“Beni ecclesiastici di interesse culturale” a cura della Commissione per le Attività e i Beni Culturali Acri

Beni ecclesiastici di interesse culturale, Commissione per le Attività e i Beni Culturali AcriBeni ecclesiastici di interesse culturale. Ordinamento, conservazione, valorizzazione
Commissione per le Attività e i Beni Culturali Acri
il Mulino

«Questo volume è il primo frutto di un progetto a più stadi che nasce dalla continuità di una storia e da innovazioni più recenti. Fin dall’origine, infatti, la maggior parte delle fondazioni associate nell’Acri ha sostenuto, anche in modo significativo, progetti di valorizzazione e conservazione del patrimonio ecclesiastico di interesse culturale sia per l’importanza dei beni, che rappresentano una parte cospicua del patrimonio culturale italiano, sia per il rilievo, o meglio ancora l’intensità, della relazione che segna il rapporto fra essi e le rispettive comunità. In breve, gli elementi costitutivi della storia delle fondazioni che proprio da queste ragioni traggono origini e missione.

Contemporaneamente sono in atto da tempo vaste trasformazioni destinate ad incidere profondamente su queste realtà. Ciò avviene per ragioni interne al mondo ecclesiastico, investito da significativi processi di riforma – anche istituzionale e organizzativa –, e per cause esogene connesse alla forte espansione della domanda (planetaria, per quanto riguarda l’Italia) di conoscenza e di fruizione dei beni culturali che pone, in modo inedito rispetto al passato, il tema della valorizzazione anche del patrimonio ecclesiastico e conseguentemente quello del delicato equilibrio da garantire tra queste esigenze e il rispetto della particolare natura e funzione di questi beni. Sullo sfondo, il loro intreccio mai casuale con il paesaggio rurale e urbano del nostro paese di cui costituiscono una componente indefettibile motivandone l’unicità e il pregio. Il che spiega le ragioni per le quali la crescente interdipendenza tra politiche territoriali/ambientali e componenti socioculturali interseca in modo non casuale anche questi beni, rilevabile anche nelle missioni e nei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Una realtà complessa dunque, nella quale alla molteplicità dei profili in gioco che ricadono in particolare su alcune azioni (conservazione, riuso, valorizzazione, turismo) fa riscontro una molteplicità di soggetti che interagiscono con gli enti e le istituzioni ecclesiastiche: da quelli pubblici (ministero della Cultura o Fondo edifici di culto, regioni ed enti locali) a quelli privati nelle loro diverse specificazioni: fondazioni, terzo settore, volontariato, imprese.

Passato e attualità, tradizione e innovazione, innegabile specificità e motivi di interdipendenza con altrettante ragioni di cooperazione costituiscono un quadro complesso e inedito che innanzitutto va riconosciuto e capito nelle sue componenti principali, a partire da quella preliminare e meno nota, ovvero l’ordinamento e il regime dei beni ecclesiastici di interesse culturale, in modo da permettere alle fondazioni di maturare in piena consapevolezza (oltre che in piena autonomia) le proprie scelte in materia.

L’accurata analisi operata in questo volume da qualificati esperti della materia permette di compiere un passo importante assicurando a chi interviene e a chi opera nel settore una ricognizione organica e una esposizione chiara e aggiornata del regime attuale e dell’assetto istituzionale e organizzativo del patrimonio ecclesiastico.

Con la seconda fase del progetto già in atto nel momento in cui esce il volume si entra nel vivo della questione perché si affrontano in modo più specifico, grazie all’integrazione tra dati giuridici e altri profili (organizzazione, gestione, comunicazione, nuove tecnologie), tre ambiti che l’esperienza passata e le prospettive attuali indicano frequentemente come centrali nelle iniziative in materia: il riuso degli edifici di culto e più in generale dei beni culturali non più utilizzati; il turismo (compreso quello religioso) e la valorizzazione del patrimonio culturale diffuso (itinerari); il ruolo del terzo settore e il volontariato nelle attività riguardanti i beni culturali di interesse religioso.

Su questi temi le fondazioni hanno maturato esperienze e riflessioni importanti. Certo, anche in questi casi l’identificazione delle regole del gioco è necessaria, specie considerando che alle fonti canonistiche e alla disciplina statale si aggiunge un reticolo di fonti pattizie frutto di accordi in sede decentrata tra autorità ecclesiastiche (per lo più diocesi) e regioni o altre amministrazioni pubbliche la cui incidenza sul caso concreto è spesso rilevante.

Ma il punto di osservazione cambia, perché un ruolo altrettanto importante è riservato in questa fase alla concretezza del momento operativo e dunque all’incrocio tra esame degli strumenti e delle modalità con cui si disciplinano le forme di collaborazione (intese, accordi, convenzioni) tra i diversi soggetti interessati e gli interventi negli ambiti prima indicati (requisiti del riuso, organizzazione e gestione delle attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale e del turismo religioso), e i problemi, le indicazioni, le criticità emerse dall’esperienza delle fondazioni.

L’obiettivo in questo caso, o per meglio dire l’obiettivo dell’intero progetto, è costituito dall’indicazione di buone pratiche, dalle possibili soluzioni dei problemi più frequenti, dalla messa a disposizione da parte delle fondazioni di elementi conoscitivi e strumenti utili per la formulazione dei programmi e per affrontare un aspetto spesso decisivo, quello delle forme di collaborazione in sede locale con altri soggetti pubblici (amministrazioni locali e organi periferici del ministero della Cultura) e privati (terzo settore, imprese, altre fondazioni o associazioni culturali). Senza escludere la dimensione nazionale e l’utilità di un confronto con le istituzioni ecclesiastiche che vi operano, a cominciare dall’Ufficio nazionale per i beni culturali e l’edilizia di culto della Conferenza episcopale italiana.»

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