
a cura di Anna Lubrano Lavadera e Marisa Malagoli Togliatti
Raffaello Cortina Editore
«La scelta di dar vita a un volume sul tema dell’ascolto dei figli minori che sperimentano la dissoluzione del legame coniugale tra i genitori nasce non solo dalla crescente diffusione del fenomeno, ma anche dai recenti impulsi normativi (legge 54/2006), che ribadiscono con sempre maggior forza il diritto dei minori a essere presi in considerazione nelle vicende che riguardano la loro famiglia. […] Nel testo abbiamo voluto limitarci alla specifica situazione dell’ascolto dei figli delle coppie coniugate e delle coppie di fatto che si separano. Non entreremo nella disamina delle situazioni in cui il minore entra in contatto con l’autorità giudiziaria come testimone, come avviene nei procedimenti penali in caso di abuso e violenza intrafamiliare, in quanto gli obiettivi e le modalità dell’ascolto in caso di separazione sono diversi e riguardano un tema in cui i bambini sono “esperti” fin dalla nascita: le modalità secondo cui sono organizzate le relazioni della loro famiglia. Restringendo il campo della nostra indagine, abbiamo visto che comunque il contributo degli studi effettuati in merito delinea una situazione complessa e in parte ancora da chiarire, soprattutto a livello della prassi. Probabilmente le difficoltà nascono dal fatto che ci si trova in un terreno multidisciplinare in cui i principi del diritto si intrecciano con i principi della psicologia dello sviluppo, della psicologia clinica e relazionale, secondo una trama non sempre chiara e definita. […]
In alcuni casi, come vedremo, diritti dei genitori e diritti dei figli possono essere in contrapposizione. In particolare nel caso delle separazioni il diritto dei figli alla continuità del rapporto con entrambi i genitori contrasta con quello dei genitori che non vogliono più avere una storia in comune. Intervengono allora il principio del maggior interesse del figlio minore e quello della responsabilità genitoriale come “mediazione” tra i diritti contrapposti.
Il diritto dei figli su cui si concentra questo lavoro è, come si diceva, quello di essere ascoltato nelle vicende che lo riguardano, come segnalato da Alfredo Carlo Moro (2008), che ricordava che la nostra Costituzione prevede per i soggetti in età evolutiva il diritto a esprimere il proprio pensiero nell’ambito familiare. Tale principio costituzionale è stato poi recepito nella riforma del diritto di famiglia del 1975 — che nel testo dell’articolo 147 del codice civile ha introdotto il dovere dei genitori di educare i figli tenendo conto delle loro capacità (ossia delle attitudini psicofisiche), delle inclinazioni naturali (delle propensioni in rapporto alle capacità) e delle aspirazioni (intese come fattore soggettivo determinante le scelte di vita) — e specificato nel corso degli anni in varie disposizioni legislative e, da ultimo, nella legge 54/2006 che prevede l’audizione dei minori nei casi di separazione o divorzio dei genitori per i figli maggiori di dodici anni o di età inferiore, se capaci di “discernimento”. Il riconoscimento del diritto all’ascolto del figlio presuppone che il giudice abbia un contatto diretto con il fanciullo in vista di assumere decisioni che lo riguardano, per recepire i suoi bisogni, le sue aspettative, i suoi desideri e il suo eventuale disagio e per tutelare il suo interesse di figlio a conservare relazioni affettivamente valide con entrambi i genitori.
A questo punto le questioni che si aprono diventano molteplici: che cosa significa ascoltare il minore? Chi può ascoltarlo, tendendo presenti i suoi interessi e tutelando i suoi diritti in situazioni in cui questi possono contrastare con quelli dei genitori? A queste domande si cercherà di rispondere nel testo tenendo presente fin d’ora la differenza tra ascoltare e sentire: ascoltare richiede attenzione verso l’altro, desiderio e intenzione di capirlo, disponibilità a modificare le proprie opinioni. Per ascolto, quindi, non si intende solo la comunicazione verbale, ma tutto l’insieme che caratterizza la relazione umana e in particolare la relazione primaria del bambino con il suo ambiente: ambiente indispensabile per la crescita e per favorire e realizzare il processo (che è circolare) di sviluppo del figlio nel raggiungere la sua personale identità. All’inizio della vita l’essere umano è, infatti, dipendente dall’ambiente che lo accoglie e i genitori possono e devono facilitarne (e sostenerne) lo sviluppo e avviare quel processo che, dall’iniziale dipendenza, arriverà alla maggiore autonomia possibile per quello specifico individuo. Per far questo è indispensabile che il figlio, anche se i suoi genitori decidono di separarsi, possa continuare a fruire di un contesto idoneo, in grado di favorire la comunicazione e le sue relazioni con entrambi i genitori e con i loro ascendenti; allo stesso modo il genitore deve essere in grado, o deve poter essere messo in grado, di assolvere a questo suo fondamentale compito che garantisce la realizzazione del figlio e la sua crescita. Si parla di tutelare i diritti relazionali per cogliere le connessioni tra i diritti dei singoli soggetti della famiglia — anche se separata — che non possono essere concepiti come totalmente autonomi e assoluti, in quanto i diritti (e i doveri) che ciascun soggetto ha come persona si esercitano in relazione ai diritti (e doveri) degli altri, secondo un’ottica di reciprocità.
