“Beatrice e le altre. Viaggio nella Commedia di Dante attraverso i personaggi femminili” di Franco Signoracci

Prof. Franco Signoracci, Lei è autore del libro Beatrice e le altre. Viaggio nella Commedia di Dante attraverso i personaggi femminili edito da San Paolo: quale importanza hanno le donne nel capolavoro dantesco?
Beatrice e le altre. Viaggio nella Commedia di Dante attraverso i personaggi femminili, Franco SignoracciL’idea di questo testo (una piccola scommessa in mezzo a tutte le pubblicazioni nell’anno dantesco) nasce da una serie di conferenze che ho tenuto in diverse situazioni sui personaggi femminili della Commedia. E nasce senza la pretesa di voler affermare nuove tesi o nuove chiavi di lettura sul capolavoro dantesco. Però, man mano che il lavoro procedeva, man mano che recensivo tutte le figure femminili – grandi, piccole e minime – presenti nel poema, un’illuminazione si è fatta largo sempre più: ho scoperto che queste figure sono poche all’inferno (anche se indimenticabili), molte di più nell’umanissimo purgatorio e in paradiso. E ciò non mi stupisce perché, come scrivo nel saggio, in fondo, gli occhi delle donne che ho incontrato nella vita a me hanno insegnato che cosa sia l’amore, l’intensità e la bellezza. Prima di me, lo hanno insegnato a Dante, e a molti altri credo. Ma c’è di più: nello sviluppo del lavoro è emerso in modo sempre più chiaro che è proprio attraverso le figure femminili che Dante ha incontrato – nella vita e nell’invenzione poetica – che si è sviluppato il suo cammino di salvezza. Le donne sono essenziali per arrivare a Dio, questo ha imparato il poeta e questo racconta a tutti noi.

Così è nato un libro che ripercorre il cammino di Dante all’interno delle tre cantiche proprio attraverso le ventisette figure femminili di cui ho scelto di parlare, dalla gigantesca Beatrice, alla grande Francesca, a Matelda, alle meno conosciute Sapìa, Piccarda, Cunizza, alle piccole o piccolissime Alagia e Gentucca.

Quale visione del mondo femminile emerge dall’esame della Commedia?
È un tema complesso, quello sotteso a questa semplice domanda. La riflessione sulla figura femminile nel Medioevo – e in particolare nell’opera di Dante – ci porterebbe molto lontano. La donna è la protagonista indiscussa della giovane poesia volgare (basti pensare alle esperienze dei trovatori provenzali o allo Stilnovo cui Dante stesso aderisce negli anni giovanili), ma spesso lo è come oggetto del canto poetico: sublime ma passivo. Quello che accade nella Commedia è il fatto che Dante la renda soggetto della poesia. Mi spiego: non è lui che racconta Francesca, ma è Francesca che racconta la sua tragica storia; e così pure Pia de’ Tolomei, Piccarda e molte altre… sono loro che si svelano, prendono voce e spesso sconvolgono cuore e pensieri del viandante ultraterreno. Ne poema di Dante emerge una visione della figura femminile come protagonista della vita e della storia della salvezza.

Beatrice è indiscutibilmente la protagonista del poema: in che modo Dante ne sublima la figura?
“Beatrice è la vita stessa di Dante tesa verso l’infinito”: questa è la frase con cui apro il capitolo sulla figura fondamentale del poema. Il poeta, fin dalle sue primissime opere, ci rivela la tendenza a interpretare ogni evento, ogni incontro della sua vita all’interno del grande piano che Dio ha sul destino di ognuno di noi. Dante cammina nell’aldilà per arrivare all’incontro con la donna (nel paradiso terrestre) e sarà lei che lo condurrà – prendendo il posto di Virgilio – attraverso i cieli fino al paradiso, alla contemplazione della verità. In questa prospettiva, Beatrice diventa la chiave di lettura della sua esistenza e si trasforma ancora in qualcosa di più: è la figura di un alter Christus, come appare fin dal cammino tratteggiato nel piccolo capolavoro giovanile, la Vita nuova.

Se non si tiene presente questo, la sua figura perfetta rischia l’incomprensione o l’antipatia.

Ella appare prestissimo nella vita del poeta e, come fiume carsico, ora affiora, ora sprofonda, ora riemerge con impeto, conducendo Dante verso il suo destino, come stella polare di un cammino. Per questo motivo ho intitolato il lungo capitolo dedicato a lei Il romanzo di Beatrice.

