“Appunti di diritto ebraico” di Francesco Maria Lucrezi

Prof. Francesco Maria Lucrezi, Lei è autore del libro Appunti di diritto ebraico edito da Giappichelli: cos’è il diritto ebraico?
Appunti di diritto ebraico, Francesco LucreziNel vasto panorama dei diversi sistemi giuridici, antichi e moderni, il diritto ebraico occupa una posizione decisamente unica, trattandosi dell’unico, tra tutti i diritti antichi, a essere ancora, a tutti gli effetti, un diritto vivente, alimentato da un patrimonio sapienziale di incomparabile ampiezza – in gran parte inesplorato extra moenia -, nel quale fonti e interpretazioni antiche e moderne si intrecciano in un continuum senza cesure né soluzioni di continuità.
Ogni approccio al diritto ebraico deve partire dalla consapevolezza di questo dato di fatto, dalla considerazione che esso rappresenta ancor oggi un diritto positivo, oggetto di concreta interpretazione e applicazione in tutti i luoghi del mondo dove esistano scuole, accademie e tribunali rabbinici deputati allo studio e all’attuazione della halachah (la retta ‘via’ da seguire per l’ebreo osservante, consistente nel rispetto dell’insieme dei precetti divini [mitzvòt] presenti nella Torah), conformemente alla lettera del testo mosaico e alla tradizione sapienziale e giurisprudenziale ebraica. Ciò implica, ovviamente, che l’arco temporale da esaminare assume una particolare ampiezza, andando a coprire uno spazio di millenni.

La halachah, come unico diritto insieme antico e vivente, è dunque anche l’unico i cui precetti, nella loro diretta formulazione originaria, possono e debbono essere interpretati non solo sul piano antiquario, ma anche in funzione di pratica applicazione, e rappresenta dunque un esclusivo luogo di incontro tra antichità e modernità, e un terreno privilegiato per una riflessione sulla dimensione diacronica, quando non metatemporale, del diritto. Lo studio di tale materia si presenta, indubbiamente, di particolare difficoltà, richiedendo competenze di diverso tipo – che io assolutamente non posseggo -, ma anche di particolare fascino. In particolare per chi, come me, pur non essendo un esperto nel campo, ami la comparazione tra passato e presente, e i collegamenti tra diritto e morale, sempre molto presenti nell’ebraismo.
Quanto al volumetto in questione, si tratta di una raccolta di alcune riflessioni svolte in diversi contesti, su alcune questioni su cui ho avuto modo di interrogarmi e delle quali ho potuto discutere con amici e colleghi, allacciando un dialogo per me molto proficuo e stimolante.

Si potrebbe ritenere che il diritto ebraico derivi unicamente dall’Antico Testamento: quali sono le fonti del diritto ebraico?
La prima origine del diritto ebraico è senz’altro nella Torah, e segnatamente nella sua parte normativa, la cd. halachah, ossia l’insieme dei precetti divini che furono consegnati a Mosè sul Monte Sinai, e che furono contati, da Maimonide, nel numero di 613 (da cui il titolo del mio libretto). Ma, accanto alla halachah, ci sono molte altre fonti, dalla Mishnah alla Toseftà, ai due Talmùd, ai commenti medioevali di Rashi e Maimonide, allo Shulchan Aruch, fino alle interpretazioni rabbiniche dei nostri giorni.

Come si è sviluppato storicamente il diritto ebraico?
Secondo una linea di continua evoluzione e sviluppo, portata avanti nelle più disparate località del mondo, attraverso una continua interpretazione della lettera biblica, alla ricerca del suo significato pratico e attuale. Si tratta di una continua ricerca, fondata sempre sul rispetto della lettera ma sulla totale libertà dell’uomo nell’interpretarla.

Quali sono gli istituti principali del diritto ebraico?
Non c’è praticamente settore della vita umana che non sia stato in qualche modo trattato e disciplinato dal diritto mosaico, dalle questioni patrimoniali a quelle familiari, dalla responsabilità civile a quella penale, ai doveri verso l’ambiente, il creato, le generazioni future, la bioetica ecc. Naturalmente, le eventuali sanzioni penali restano oggi relegate su un piano essenzialmente morale, non essendoci possibilità di usare strumenti coercitivi diretti, se non attraverso la spontanea adesione del reo.

Da chi e dove viene praticato il diritto ebraico?
Viene praticato dovunque ci siano comunità ebraiche che, pur soggette alla giurisdizione dei Paesi dove vivono, decidano, in libertà e autonomia, di regolare le proprie controversie al loro interno, secondo i principi halachici, attraverso una libera e volontaria giurisdizione. Perché, non esistendo oggi un Paese retto normativamente dal diritto ebraico (neanche Israele, che è uno stato laico e democratico, nel quale la componente giuridica ebraica è certo presente, ma non immediatamente cogente, per chi non la riconosca), l’utilizzazione di tale diritto come mezzo di risoluzione di controversie avviene sempre su base volontaria. Ma anche dei non ebrei possono rivolgersi, volendo, a un tribunale rabbinico, come collegio arbitrale, ritenendo la sua giurisdizione più credibile e affidabile di altre. Si può fare e, per esempio negli Stati Uniti, accade non di rado.

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