Come procedere dunque all’ascolto del figlio in un contesto che tuteli i suoi interessi e diritti relazionali? Nell’accingerci a questo lavoro abbiamo notato la carenza di procedure condivise e diversità nei modi di procedere dei diversi tribunali che rischiano di rendere solo virtuale il diritto dei minori a essere ascoltati in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che li riguardi. […]
Il testo è diviso in due sezioni: nella prima parte si affrontano le principali questioni in merito al tema trattato sotto il profilo interdisciplinare del diritto e della psicologia. Gli autori (psicologi, psicoterapeuti, avvocati e giuristi) trattano le questioni che correlano l’ascolto diretto da parte del giudice e l’ascolto indiretto da parte degli operatori (psicologi e assistenti sociali) e degli esperti (giudici onorari, consulenti tecnici di ufficio). Nella seconda parte sono presentate alcune esperienze e proposte metodologiche per attuare un ascolto accurato e attendibile del minore, valutandone anche la capacità di discernimento.
Il capitolo 1, a cura di Malagoli Togliatti e di Benedetto, introduce il tema offrendo al lettore una ricostruzione storica del ruolo dell’ascolto nei procedimenti di separazione/divorzio negli ultimi 30 anni, partendo dalle riflessioni dei giudici per connetterle con quelle degli psicologi. Le autrici illustrano i cambiamenti della prospettiva di giuristi e psicologi clinici rispetto alla necessità o meno di ascoltare il minore: se fino ad alcuni anni fa si parlava di “se” ascoltare il figlio minore, oggi si discute di “come ascoltarlo”.
Il capitolo 2, a cura del giurista Ballarani, illustra i diversi profili normativi e i rilievi interpretativi legati all’ascolto del figlio minore, al suo ruolo all’interno dei procedimenti di separazione e divorzio e alla posizione stessa del giudice rispetto alla legge 54/2006: il giudice può o meno prescindere dal disporre l’audizione del minore? L’autore in proposito commenta una sentenza della Corte Costituzionale che dichiara la nullità dei procedimenti in cui vi è stata la mancata e ingiustificata audizione di un minore che aveva raggiunto l’età prevista ed era capace di discernere il senso e le finalità dell’audizione. Il testo si concentra sul modus operandi del Tribunale ordinario e sulle modalità attraverso cui il Magistrato può procedere a detto ascolto: direttamente o tramite un suo consulente tecnico o ancora rivolgendosi ai Servizi sociali territoriali.
Il capitolo 3, a cura dell’avvocato Pompilia Rossi, con i contributi di Cialdella e Trova, affronta sotto il profilo del diritto l’interpretazione della norma sull’ascolto del minore (54/2006) presso il Tribunale dei minori. Le autrici dedicano ampio respiro al ruolo e alle funzioni del Servizio sociale e ai rapporti tra questo e il Tribunale dei minori relativamente al tema oggetto d’esame. Vengono discussi i limiti di una delega dell’ascolto da parte del Magistrato al Servizio sociale, in quanto i suoi operatori molto spesso sono incaricati di molteplici funzioni nei confronti della stessa famiglia e quindi impossibilitati ad avere un ruolo neutrale o super partes; inoltre con il minore infradodicenne è richiesta anche la valutazione della sua capacità di discernimento, indagine che non può essere espletata laddove manchino figure specialistiche quale quella dello psicologo.
Il capitolo 4, a cura di Bombi e Cannoni, fornisce una panoramica dello sviluppo delle competenze cognitive, emotive e morali dei bambini. A partire dal vertice della psicologia dell’età evolutiva, le autrici evidenziano le peculiarità del funzionamento dei minori nelle diverse fasi evolutive e la necessità di un approccio specialistico che tenga conto durante il colloquio delle loro capacità di comprensione e lettura delle situazioni. Il minore è un interlocutore attendibile laddove il colloquio sia condotto tenendo presenti le capacità che egli acquisisce nel corso delle varie fasi del suo sviluppo cognitivo e affettivo. Poiché lo scopo del colloquio è quello di comprendere come egli viva una determinata situazione familiare, sarà importante conoscere le sue categorie di giudizio morale ed emotivo per comprendere il perché assume una determinata posizione. Vengono illustrate, infine, specifiche modalità di conduzione del colloquio con i minori in ambito peritale da parte dello specialista.
