“Astronomia, paleoclimatologia, evoluzione umana e delle società umane” di Elio Antonello

Dott. Elio Antonello, Lei è autore del libro Astronomia, paleoclimatologia, evoluzione umana e delle società umane edito da Aracne. Innanzitutto, cosa studia la paleoclimatologia?
Astronomia, paleoclimatologia, evoluzione umana e delle società umane, Elio AntonelloLa paleoclimatologia studia il clima del lontano passato. Il clima si può definire come la situazione atmosferica media che caratterizza un’area geografica, rappresentata con i parametri meteorologici come temperatura, precipitazioni, umidità; a tale situazione è connesso anche il tipo di ambiente dell’area, per esempio mediterraneo, desertico, tropicale oppure polare. La scienza che studia questo, basandosi su parametri direttamente misurati oppure derivati da indicazioni storiche, è la climatologia. Per quanto riguarda il lontano passato, mancando la misura diretta dei parametri, bisogna utilizzare indicatori climatici, denominati generalmente proxy, che si ricavano per esempio dall’analisi di carotaggi dei ghiacci, di sedimenti oceanici e lacustri, di suoli, dall’analisi stratigrafica di rocce, di sezioni di stalagmiti, tutti adeguatamente datati. Dall’analisi dei proxy si possono dedurre le condizioni climatiche anche milioni di anni fa, ed è appunto ciò che studia la paleoclimatologia. Infine, è opportuno ricordare che la meteorologia si occupa invece della situazione atmosferica di un dato momento in una località, usando anche modelli e proiezioni temporali, cose di interesse più immediato per la società civile.

Quali effetti hanno sul clima i fenomeni astronomici?
Sono molteplici, e si va da eventi molto rari ma con risultati devastanti come quelli che seguono la caduta di asteroidi o corpi cometari relativamente grandi, a effetti che si manifestano su tempi-scala molto lenti come quelli legati alle variazioni dei parametri orbitali della Terra. I parametri dipendono dall’interazione gravitazionale del nostro pianeta con gli altri corpi del Sistema Solare, e variano con periodi dell’ordine delle decine e centinaia di migliaia di anni. Sono variazioni relativamente piccole, ma il loro accumularsi sul lungo termine dà origine a effetti macroscopici, perché il sistema-clima risponde anche a queste sollecitazioni in apparenza insignificanti. Le piccole variazioni di eccentricità dell’orbita, da una forma pressoché circolare a leggermente ellittica, modulano la distanza Terra-Sole durante l’anno, e insieme alle piccole, lentissime variazioni di inclinazione dell’asse di rotazione della Terra (obliquità dell’eclittica) cambiano la quantità di radiazione che cade sulle diverse zone della Terra. In altre parole, varia l’insolazione, cioè la quantità di radiazione ricevuta. Su tempi scala di decine e centinaia di milioni di anni, gli effetti astronomici sul clima si sovrappongono a quelli legati alla geologia (cioè movimenti della crosta terrestre e attività vulcanica) che sono anche più rilevanti. Semplificando il discorso al massimo (una cosa che non sarebbe però molto raccomandabile quando si parla del clima), possiamo dire che negli ultimi milioni di anni, quelli corrispondenti all’evoluzione umana, a seguito degli effetti geologici la temperatura media globale della Terra è progressivamente diminuita, e a questa lenta tendenza si sono sovrapposti cicli di glaciazioni con periodi determinati proprio dalle variazioni dei parametri orbitali della Terra.

Una cosa forse sorprendente è che non ci sono teorie alternative a quella astronomica, che siano cioè in grado di spiegare in modo altrettanto convincente le periodicità rilevate nei proxy. Inoltre, si assiste a un fruttuoso interscambio tra astronomia e geologia. La dinamica orbitale è intrinsecamente caotica: il Sistema Solare è stabile, ma non si può determinare/calcolare con precisione l’orbita terrestre a distanza di oltre circa 50 milioni di anni. Quindi gli astronomi non sono in grado di conoscere con sufficiente precisione l’orbita terrestre nel lontano passato. Datando opportunamente, quando possibile, gli strati geologici, si possono determinare i periodi astronomici nei proxy, e quindi si può risalire agli effettivi parametri orbitali. Dall’altro lato, spesso però non è possibile datare gli strati, oppure non si riesce a definirne accuratamente la cronologia, e in questo caso le variazioni climatiche indotte dall’astronomia e rilevate dai proxy permettono una datazione ‘astronomica’ molto utile alla geologia.

