Affermatasi con il colpo di scena che chiude L’assassinio di Roger Ackroyd, un’altra trasgressione dei codici di genere – al centro di quest’opera – renderà definitivamente celebre la Christie e il suo investigatore, il baffuto belga Hercule Poirot. Se la matrice letteraria di Roger Ackroyd è il “novel of manners” (romanzo di maniere), ambientato in una villa vittoriana nella campagna inglese, qui l’impianto letterario è fornito dalla “revenge tragedy”, la tragedia della vendetta che si consuma in uno spazio forense offerto dagli sfarzosi vagoni del Simplon Orient-Express (versione in chiave minore del leggendario Orient-Express di fine Ottocento), in accordo alla logica di isolamento e coincidenza di atto criminale, azione investigativa e processo, che riceverà forma altrettanto compiuta in Dieci piccoli indiani e in Trappola per topi.
Il romanzo è infatti diviso in tre parti che riproducono le fasi delle indagini e del giudizio processuale (“I fatti”, “Le deposizioni”, “Le meditazioni di Hercule Poirot”), e coinvolge dodici estranei di diverse nazionalità (ossia un campionario di stereotipi etnici e sociali: dall’altera principessa russa al ricco americano, dall’abbronzato e comunicativo viaggiatore di commercio italiano al pedante colonnello inglese, alla flemmatica svedese e alla vigorosa cameriera tedesca, e così via), isolati nel tragitto fra Istanbul e Calais sull’Orient-Express, bloccato in Jugoslavia dalla neve.
L’assassinio dell’americano apre le indagini di Poirot che, avvalendosi degli strumenti della scienza forense vittoriana, condivisi con il lettore (piantina della vettura-letto e mappa dei movimenti, certo, ma soprattutto profilo psicosociale degli attori), si confronta con un mistero apparentemente insolubile, ricostruendo con genialità (quella proverbiale genialità inquisitoria che si cela nella sua apparenza goffa e dimessa) dinamica dei fatti, trama e movente. E se, nel poliziesco di Christie, costante è una collettiva condivisione di un passato oscuro che rende chiunque indagato, in questo caso la complessa trama relazionale ricostruita da Poirot produce la soluzione più sconcertante per il puzzle, e la risposta ai diversi alibi dei passeggeri: uno dopo l’altro, tutti hanno pugnalato la vittima, giustiziando l’americano per il rapimento, avvenuto anni prima, della piccola Daisy Armstrong (episodio nel quale si evoca il mistero del rapimento Lindbergh del 1932, ancora insoluto quando Christie scrisse Assassinio sull’Orient-Express).
La vicenda chiama dunque in causa i principi stessi del sistema penale, oltre che dell’apparato d’inquisizione, della Modernità, dall’identità criminale ai criteri di legittima punizione: Poirot, proponendosi quale supremo giudice della natura umana, discolperà (complici il medico e il conduttore del vagone letto) i passeggeri, colpevoli sì sotto il profilo legale, ma innocenti sul piano etico, riparando così agli errori della Legge umana.»
tratto da Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, Bompiani