Francesca è protagonista di uno degli incontri più noti del capolavoro dantesco: quali emozioni ci trasmette la giovane sventurata?
Francesca da Rimini fu l’infelice moglie di Gianciotto Malatesta, fatta uccidere dal marito dopo che venne scoperta la tresca con il cognato Paolo (anche se la ricostruzione dei fatti storici non è priva di ombre). Un personaggio che Dante attinge dalla cronaca della sua epoca e trasforma con la potenza della sua poesia in una delle icone indelebili della letteratura di ogni tempo. Proprio per questo motivo, però, è divenuta oggetto di una deformazione, di una lettura in chiave romantica che è una vera forzatura storica. Il dialogo fra Dante e la donna, nel girone dei lussuriosi (e nella particolare schiera di coloro che hanno bagnato il mondo di sangue a causa del loro peccato) causa un tale coinvolgimento nel poeta che egli sviene per la tensione. Ma perché sviene? Per commozione e simpatia? Direi proprio di no. E che cosa veramente Francesca? Che cosa tenta disperatamente di fare, nei suoi due discorsi? Questo è un passaggio essenziale non solo per la vicenda di Francesca, ma per l’esperienza dello stesso Dante: il poeta fiorentino riesamina qui e giudica la cultura del suo tempo, ma anche se stesso e la sua poesia degli anni giovanili. Francesca infatti, nel narrare la sua triste storia e nel descrivere la sua condizione, ha un atteggiamento che oscilla tra la consapevolezza della propria colpa e il tentativo di autogiustificarsi, addossando la responsabilità della sua caduta alla forza inevitabile dell’amore.

Le sue parole turbano profondamente Dante. Non tanto perché egli sia commosso di fronte alla tragedia e impietosito riguardo al destino dei due cognati: ciò non può accadere, Dante non può schierarsi dalla parte di chi è condannato dalla giustizia di Dio. Il turbamento, piuttosto, nasce da una ragione più profonda: Dante si sente coinvolto nella vicenda che ha portato Francesca a dannarsi. Ella ha creduto troppo alle parole dei poeti d’amore e ha fatto la triste fine di una Madame Bovary ante litteram.

Cosa rappresenta la figura di Matelda?
Matelda è la donna dei fiumi, colei che, nel paradiso terrestre, immerge Dante nel Lete (l’acqua che cancella anche il ricordo delle colpe commesse) e nell’Eunoè (il fiume che riporta alla memoria tutto il bene compiuto… perché, per fortuna, siamo capaci anche di bene nella nostra vita terrena!). Con lei siamo di fronte ad uno dei più affascinanti enigmi della Commedia, paragonabile per importanza alla profezia del veltro o a quella del cinquecento diece e cinque, il messo di Dio che anciderà la fuia. Con la differenza che Matelda è un enigma di bellezza e serenità.

Preannunciata dal sogno di Lia, Matelda è colei che conduce Dante all’incontro con Beatrice e rappresenta, con la sua dolcezza luminosa, una sorta di introduzione, o meglio, di preparazione all’incontro con il fulgore insostenibile di Beatrice: senza di lei – pare di intuire – Dante resterebbe abbagliato dalla donna beatissima. Che cosa rappresenta? Su questo tema i pareri dei commentatori non sono unanimi, ma sono abbastanza vicini: è stata vista in lei l’allegoria della vita attiva, oppure l’immagine della pratica sacramentale della Chiesa, o una nuova guida che si colloca in posizione intermedia tra Virgilio-ragione e Beatrice-teologia. Più lunghe le discussioni sul personaggio storico che avrebbe ispirato Dante per questa figura (non tutti accettano la sua identificazione con lo straordinario personaggio storico di Matilde di Canossa…). Ma, al di là di dubbi e perplessità, Matelda piace a tutti.

Quali parole ha Dante per Maria?
I versi più belli che Dante scrive per una donna non sono quelli indirizzati a Beatrice o alle altre donne che hanno attraversato la sua vita reale e poetica. Sono le parole che indirizza a Maria nell’ultimo canto del Paradiso. Il viaggiatore celeste si trova nell’Empireo; accanto a lui c’è la terza guida, il mistico san Bernardo, che innalza una preghiera a Maria perché interceda per Dante ed egli ottenga l’ultima grazia, quella di ficcare gli occhi nella luce di Dio. È la famosa preghiera che inizia con le antitesi “Vergine madre, figlia del tuo figlio…”. Maria è l’essere umano che più è stato vicino a Dio; questa giovane donna l’ha portato in grembo, l’ha allattato al suo seno: chi se non lei è la porta della salvezza? Dio l’ha scelta, l’ha amata e prediletta fino a farne il centro della Storia (parole di Dante, non mie!). Qui la poesia di Dante è perfetta, assoluta.

E qui si chiude il cerchio perché, come racconta Virgilio nel secondo canto dell’Inferno, è Maria che si è accorta che il poeta fiorentino stava per perdersi per sempre nella selva oscura del male, ed è stata lei a muovere il cielo per la sua salvezza.

Quali altre figure femminili della Commedia ritiene particolarmente significative?
Sono tante, come dicevo prima, e sorprendenti. Potrei ricordare le due prostitute – la squallida Taide nella fogna dell’inferno, e la celeste Raab nello splendore del paradiso -, oppure la piccola Alagia, nipotina del papa Adriano V, o Gentucca, il cui nome è solo sussurrato come segno di gratitudine… ma qui mi fermo, altrimenti racconto tutto il libro!

Franco Signoracci (Vimercate, 1964), è insegnante di lettere nei licei. È autore di diversi testi scolastici di letteratura latina. Ha pubblicato inoltre varie opere di narrativa per ragazzi (Einaudi Ragazzi, Paoline) e tre romanzi (Paoline, SEI).

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