Infine, ci sono molte ricerche che cercano di confermare i possibili effetti sul clima da parte dell’attività solare, caratterizzati da tempi scala dalla decina fino al migliaio di anni; l’attività si manifesta con le variazioni di campo magnetico, le macchie solari e piccole variazioni di luminosità. Data la natura di tali variazioni, i loro effetti sul clima sembrerebbero a prima vista trascurabili; tuttavia, ci sono indizi che suggeriscono come essi possano avere invece indotto cambiamenti locali significativi, sufficienti a condizionare la stessa storia delle civiltà umane.

Qual era il clima della Terra in epoca preistorica?
Partendo da circa 60 milioni di anni fa, troviamo la Terra pressoché senza ghiacci, con un clima quasi tropicale esteso fino ai poli, come dimostrano i fossili. Il contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera era molto alto, poi ha iniziato a diminuire; l’Antartide ha iniziato a ghiacciare, dapprima in modo intermittente, intorno a 40 milioni di anni fa, e i primi ghiacci nell’emisfero nord sarebbero apparsi meno di 10 milioni di anni fa. Le variazioni legate ai parametri astronomici sono diventate sempre più marcate; c’è stata alternanza di clima caldo e di fasi glaciali caratterizzate da clima freddo e secco lontano dall’equatore. Ci sono state fasi caldo-umide durante le quali anche il Sahara aveva fiumi, laghi e vegetazione, e fasi di lento inaridimento come gli ultimi millenni attuali. Se consideriamo ‘epoca preistorica’ quella del genere Homo, cioè gli ultimi 2.8 milioni di anni circa, si osserva che la differenza climatica tra la fase glaciale e la fase interglaciale calda è diventata sempre più accentuata, in particolare dopo 1 milione di anni fa, con minimi glaciali di temperatura media sempre più profondi, ogni 120 mila anni circa, seguiti da riscaldamento fino a temperature simili a quelle dell’attuale Olocene.

Che relazione esiste tra paleoclima e ipotesi paleoantropologiche?
Diversi paleoantropologi hanno proposto, chi in un modo chi in un altro, un legame abbastanza stretto tra clima ed evoluzione umana. Si tratta solo di ipotesi e non c’è niente di definitivo, ma questo filone di ricerca è stato perseguito attivamente negli ultimi anni. È particolarmente studiata l’Africa perché, per qualche motivo, è proprio qui, e non altrove, che, in un certo senso, madre natura ha fatto i suoi esperimenti evolutivi sui Primati fino ad arrivare al genere Homo. I paleoantropologi ritengono che l’alternanza di clima secco e umido abbia condizionato l’ambiente dell’Africa centro-orientale; ci sarebbe stata la continua alternanza tra un habitat prevalentemente savana e uno prevalentemente foresta, con le conseguenti modifiche della vegetazione e della fauna presenti. Si tratta di un’oscillazione legata alla “precessione climatica” astronomica di circa 23 mila anni. Il condizionamento andrebbe inteso come una specie di stress sulle specie di ominidi, non sul singolo individuo: alcune specie sarebbero riuscite ad adattarsi ai cambiamenti, mentre altre avrebbero avuto difficoltà e si sono estinte. Alla fine le specie del genere Homo sono quelle che sono state in grado di adattarsi meglio. Non solo. Approfittando dei periodi umidi nei quali i deserti erano vegetati, si sono spostate dall’Africa e si sono diffuse in altri continenti, anche in zone con caratteristiche completamente diverse dal loro habitat originale, grazie appunto alla loro adattabilità, che, unita infine a un cervello sviluppato, ha permesso loro di occupare un po’ alla volta molte aree, dall’equatore fino al circolo polare.

Come si è modificato il clima dal Paleolitico all’età moderna?
Il clima degli ultimi 100 mila anni è stato condizionato dalle variazioni orbitali che abbiamo menzionato, e con effetti diversi a seconda delle zone terrestri. Il grosso cambiamento che ha segnato la transizione Paleolitico – Mesolitico – Neolitico è stata la fine dell’ultima glaciazione, il riscaldamento progressivo e l’inizio del periodo caldo-umido del Neolitico. Questo ‘optimum climatico’ caldo-umido è durato alcune migliaia di anni: il Sahara aveva fiumi, laghi e vegetazione. Successivamente il clima è diventato più arido, in modo evidente a partire da circa 6000 anni fa: è una tendenza tuttora in corso, ed essa segue la variazione della precessione climatica.

