“Astri, fortuna, libero arbitrio. Discussioni filosofiche tra ‘400 e ‘600” di Laura Carotti

Astri, fortuna, libero arbitrio. Discussioni filosofiche tra '400 e '600, Laura CarottiAstri, fortuna, libero arbitrio. Discussioni filosofiche tra ‘400 e ‘600
di Laura Carotti
Olschki

«Coprendo un arco temporale di oltre un secolo, dalla fine del Quattrocento alla prima metà del Seicento, i quattro case studies intendono mostrare come, da un lato, la disamina di tematiche astrologiche, magiche e alchemiche, ma anche matematiche, possa aprire un varco a innovative linee di ricerca, riportando alla luce reti di relazioni che scardinano i più inveterati luoghi comuni – per cui, ad esempio, nel primo studio il nome di Niccolò Machiavelli è affiancato a quelli dell’astrologo Lucio Bellanti e dell’avicennista Andrea Cattani da Imola –, e contemporaneamente evidenziare la distanza che separa le elaborazioni concettuali a proposito di queste tematiche in epoca rinascimentale da quelle successive. Se è vero, infatti, che, come hanno rivelato i fogli manoscritti cui Antonio Favaro ha dato il titolo di Astrologica nonnulla, Galileo si dedicò al calcolo delle geniture, ed è giusto porre in rilievo questo dato per dimostrare che anche l’immagine degli scienziati moderni che irridono ogni retaggio del passato è una più tarda costruzione storiografica, d’altro canto va posto parimenti in evidenza che l’astrologia di Galileo non è quella degli astrologi quattro-cinquecenteschi né di Tommaso Campanella, perché è connessa ad una differente concezione della natura, inconciliabile con le ontologie rinascimentali. Un punto, questo, che lo stesso Campanella non comprese: il domenicano, infatti, dopo aver letto il Sidereus nuncius – nella cui epistola proemiale, indirizzata a Cosimo II, Galileo afferma di dedicare al granduca i satelliti di Giove perché le virtù che lo caratterizzano gli sono state conferite proprio da questo pianeta, che al momento della sua nascita occupava una posizione di rilievo –, inviò allo scienziato, con data 13 gennaio 1611, una dotta ed elaborata epistola latina, dalla quale emerge con chiarezza, in un fitto intreccio di elogi, la volontà dello Stilese di porsi su un terreno comune a quello del corrispondente. Ma si tratta di un progetto irrealizzabile e che, infatti, mai fu neppure tentato: i cieli di Campanella non sono quelli di Galileo. […]

Il primo e il secondo studio, strettamente legati l’uno all’altro, partono dall’esame della presenza di argomentazioni astrologiche nel corpus machiavelliano per giungere poi ad indagare la particolarissima quaestio de libero arbitrio sviluppata dal Segretario fiorentino. Nella convinzione, per citare ancora una volta Garin, che sia doveroso chiamare Machiavelli «filosofo, e filosofo grande quale è», una particolare attenzione è stata riservata alla disamina della sua ‘cultura’, formulando delle ipotesi sui canali attraverso i quali alcune idee possono essergli giunte e sulla genesi di nozioni-chiave del suo pensiero […]. Se, infatti, ormai la critica ha preso le distanze dalla tesi di una presunta scoperta dell’autonomia della politica da parte di Machiavelli, insistendo su come la religio rappresenti per lui il caposaldo di un rinnovato ethos civile, d’altro canto forse con troppa fretta sono state messe da parte anche tante acute affermazioni crociane che possono fornire spunti tuttora fecondi, come quella – della quale si è ampiamente tenuto conto – secondo cui la «concezione filosofica» di riferimento per Machiavelli è stata il «determinismo o causalismo».

Il terzo studio analizza i nuclei concettuali connessi all’astrologia e alla profezia nella riflessione di Francesco Guicciardini […]. Tematicamente affini, i primi tre studi sono percorsi da alcuni Leitmotiven che il lettore può facilmente individuare: primo tra tutti lo spinoso problema della generatio ex putredine che – discusso nel primo studio per mostrare come la riflessione machiavelliana sui diluvi che ciclicamente colpiscono l’umanità si situi nell’alveo della tradizione averroista – torna nel terzo, in relazione a tematiche alchemiche […].

Il quarto studio, infine, dedicato alla matematica di Campanella, costituisce l’altra faccia della medaglia, per così dire, rispetto ai precedenti, dato che del pensiero di un filosofo tradizionalmente considerato lontano dalla ‘modernità’ […], viene studiato uno dei campi di riflessione ‘moderni’ par excellence e l’analisi non è condotta per mostrare come la matematica campanelliana sia legata a griglie concettuali premoderne, ma anzi, e converso, per appuntare l’attenzione su come gli aspetti che maggiormente differenziano la trattazione dello Stilese in materia da quella dei ‘moderni’ – ad esempio l’insistenza sul ruolo svolto dal soggetto nella co-definizione delle proprietà di un oggetto – lo rendano, per così dire, ‘postmoderno’, capace di parlarci ancora oggi, nel quadro dei grandi dibattiti sulle teorie fisiche aperti dalla quantistica, in cui una funzione di primo piano svolge lo studio del rapporto che intercorre tra osservatore e sistema osservato.»

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