
di Franz Cumont
a cura di Antonio Panaino
Mimesis Edizioni
«Dopo un lungo periodo, nel corso del quale è stata disprezzata e trascurata, l’astrologia comincia, ancora una volta, a porsi con forza all’attenzione del mondo colto. In anni recenti, gli studiosi le hanno dedicato approfondite ricerche e accurate pubblicazioni. I manoscritti greci, rimasti ancora ermeticamente celati in un’epoca in cui la ricerca di documenti inediti è di gran moda, sono stati ora esaminati accuratamente e la ricchezza di questa letteratura ha superato ogni aspettativa. D’altra parte, la decifrazione delle tavolette cuneiformi ha reso possibile l’accesso alle inesauribili fonti della superstizione colta, la quale, fino ai tempi moderni, ha esercitato, sull’Asia e sull’Europa, un’influenza più vasta di quella mai raggiunta da qualsiasi altra religione. […]
Dopo un periodo durato un migliaio d’anni, il potere dell’astrologia si esaurì quando, con Copernico, Keplero e Galileo, il progresso dell’astronomia capovolse la falsa ipotesi su cui si fondava la sua intera struttura, cioè il sistema geocentrico dell’universo. Il fatto che la terra si muova ruotando nello spazio, intervenne a sconvolgere il complicato gioco delle influenze planetarie, e le tacite stelle, confinate nelle insondabili profondità celesti, non fecero più udire all’umanità le loro voci profetiche.
La meccanica che regola gli astri e l’analisi spettroscopica le spogliarono, infine, del loro misterioso prestigio. D’allora in poi, in quel raffinato sistema di divinazione, che affermava di scoprire, grazie alle stelle, il segreto del nostro destino, gli uomini non videro nient’altro che la più mostruosa di tutte le illusioni, figlia della superstizione. Sotto l’impulso della ragione, il XVIII e il XIX secolo condannarono quest’eresia nel nome dell’ortodossia scientifica. […]
Ma alla fine del XIX secolo, lo sviluppo della storia richiamò da numerosi versanti l’attenzione dei ricercatori sull’astrologia antica. Essa è una scienza esatta che fu sovrapposta alle credenze primitive, e quando la filologia classica, allargando il suo orizzonte, comprese pienamente nel proprio ambito di osservazione lo sviluppo delle scienze nell’antichità, non potè metter da parte una branca della conoscenza, illegittima, lo ammetto, ma indissolubilmente legata non solo all’astronomia e alla meteorologia ma anche alla medicina, alla botanica, all’etnografia e alla fisica. Se torniamo indietro sino agli stadi più remoti di ogni tipo di conoscenza, sino al periodo alessandrino o addirittura al periodo babilonese, troveremo quasi ovunque l’influenza perturbatrice di queste “matematiche” astrali. […]
Ma l’astrologia non è indispensabile soltanto per lo studioso che desidera tracciare il laborioso cammino della ragione nel conseguimento della verità tra sdoppiamenti e svolte tortuose – il ché è forse la più elevata missione della storia; essa si è anche giovata dell’interesse sorto per tutte le manifestazioni dell’irrazionale. Questa pseudo-scienza è, in realtà, una fede. […]
Il lavoro di indagine degli studiosi ha accertato come, dopo aver regnato indiscussa a Babilonia, l’astrologia abbia sottomesso le credenze religiose della Siria e dell’Egitto e, in età imperiale, – per citare solo l’Occidente- abbia trasformato persino l’antico paganesimo della Grecia e di Roma. […]
In realtà, la crescita di questo corpo di dogmi seguì un corso, non identico, ma parallelo, penso, a quello di certune teologie. Il suo punto di partenza fu la fede, fede in divinità astrali che esternavano una certa influenza sul mondo. Successivamente, gli uomini cercarono di comprendere la natura di quest’influenza; essi la ritenevano soggetta a particolari leggi immutabili, dato che l’osservazione rivelava il fatto che i cieli erano animati da movimenti regolari ed essi si reputavano in grado di fissare i suoi effetti nel futuro con la stessa certezza con cui avvenivano le rivoluzioni e le congiunzioni degli astri. Infine, quando una serie di teorie si fu sviluppata da quella duplice convinzione, la loro fonte originaria fu dimenticata o ignorata. La vecchia fede divenne una scienza; i suoi postulati furono rifondati come principi, giustificati da ragioni naturali e morali, e si pretese che essi avessero il loro fondamento su dati sperimentali accumulati dopo una lunga serie di osservazioni. Secondo un procedimento comune, la gente inventò le ragioni per credere, -“fides quaerens intellectum”,- dopo aver fatto atto di fede e facendo lavorare l’intelligenza sulla fede, si ridusse quest’ultima ad una serie di massime, la cui logica conseguenza consisteva nel celarne l’intrinseca erroneità. […]