In che modo l’andamento a lungo periodo del clima ha condizionato l’evoluzione della civiltà umana?
Si stima che Homo sapiens, la specie anatomicamente moderna, abbia almeno 300 mila anni, ma la civiltà complessa inizia solo circa 10 mila anni fa. Per la maggior parta della sua esistenza Homo sapiens ha vissuto quindi come cacciatore-raccoglitore, e la domanda allora è per quale motivo sia avvenuto il cambiamento. I paleo-antropologi danno risposte diverse, e forse c’è una concomitanza di vari fattori. Sulla base di alcuni studi, a me sembra che il motivo fisico principale sia il cambiamento climatico unito alla fase evolutiva finale del cervello umano, che sarebbe avvenuta tra circa 100 mila e 35 mila anni fa. Infatti, è durante e dopo questo periodo che si hanno le prime manifestazioni artistiche, in Africa, Asia ed Europa, e nel Paleolitico superiore in Europa diventano arte parietale sorprendentemente bella. Il disgelo dell’inizio dell’Olocene deve aver prodotto una modifica dell’ambiente tale da rendere meno facile la vita di cacciatore-raccoglitore nei territori intorno al Mediterraneo orientale, oppure, più semplicemente, l’ambiente ora offriva opportunità diverse, opportunità che solo adesso l’Homo sapiens aveva la capacità culturale di sfruttare. Questo ha contribuito ad agevolare lo sviluppo dell’agricoltura, passando dalle specie di cereali selvatici coltivate circa 10500 anni fa a quelle completamente ‘domesticate’ circa 8500 anni fa, non per caso proprio durante l’optimum climatico. I problemi sono arrivati con il progressivo inaridimento; alcuni archeologi ritengono che questo abbia contribuito a spingere verso la formazione di strutture organizzate, città invece di villaggi, e poi stati ed imperi, per poter far meglio fronte alle difficoltà. Ogni mille – duemila anni ci sono state ulteriori variazioni climatiche, durate qualche decennio o secolo, variazioni forse legate anche all’attività solare, che hanno creato ulteriori problemi. Le strutture organizzate hanno risposto ad esse con la resilienza, adattandosi e superando le difficoltà, oppure non ci sono riuscite e alla fine sono decadute.

Quale futuro per il clima terrestre?
Molti ricercatori stanno cercando di rispondere a questa domanda elaborando modelli sempre più accurati. Ma il clima è un sistema intrinsecamente molto complesso ed è difficile ottenere risposte definitive; inoltre, negli ultimi decenni si sono aggiunti gli effetti climatici di origine antropica, e anche questi vanno considerati nei modelli. Nell’ipotesi del solo andamento naturale e di assenza di effetti antropici, i parametri astronomici dicono che la diminuzione di temperatura significativa verso una nuova glaciazione dovrebbe avvenire tra alcune decine di migliaia di anni. La realtà mostra però un aumento dei gas serra nell’atmosfera (anidride carbonica, metano) innaturalmente molto rapido, a causa dell’attività umana, e ormai siamo ben al di sopra dei valori dei gas indicati dai proxy relativamente all’ultimo milione di anni. Negare gli effetti che già si vedono, come l’estensione in altezza delle nubi e le precipitazioni violente, o gli eventi estremi, sarebbe negare la realtà. Se la tendenza dovesse continuare, il rischio è che si raggiunga un valore di soglia dei gas serra oltre il quale il sistema-clima instaurerebbe un regime di serra calda, come già avvenuto decine di milioni di anni fa, ma questa volta con maggiore rapidità: le conseguenze sarebbero pochissimi ghiacci e un clima tropicale diffuso, una situazione che durerebbe per migliaia di anni anche se i gas serra dovessero nel frattempo diminuire.

Elio Antonello è astronomo, associato all’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera, dove ha effettuato ricerche di Astrofisica osservativa e teorica, e lavorato a progetti per satelliti spaziali. Da vent’anni si occupa di Astronomia culturale e Storia dell’astronomia. Dal 2005 è presidente della Società Italiana di Archeoastronomia. Attualmente è anche presidente della Commissione dell’Edizione Nazionale R.G. Boscovich.

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