ma la differenza non si ferma qui. Il biblioterapista osserva nel tempo l’efficacia del programma che ha scelto per soddisfare i bisogni dei discenti e, nel caso non sia stato efficace, lo modifica. Altra differenza ancora è che considera gli obiettivi per ogni singolo discente diversi. Prima abbiamo parlato di quanto un docente possa darsi da fare per permettere ai suoi discenti di imparare ciò che lui ha insegnato. E questo riguarda tutti loro. Ognuno deve apprendere le stesse cose. Il biblioterapista lavora diversamente. Lui, invece, continua ad adattarsi e a modularsi per arrivare a soddisfare i bisogni di ogni singola persona, che sono differenti. Il lavoro in gruppo mira a utilizzare materiale comune per raggiungere obiettivi diversi, cosa impensabile in una relazione d’aula docente-discente come la conosciamo tutti. Questo esempio fa comprendere quanto la biblioterapia sia uno strumento malleabile, adattabile ai singoli bisogni delle persone, anche quando si opera in gruppo.

Una volta compreso il metodo di base, è facile capire che i benefici ottenibili sono i più vari e per utenti di qualsiasi età: contrasto al bullismo, accrescimento dell’autostima, rafforzamento dell’empatia, lotta alle discriminazioni, superamento delle difficoltà di un divorzio da parte dei genitori e dei figli, affrontare un lutto, fare fronte a uno stato di stress, creare un’oasi di tranquillità per trovare uno spazio rigenerante, accogliere le diverse fasi della vita in cui si entra. E l’elenco potrebbe continuare.

Come si crea un laboratorio?
Per ideare, progettare e realizzare un laboratorio è necessario lavorare con il processo biblioterapeutico che è l’applicazione del processo scientifico alla biblioterapia. Il facilitatore biblioterapista svolge una raccolta dati, li analizza e fissa gli obiettivi dopo aver individuato i bisogni. Successivamente realizza una scheda di conduzione che servirà per realizzare l’attività di biblioterapia. Infine, ci sarà una fase di verifica. Nonostante la possibilità di lavorare con una scheda di conduzione, il biblioterapista agisce molto sul momento perché la biblioterapia richiede che la conduzione sia morbida e che accompagni le necessità espresse dal gruppo, in una continua riformulazione degli obiettivi che si modificano continuamente. Un laboratorio di biblioterapia richiede una profonda conoscenza della letteratura, ma anche delle dinamiche di gruppo, che sono parte integrante del laboratorio assieme ai testi. Ricordiamo che i gruppi di lettura e i gruppi di biblioterapia sono due cose diverse. I gruppi di lettura hanno come obiettivo il testo, mentre per i gruppi di biblioterapia il testo è uno strumento per il raggiungimento degli obiettivi. Sono due paradigmi completamente diversi, anche se di mezzo c’è sempre la letteratura.

Come si diventa biblioterapeuti?
Oggi non esiste in Italia un riconoscimento formale della biblioterapia, è davvero troppo poco che se ne parla. Inoltre, non esistono ancora ricerche scientifiche svolte da noi e i modelli formativi li possiamo trovare solo all’estero. Io pratico la biblioterapia dello sviluppo dal 2010, ma per avere le competenze necessarie mi sono avvalso della mia esperienza relazionale con i pazienti in ospedale come infermiere dove ho lavorato per molti anni e cinque anni di università, laureandomi in lettere, prima alla triennale e poi alla magistrale, scrivendo in entrambi i casi tesi di laurea sulla biblioterapia, portando avanti in questo modo studi specifici sulla disciplina e di letteratura. Ovviamente il mio è un percorso atipico e pionieristico, un professionista non può studiare cinque anni per imparare a utilizzare la biblioterapia. Per questo all’Università di Verona prima abbiamo attivato un corso di aggiornamento di 88 ore sulla biblioterapia e l’anno successivo abbiamo dato vita a un master di primo livello che in questi giorni vedrà aprirsi le iscrizioni della seconda edizione. Quest’anno abbiamo anche fondato il centro di ricerca interdipartimentale Biblioterapia. I libri per il benessere composta dai dipartimenti di Culture e Civiltà, Neuroscienze e Scienze Umane che lavorerà per colmare il vuoto di ricerca nostrano di cui abbiamo molto bisogno. Entro la fine dell’anno prenderà vita anche un’associazione di categoria per biblioterapisti.

È in partenza la seconda edizione del Master in Biblioterapia organizzato dall’Università degli studi di Verona e diretto dalla prof.ssa Federica Formiga: come si articola la proposta formativa del Master?
Il master è di durata annuale e prevede 300 ore di formazione, due terzi delle quali erogate online e un terzo in presenza. Le attività in presenza non possono essere erogate in altro modo poiché si tratta di svolgere attività di simulazione e assistere a lezioni come ad esempio di “Lettura espressiva a voce alta” che necessitano della presenza fisica.

Sono previste materie specifiche di indirizzo e materie più generali per permettere a tutti di raggiungere il livello necessario ed essere in grado di lavorare con la biblioterapia nei vari campi.

Una parte importante del master consiste nelle attività seminariali che sono svolti in due modi: da una parte riguardano le simulazioni di conduzione, che gli studenti dovranno gestire, e dall’altra la sperimentazione come utenti di laboratori, in cui comprendere meglio come si sta dall’altra parte.

Infine, ogni studente dovrà pensare, organizzare e applicare un project work sul territorio, così da sperimentare il proprio apprendimento sul campo. L’esperienza sarà l’argomento della dissertazione finale di master. In questo modo la necessità di trascrivere l’esperienza svolta e di esporla a una commissione renderà più proficuo l’apprendimento.

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