
Per quanto strano possa sembrarci, lo studio dell’Universo è stato finora condotto in gran parte “senza audio”. La maggioranza delle scoperte astronomiche si basa infatti sull’osservazione della luce che proviene dai corpi celesti. Si tratta naturalmente di un’analogia, perché nel vuoto dello spazio i suoni non si propagano, e non possiamo quindi sperare di sentire il suono di una stella che esplode. Ma se non sentiamo i suoni, quali sono gli altri “messaggeri” che arrivano dall’Universo? Per fortuna ce ne sono altri, come le particelle di altissima energia che bombardano continuamente la terra, oppure le onde gravitazionali, la cui scoperta era balzata agli onori della cronaca pochi anni fa.
Proprio come quando guardiamo un film, se riusciamo a combinare l’osservazione della luce con quella di questi altri messaggeri cosmici possiamo avere un quadro “multisensoriale” e approfondire in modo completamente nuovo lo studio dei corpi celesti. È questa la chiave dell’astrofisica multimessaggera, e in questo libro vorrei raccontare come questo nuovo approccio ci sta aiutando a indagare in modo completamente nuovo la natura e l’origine dei corpi celesti, dalle galassie ai buchi neri, fra gli oggetti più affascinanti nel cosmo.
Quale importanza ha la radiazione elettromagnetica per lo studio dell’universo?
La radiazione elettromagnetica ha rappresentato da sempre l’unico canale di informazione per studiare l’universo. La luce, che ci permette di vedere il mondo intorno a noi, è solo una delle tante forme di radiazione elettromagnetica. I fisici hanno scoperto l’esistenza delle onde radio, dei raggi ultravioletti e dei raggi X, tutte manifestazioni dello stesso fenomeno fisico, ovvero le onde elettromagnetiche.
La storia dell’astronomia nasce con lo studio della luce. Già nel passato i nostri antenati impararono a riconoscere i movimenti degli astri scoprendo così, un poco alla volta, il nostro posto nell’Universo. Ma oggi disponiamo di sofisticati strumenti che ci permettono di rivelare tutti i tipi di luce, dalle onde radio ai raggi gamma. In alcuni casi questi rivelatori non assomigliano ai normali telescopi fatti da specchi e lenti, ma allo stesso modo di permettono di “guardare” un volto del cosmo che con i nostri occhi non possiamo vedere. Da queste osservazioni abbiamo imparato moltissimo sui corpi celesti, misurandone le loro caratteristiche come grandezza o temperatura, e arrivando persino a determinarne la composizione chimica o la distanza. Come facciamo ad esempio a sapere quanto è calda una stella o quanto è lontana una galassia? Come discusso nel testo, grazie allo studio dei diversi tipi di luce oggi possiamo rispondere a questi e molti altri quesiti. Ma ci sono casi in cui non possiamo osservare direttamente la luce dei corpi celesti, quando ad esempio la loro emissione luminosa è schermata da nubi di polveri, o quando gli oggetti stessi non emettono luce. Come possiamo studiarli allora? Dobbiamo per forza affidarci ad altri messaggeri.
Cosa sono e cosa ci raccontano i neutrini?
I neutrini sono particelle subatomiche, proprio come lo sono gli elettroni oppure i protoni e i neutroni che troviamo all’interno dei nuclei atomici di tutti gli elementi chimici. L’esistenza stessa degli atomi e della materia è garantita dalle interazioni che legano appunto queste particelle, e che consentono di “tenere uniti” gli atomi, le molecole, e in definitiva tutti noi che leggiamo queste righe. I neutrini hanno invece un comportamento completamente diverso, perché interagiscono pochissimo con le altre particelle, e sono quindi dei “battitori liberi” che si propagano nell’Universo. Possono attraversare la materia e pianeti interi come se fossero trasparenti. Anche noi, in questo istante, siamo attraversati da una vera e propria valanga di neutrini, che tuttavia ci attraversano e scappano via senza che ce ne accorgiamo. Osserviamo un flusso continuo di neutrini che provengono dal cielo, e capire che cosa li produca è una delle grandi sfide dell’astrofisica moderna. Quello che sappiamo è che, grazie alla loro capacità di viaggiare indisturbati, possiamo utilizzarli per studiare regioni del cosmo altrimenti inaccessibili con la luce tradizionale. Inoltre l’emissione di neutrini è spesso associata a fenomeni cosmici estremamente energetici, quindi osservandoli possiamo farci un’idea di fenomeni fisici molto più estremi di quelli che vediamo comunemente sulla Terra. Combinare le informazioni dei neutrini con quelle provenienti dalla luce consente quindi di fare scoperte eccezionali, permettendoci di spingere il nostro sguardo dove nessun telescopio potrà mai arrivare.
