“Biblioteche accademiche e terza missione” di Maria Cassella

Dott.ssa Maria Cassella, Lei è autrice del libro Biblioteche accademiche e terza missione pubblicato da Editrice Bibliografica: innanzitutto, cosa si intende per terza missione?
Biblioteche accademiche e terza missione, Maria CassellaLa terza missione è la missione imprenditoriale, sociale e culturale dell’università. Segue cronologicamente la didattica e la ricerca che restano le due missioni tradizionali, cardini dell’università.

Due sono gli ambiti tematici della terza missione: la valorizzazione commerciale della ricerca che si realizza attraverso il rapporto tra università e impresa e la produzione di beni pubblici di natura sociale, educativa e culturale.

Si tratta di due ambiti molto estesi.

Nella valorizzazione commerciale della ricerca vengono incluse tutte la attività di marketing, commercializzazione e protezione intellettuale della ricerca scientifica quali: brevetti, imprese spin-off, ricerca conto terzi, incubatori di impresa, ecc.

Sotto l’etichetta ombrello di produzione di beni sociali, educativi e culturali si raccolgono numerose altre attività di terza missione: dal public engagement, alla valorizzazione delle risorse umane (tra cui la formazione), alla tutela della salute, alla gestione e valorizzazione del patrimonio culturale. Si tratta di attività ed iniziative tra loro molto eterogenee il cui minimo comune denominatore è la produzione di beni comuni.

Tra gli attori della produzione di beni sociali, educativi e culturali anche le biblioteche accademiche insieme ai musei ed agli archivi universitari.

In che modo le biblioteche universitarie partecipano alla terza missione degli atenei?
Le biblioteche accademiche sono coinvolte in diverse attività di public engagement. Ad esempio in eventi di rilevanza nazionale come la Notte dei ricercatori, l’International Games Day, Il Salone del Libro ecc..

Diversi sono anche i progetti e le attività di Terza missione realizzati dai dipartimenti universitari che prevedono una partecipazione attiva delle biblioteche. Per fare un esempio a me vicino, prima del famigerato lockdown, la biblioteca Bobbio dell’università di Torino era stata coinvolta in due progetti di Terza missione: un progetto di cittadinanza attiva e il festival del software libero all’interno del quale avrebbe dovuto ospitare parte di un’esposizione temporanea. In svariati casi le biblioteche accademiche si fanno promotrici in modo autonomo di attività di Terza missione: mostre, cicli di presentazioni di libri, eventi culturali, flash mob, visite guidate all’interno di circuiti culturali, attività formative rivolte alle scuole ecc; le biblioteche ampliano così la propria sfera di azione, i loro pubblici e costruiscono nuove tipologie di relazioni, interne ed esterne all’università. Quanto alle prime le relazioni con i docenti universitari e con i dipartimenti restano fondamentale per lo sviluppo della Terza missione in biblioteca. A queste relazioni si aggiungono le relazioni esterne con gli enti locali, le scuole, gli istituti culturali, i musei ecc. ecc.

Quali diverse linee di azione possono seguire le biblioteche accademiche per sviluppare il rapporto con il territorio e abbracciare il nuovo percorso culturale e sociale dell’università?
Tre sono le linee di azione di Terza missione che le biblioteche accademiche possono sviluppare:

  • il public engagement, la formazione continua e la partecipazione ai progetti con le scuole (principalmente, l’alternanza scuola-lavoro);
  • la valorizzazione dei beni culturali di ateneo, attraverso la cura e valorizzazione delle collezioni speciali, in stretta sinergia con gli archivi e i musei universitari;
  • il sostegno ai progetti di scienza aperta (open science) e di scienza partecipativa (citizen science).

Per quanto si tratti di linee di azione potenzialmente indirizzate a qualsiasi tipologia di biblioteca accademica ogni struttura potrà scegliere gli ambiti sui quali focalizzarsi, in modo non esclusivo, in linea con la propria vocazione disciplinare, la ricchezza e la fisionomia delle collezioni ma anche con le sollecitazioni che, di volta in volta, vengono dal corpo docente, dai partner esterni e dal contesto locale. Un ruolo nello sviluppo delle attività di terza missione lo giocano anche la piacevolezza degli ambienti, la disponibilità di spazi idonei ad ospitare eventi o mostre. Quanto agli spazi la soluzione è concepire spazi flessibili che possano essere velocemente riallestiti e riescano a far convivere pubblici diversi; non bisogna dimenticare, infatti, che i bisogni dell’utenza istituzionale restano fondamentali per una biblioteca accademica.

Come è possibile valorizzare le collezioni nell’ottica di una maggiore interazione diretta con la società?
Principalmente attraverso l’organizzazione di mostre temporanee ove esporre esemplari rari e di pregio. Sovente si tratta di mostre in collaborazione con altri enti legate ad un evento o ad un autore.

Le mostre permettono anche di valorizzare i fondi di persona o di personalità del Novecento che le biblioteche accademiche ospitano in un numero, purtroppo, ad oggi imprecisato. Posso dire che si tratta di un patrimonio ingente che cresce annualmente in modo considerevole. La valorizzazione di queste collezioni e delle collezioni storiche sta ora vivendo una nuova stagione in Italia: un notevole contributo alla valorizzazione del patrimonio bibliografico viene anche dalle mostre virtuali dedicate alle collezioni speciali. In questo momento questa tipologia di mostra è l’unica che possa dare rilievo alle nostre collezioni, al momento, infatti, gli accessi alle biblioteche sono contingentati e le iniziative di terza missione hanno subito una forte contrazione a causa della pandemia.

Quale futuro, a Suo avviso, per le biblioteche universitarie?
Il futuro delle biblioteche accademiche passa anche attraverso l’apertura al territorio, l’attenzione verso il contesto locale; anche, ma non solo. La società e l’università sono cambiate velocemente negli ultimi anni e le biblioteche hanno seguito la loro scia; nuovi servizi, nuovi pubblici, spazi flessibili, le biblioteche accademiche hanno reagito cambiando velocemente. In alcuni paesi europei non si parla neanche più di biblioteche ma di learning centre. Ovviamente la situazione è in Italia ancora molto difforme, ma non mancano la creatività, la voglia di mettersi in gioco, di affrontare le sfide ed il cambiamento, il futuro ci impone questo: di riadattarci continuamente ai bisogni molteplici, ai contesti, ai pubblici. In questo momento abbiamo dovuto cambiare le priorità e riorientarci verso il pubblico istituzionale, i docenti e gli studenti universitari, ma la strada verso un modello di biblioteca partecipativo allargato è aperta e nonostante il Covid-19 non si ritorna indietro. Ci siamo solo fermati per qualche mese.

Maria Cassella è la responsabile dell’Area servizi bibliotecari del Campus Luigi Einaudi dell’Università degli studi di Torino dove dirige la Biblioteca “Norberto Bobbio”. È autrice di numerosi articoli in italiano e in inglese e fa parte del comitato editoriale delle riviste “Biblioteche oggi” e “Biblioteche oggi Trends”.

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