Stabilendo l’immutabilità delle rivoluzioni celesti, i Caldei immaginarono d’aver capito il meccanismo dell’universo e di aver scoperto le vere leggi dell’esistenza. Le antiche credenze nell’influenza delle stelle sulla terra furono concentrate in dogmi di assoluta rigidità. Ma questi dogmi furono frequentemente contraddetti dall’esperienza, che invece avrebbe dovuto confermarli. Allora, non osando dubitare dei principi sui quali si fondava la loro intera concezione del mondo, questi divinatori raziocinanti si sforzarono di correggere le loro teorie.
Incapaci di spingersi sino al punto di negare l’influenza delle divine stelle sugli affari di questo mondo, essi inventarono nuovi metodi per una migliore determinazione di quest’influenza, complicarono con dati insignificanti il problema, la cui soluzione avevano verificato esser falsa, e quindi vi fu un progressivo accumularsi, nel corso del tempo, di una mostruosa collezione di dottrine complesse e spesso contraddittorie, che lasciano perplessa la ragione e la cui audace mancanza di fondamento rimarrà fonte di eterno stupore. […]
Varie ragioni, quindi, raccomandavano all’attenzione degli studiosi questi remoti testi degli astrologi greci, rimasti così a lungo nell’oblìo. Essi si posero infatti al lavoro per rileggere e ripubblicare questi libri dall’apparenza respingente e che non erano più stati ripubblicati dal XVI secolo. L’ultima edizione – erronea in modo stupefacente- del Tetrabiblos di Tolomeo è datata 1581. Inoltre, numerosi autori prima sconosciuti emersero dall’oscurità e una quantità di manoscritti che ammuffivano nei sotterranei delle biblioteche fu riportata alla luce. […]
Non mi soffermerò sull’interesse offerto allo studioso da una serie di testi diffusisi per più di quindici secoli, dal periodo alessandrino al Rinascimento. E nemmeno cercherò di valutare l’importanza che può aver avuto in politica questa dottrina che ha spesso guidato la volontà dei sovrani e deciso le loro iniziative. Non posso nemmeno provare qui, tramite esempi, come il propagarsi di dottrine astrologiche riveli legami insospettabili tra le civiltà più antiche e conduca chi ne segue le tracce da Alessandria a Babilonia fino all’India, alla Cina e al Giappone, riconducendolo poi di nuovo dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente. […]
L’oggetto di queste conferenze sarà […] limitato a mostrare come l’astrologia orientale e il culto delle stelle trasformarono le credenze del mondo greco-romano, quale fu in periodi diversi, la forza, sempre crescente, della loro influenza e con quali mezzi essi stabilirono nell’Occidente un culto astrale che rappresentò la fase più elevata dell’antico paganesimo. Nell’antropomorfismo greco, gli dei dell’Olimpo furono semplicemente un riflesso idealizzato delle varie personalità umane. Il formalismo romano fece del culto degli dei nazionali un’espressione di patriottismo rigidamente regolamentato da leggi pontificali e civili. Babilonia fu la prima ad erigere l’edificio di una religione cosmica, basata sulla scienza, che condusse l’uomo, il suo agire, le sue relazioni, insieme con le divinità astrali, nella generale armonia di una natura ordinata. Questa teologia colta, dato che includeva, nelle sue speculazioni filosofiche, il mondo intero, dovette eliminare le forme più primitive di credo e, mutando i caratteri dell’antica idolatria, preparò il terreno, per molti versi, all’avvento del Cristianesimo.»