Qual è l’origine delle onde gravitazionali?
Potremmo definire le onde gravitazionali le “nuove arrivate” nel mondo dell’astrofisica, dal momento che è da pochi anni che le abbiamo finalmente osservate. Si tratta di onde che si propagano nell’Universo in seguito a fenomeni assolutamente spaventosi, come gli scontri fra buchi neri. Ce le possiamo immaginare pensando alle onde concentriche che si formano sulla superficie dell’acqua quando gettiamo un sasso in uno stagno. Ma nel caso delle onde gravitazionali è lo spaziotempo stesso a essere perturbato dal passaggio di queste onde. Dopo aver parlato di luce e di particelle, nel libro discuto anche come questi strani messaggeri cosmici ci permettono di esplorare i corpi celesti in modo nuovo rispetto all’astronomia tradizionale, ad esempio andando a scoprire proprio quegli oggetti che non emettono luce, come ad esempio i buchi neri, impossibili da osservare direttamente con i telescopi. Previste dal genio di Einstein oltre un secolo fa, queste onde sono però difficilissime da rivelare, e ci siamo riusciti solo dopo decine di anni di ricerche. La scoperta delle onde gravitazionali ha fatto grande scalpore ed è stata premiata con il Nobel per la Fisica nel 2017. Tuttavia, ci sono ancora moltissime cose da scoprire in questo settore di ricerca, in cui i ricercatori italiani sono in prima fila. Non molto lontano da Pisa si trova infatti Virgo, il più grande rivelatore europeo di onde gravitazionali, protagonista sulla scena internazionale di questo nuovo modo di studiare il cosmo.
Quali prospettive di ricerca per l’astrofisica multiessaggera?
Come ho imparato facendo questo lavoro, e come ben sa chi si occupa di ricerca scientifica, in questo campo per ogni risposta si aprono decine di nuove domande, che ci permettono di guardare verso orizzonti sempre più ampi. Finora abbiamo imparato a studiare i corpi celesti grazie ai diversi “colori” della radiazione elettromagnetica, e in alcuni casi siamo riusciti a catturare contemporaneamente l’emissione combinata di luce con neutrini oppure onde gravitazionali. È questo il caso di uno spettacolare scontro fra due stelle di neutroni che abbiamo scoperto nell’agosto 2017, da cui è stato possibile osservare l’emissione di onde gravitazionali e di radiazione elettromagnetica. Un fenomeno così importante che è stato osservato da decine di strumenti nello spazio e da ogni angolo del pianeta, compreso il polo sud! Da quel singolo fenomeno abbiamo imparato moltissimo, dalla fisica stellare alla cosmologia, come testimoniano le centinaia di articoli e studi che sono stati pubblicati su questo argomento. Ma è solo l’inizio. Siamo ancora agli albori di questo nuovo modo di indagare i misteri dell’Universo, e ciò che abbiamo scoperto finora è solo la punta di un gigantesco iceberg. Ci sono ancora molti misteri che ci aspettano nel buio dello spazio, e sono tutti da scoprire.
Massimiliano Razzano è professore associato di Fisica all’Università di Pisa, dove insegna e svolge attività di ricerca nel campo della fisica delle onde gravitazionali e dell’astrofisica delle alte energie. È autore e coautore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Da anni si dedica alla divulgazione scientifica e collabora come giornalista scientifico con diverse testate nazionali. È autore di Ascoltare il cosmo (Carocci 2021).