La Parte prima si conclude con il capitolo a cura di Lubrano Lavadera che, a partire dal vertice della psicologia sistemica, affronta i processi relazionali triadici in cui può essere coinvolto il figlio all’interno della separazione dei genitori. La comprensione dei giochi relazionali, dei triangoli disfunzionali in cui è incastrato (o si incastra) il figlio allo scopo di mantenere l’equilibrio della famiglia e “proteggere” i genitori facilita la decodifica del significato delle sue richieste o prese di posizione. Valutare le dichiarazioni del figlio all’interno del contesto familiare dal quale proviene consente di andare al di là dell’esplicito e tutelare il suo interesse, salvaguardando entrambe le relazioni genitoriali e la continuità dei suoi legami e della sua storia.
La Parte seconda si apre con il contributo a cura di Capri, che discute le norme dell’American Psychological Association (APA) in materia di ascolto del minore nei procedimenti di separazione e divorzio. L’autore, nel sottolineare la carenza in Italia di analoghi protocolli, sottolinea l’importanza di metodologie attendibili per la valutazione della capacità di discernimento dei minori infradodicenni. Egli fornisce una panoramica dei principali strumenti — tra cui i test per l’età evolutiva — utilizzati nella pratica clinica, sottolineando la necessità di un loro utilizzo competente.
Segue il capitolo 7, a cura di Tamanza e Marzotto, che sempre a partire da un vertice di psicologia sistemica propongono procedure di ascolto del minore in diversi contesti clinici. Nella prima parte del capitolo è descritta una procedura per l’ascolto del minore all’interno delle Consulenze tecniche d’ufficio per il tribunale. Anche in questo caso si sottolinea la necessità di inserire l’ascolto e il colloquio con il minore nel contesto di un’indagine più allargata sulla sua famiglia d’origine e sulle relazioni tra i vari membri della famiglia separata. Particolarmente interessante è l’utilizzo di compiti congiunti per l’esplicitazione di dinamiche relazionali sommerse. Nella seconda parte del capitolo è illustrata una procedura in cui l’ascolto del minore avviene all’interno di un contesto gruppale: i “Gruppi di parola”. Siamo lontani dalle procedure giudiziarie e ai figli viene data la parola per aiutarli a dare un senso alla separazione dei genitori. Nei gruppi di parola i figli possono dar voce alle loro emozioni per meglio affrontare la separazione dei loro genitori. Particolarmente interessante è il momento finale di “restituzione” e di incontro con i genitori.
Il volume si conclude con il capitolo a cura di Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera e di Benedetto che illustrano, sempre a partire da un vertice di psicologia sistemica, una procedura di ascolto del minore all’interno della Consulenza tecnica d’ufficio. Particolarmente valorizzato è il momento dell’osservazione diretta dei rapporti familiari, ovvero delle relazioni triadiche — attraverso la procedura specialistica, il Lausanne Trilogue Play clinico (LTPc)- e diadiche (genitore e figlio) che precede l’ascolto diretto del figlio minore da parte del consulente. La proposta delle autrici è quella di procedere in modo graduale in quanto l’incontro con il minore avviene dopo una serie di colloqui con i genitori. In tal modo il consulente, che avrà valutato le problematiche individuali e relazionali dei genitori, potrà effettuare un ascolto in più fasi: in un primo tempo conoscerà il minore e come egli si muove all’interno del contesto di relazioni in cui è nato e si è sviluppato, in modo da comprenderne i giochi relazionali, i fattori di rischio e le risorse; in un secondo momento incontrerà il minore da solo per esplorare i suoi vissuti e le sue emozioni. Conoscere le problematiche del genitori a livello individuale e familiare consente di dare al concetto di tutela dell’interesse del figlio un ancoraggio concreto: ovvero di tutela dell’interesse non di un generico minore, ma di quel figlio in quella famiglia. In senso più ampio, si sottolinea che l’obiettivo del consulente — e del giudice di cui è ausiliario — è quello di evitare la contrapposizione tra diritti dei genitori e diritti dei figli, aiutando i genitori a raggiungere un accordo. Nei casi di conflitto più grave ci si proporrà di cercare di costituire le condizioni per ripristinare il dialogo tra le parti o superare i conflitti relazionali. In tal senso il consulente tecnico d’ufficio ha maggiori opportunità rispetto al giudice o agli operatori dei Servizi sociali perché, favorendo la comunicazione in uno spazio maggiormente confidenziale, potrà cercare di fare in modo che le parti riconoscano il conflitto che le oppone e con il richiamo alla responsabilità genitoriale potrà indicare il modo per imparare a gestirlo, elaborarlo e, se possibile, superarlo.»