
Queste riflessioni sono state alla base di una giornata di studio, che si è svolta nel marzo del 2018 per iniziativa della Biblioteca del Polo di Mediazione Interculturale e Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano Statale, e che ha coinvolto sia il mondo accademico sia quello professionale, e in particolare il personale bibliotecario.
In che senso le biblioteche possono esser definite come luoghi comuni?
Come sottolinea nel suo intervento il prof. Giovanni Turchetta, Direttore del Dipartimento di Mediazione linguistica e di Studi interculturali dell’Università di Milano, interrogarsi sulla condizione delle biblioteche come “luoghi comuni” significa, in primo luogo, evocare il rischio che sempre meno persone vi facciano riferimento e che quindi le biblioteche, nell’era in cui ci si illude che la diffusione culturale possa avvenire solo attraverso la Rete, siano sempre meno “comuni”. Ma, paradossalmente, le biblioteche come luoghi resistono e si trasformano, favorendo lo sviluppo di comunità di incontro, dove è possibile ritrovare sé stessi nella relazione con gli altri. Contro la banalità del “luogo comune”, infine, la biblioteca può aprire nuovi orizzonti di conoscenza e di scoperta; non è solo luogo di conservazione del libro, ma partecipa attivamente alla produzione del sapere e alla costruzione di una realtà culturale eterogenea e porosa. Oggi in biblioteca non si va solo per consultare volumi e riviste, ma per partecipare a eventi e iniziative di vario genere.
Quali esperimenti di interculturalità e multiculturalità bibliotecarie raccontate nel libro?
Nel volume si parla di alcune esperienze che si sono svolte presso la Biblioteca di Mediazione, che ha come missione proprio quella di promuovere la diversità linguistica e culturale. È frequentata da studenti italiani che studiano lingue e culture straniere, ma anche da molti di studenti stranieri iscritti al corso di laurea in Mediazione linguistica e culturale. In una biblioteca universitaria, gli studenti entrano per studiare, ma anche per consultare volumi o porre quesiti sull’utilizzo avanzato degli strumenti della biblioteca digitale.
Alcuni studenti provenienti dalla Cina, dal Sudamerica e dall’Europa dell’Est sono stati coinvolti nella catalogazione del materiale bibliografico, anche per contribuire a risolvere le difficoltà poste dalla distanza interlinguistica. D’altra parte, la presenza di studenti e laureati stranieri che hanno svolto brevi periodi di tirocinio nell’ambito del progetto Erasmus placement, ha permesso di valorizzare la conoscenza reciproca e le pratiche di interculturalità.
Nel libro si raccontano anche diverse esperienze che si sono svolte o che sono in atto nelle biblioteche di pubblica lettura di Milano e provincia, come la Biblioteca Dergano-Bovisa, molto frequentata da bambini cinesi, e dotata di un consistente fondo librario in questa lingua; o come Mamma Lingua, un progetto itinerante tra diverse biblioteche lombarde, che propone letture in una ricca selezione di lingue. Da una parte, tali pratiche puntano alla valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale di origine dei migranti; dall’altra, creano un circolo virtuoso di interazioni, che favoriscono un’integrazione dinamica, basata sulla reciprocità.
Quale rapporto hanno gli stranieri con le biblioteche?
Gli stranieri trovano nelle biblioteche luoghi di accoglienza, incontro e familiarità, ma anche luoghi di lettura. Dalle ricerche effettuate dal prof. Alessandro Terreni presso il Sistema Bibliotecario a Milano nel 2011 e a Sesto San Giovanni nel 2016-2017, raccogliendo i dati sui prestiti, emerge che tra i più assidui frequentatori vi sono gli egiziani e i peruviani, esponenti di due comunità molto forti sia a Milano sia nei comuni limitrofi. Le scelte del pubblico di età scolare, orientate ai testi letterari, confermano i dati ISTAT, che evidenziano l’influsso della scuola italiana sulle letture degli stranieri; ma si riscontrano altri aspetti significativi, come la preferenza del pubblico in età produttiva per i testi utili (tecnologie, leggi e normative, ecc.), o l’interesse, marcato nel caso di Sesto, per i volumi dedicati all’apprendimento dell’italiano come L2. Resta comunque l’impressione che i percorsi di lettura e le motivazioni di questo pubblico, minoritario ma di una certa consistenza (a Milano gli stranieri sono il 9% degli iscritti al prestito e a Sesto il 5%) siano ancora tutti da scoprire, anche attraverso ricerche mirate sulle singole comunità.
Il libro contiene anche un’interessante analisi sui cinesi in Italia e il loro approccio alla lettura: quali conclusioni offre lo studio?
Il contributo che si focalizza maggiormente su questa comunità è quello di una studentessa, Martina Ferrario, che riporta i risultati di un’indagine effettuata per la propria tesi di laurea. Va sottolineato, prima di tutto, che il significativo incremento delle collezioni di testi in lingua originale in alcune biblioteche è stato possibile grazie alle donazioni provenienti dalla Cina, mediante progetti come Window of Shanghai. Tra i titoli più richiesti per il prestito, figura la rivista Cina in Italia, che presenta i suoi articoli in italiano e cinese, seguita da testi di narrativa per ragazzi, sia in versione bilingue italiano-cinese o inglese-cinese, sia in putonghua, la lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese. Vengono anche riportati gli esiti di un sondaggio, condotto nel 2018 attraverso la piattaforma Wechat, sulle abitudini di lettura di un campione, costituito per il 53,7% da giovani di età compresa tra i 14 e i 24, con una buona padronanza dell’italiano. I generi preferiti risultano essere la storia, la narrativa e la letteratura, ma solo il 20% del campione legge autori italiani, mentre prevalgono scrittori di altre nazionalità (45,3%). Un altro dato emergente, di certo condiviso con i giovani italiani, è la diffusione della lettura su supporti elettronici.
Quali sfide devono affrontare le biblioteche per rispondere ai cambiamenti della nostra società?
Tra le funzioni primordiali delle biblioteche vi è quella di ordinare e conservare l’informazione e la conoscenza, ma anche quella di permettere l’accesso a tale patrimonio, fungendo quindi da mediatori tra patrimonio e lettore. Il lettore di oggi è cambiato, sia per la propensione all’uso di strumenti elettronici, sia per un più marcato profilo multiculturale, quindi anche le biblioteche si devono trasformare. Come si legge in questo volume, i segnali positivi sono molti, ma la proiezione interculturale dovrebbe certamente aumentare, a beneficio di tutti, e diventare strutturale. D’altra parte, le biblioteche devono anche assumersi il compito di promuovere la lettura del libro nel suo formato tradizionale cartaceo, dotato di un insostituibile potenziale cognitivo.
Maria Vittoria Calvi, professore ordinario di Lingua spagnola all’Università di Milano, ha una lunga esperienza nella ricerca e nell’insegnamento universitario ed è autrice di numerosi studi di linguistica spagnola, dedicati a temi quali l’insegnamento dello spagnolo a italiani, la lingua del turismo, gli aspetti linguistici legati alle migrazioni provenienti dall’America Latina e il paesaggio linguistico milanese. Presso l’ateneo milanese, è Direttore scientifico della Biblioteca del Polo di Mediazione Interculturale e Comunicazione. È inoltre membro corrispondente della Real Academia Española e dirige la rivista Cuadernos AISPI. Estudios de lenguas y literaturas hispánicas dal 2013.