
L’onda della rivoluzione digitale lancia una grande sfida a tutti i sistemi di apprendimento, pubblici e privati, scolastici ed aziendali, che è quella di far evolvere i propri modelli didattici per renderli coerenti con il vissuto sempre più digitale delle persone e della società. Al tempo stesso i sistemi di apprendimento sono chiamati a mettere al centro dei propri programmi il tema dell’alfabetizzazione digitale di base e della cultura e delle competenze digitali evolute per il mondo del lavoro. Tutti dobbiamo apprendere di nuovo a leggere e a scrivere, con un nuovo alfabeto, la cui base è digitale.
Quello che stiamo vivendo è un apprendimento che si sta rivoluzionando grazie alle infinite ibridazioni del fisico e del digitale, della tradizione e dell’innovazione, di linguaggi e format diversi.
La vita privata e lavorativa, infatti, sono sempre più popolate da APP, realtà virtuale e aumentata, coach virtuali, sistemi di intelligenza artificiale e ambienti digitali che integrano e fanno evolvere la formazione tradizionale, che si sta rapidamente evolvendo.
Nell’infosfera, lo spazio ibrido dove vita reale e digitale si integrano e compenetrano, sono presenti opportunità di apprendimento come mai nella storia.
Opportunità che saranno colte da chi saprà acquisire le nuove competenze dell’apprendimento: self-directed learning, abilità digitali e sociali avanzate, disponibilità ad apprendere (e disapprendere) per tutto l’arco della vita.
Quali competenze sono ora richieste e in che modo ciò si riflette sulla formazione aziendale?
Il lavoro sta cambiando in tutte le sue forme, dai processi organizzativi, alle culture, alle relazioni interne. Le competenze tradizionali non sono più sufficienti per reggere l’impatto dei radicali cambiamenti in atto. Re-skilling è la parola del momento, ma è vissuta come se il cambiamento fosse un incidente di percorso, per poi tornare a una nuova normalità, quella a cui eravamo abituati.
Abbiamo detto che, in un mondo che cambia sempre più profondamente e all’interno del quale le connessioni si moltiplicano a una velocità sempre maggiore, poter esercitare una partecipazione attiva e consapevole, nella vita lavorativa e non, è fondamentale. Sono molti, perciò, gli studi che si interrogano su quali siano le competenze da sviluppare per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo. La ricerca – che vede protagonisti enti e Istituti nazionali e internazionali – riconosce all’unisono la centralità delle cosiddette “competenze trasversali”. Sarebbero proprio queste ultime, infatti, a permetterci di comprendere, accettare e guidare come protagonisti attivi, e non come passivi spettatori, i processi di cambiamento continuo ai quali siamo sottoposti. Le competenze trasversali ci permetterebbero quindi di migliorare la qualità della nostra vita e di beneficiare al meglio di tutte le opportunità dell’era digitale. Ma cosa si intende per competenze trasversali? Quali sono, e soprattutto, come possono essere acquisite o rafforzate?
Un’analisi comparata[1] (Whittemore per Skilla, 2017) degli studi realizzati da soggetti quali il World Economic Forum, la Commissione europea, l’UNESCO e l’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) – e che raccolgono a loro volta dati provenienti da ricerche estensive – permette di redigere una lista composta da ben 7 (+1) competenze trasversali su cui tutti gli attori coinvolti nella ricerca concordano. Queste competenze, alcune delle quali esplicano meglio il loro significato in lingua anglosassone, sono:
- Collaborative problem solving (risoluzione collaborativa dei problemi).
- Learning to learn/continuing to learn (imparare ad apprendere e apprendimento continuo).
- Digital competences and mindset (competenze e mentalità digitali).
- Initiative and independent thinking (iniziativa e pensiero indipendente).
- Resilience (resilienza).
- Adaptability (adattabilità).
- Cultural awareness and expression (consapevolezza ed espressione culturale).
- Futures Literacy (alfabetizzazione ai futuri).
Le competenze trasversali, quando efficacemente integrate nei processi di apprendimento permanenti (lifelong learning), aiutano a sviluppare un maggiore senso di appartenenza alla realtà, una maggiore competitività nel mondo e un più elevato grado di adattabilità al cambiamento. Nella definizione ESCO[2], la Commissione Europea chiama le competenze trasversali anche “core/basic skill” o “soft skill” e le definisce “pietra angolare” per lo sviluppo personale dell’individuo. Le competenze trasversali si contraddistinguono per una serie di caratteristiche: possono essere applicate in aree, geografie, lavori e contesti diversi, si esercitano nelle relazioni lavorative e interpersonali, sono essenziali per la sopravvivenza in contesti caratterizzati da cambiamenti veloci e profondi, possono essere allenate.
Queste competenze non si apprendono con le classiche modalità formative, come aule frontali ed e-learning, ma richiedono la consapevolezza e il coinvolgimento dell’intera organizzazione, l’attivazione di un modello di formazione esperienziale, riflessiva, continua.
Cosa significa adeguare il proprio ambiente formativo al Digital Learning?
Per un’azienda, adeguare il proprio ambiente formativo al Digital Learning non è un’opzione tra le tante possibili o seguire una moda, ma semplicemente mettersi in sintonia e cavalcare l’onda della rivoluzione digitale. Son almeno quattro gli ambiti sui quali è necessario intervenire: la cultura aziendale, l’aggiornamento professionale degli staff interni delle risorse umane e della formazione, gli ambienti tecnologici ed i programmi formativi.
Il Digital Learning porta in sé la cultura dell’autoapprendimento, della responsabilizzazione e della motivazione di ogni persona ad apprendere anche in autonomia e questo è un grande cambiamento culturale che richiede tempo, specifici programmi formativi, comunicativi, motivazionali. Cambiamento che sarà possibile solo se i vertici aziendali ne saranno pienamente convinti. Nel cambiamento sono profondamente coinvolti gli staff professionali delle risorse umane e della formazione aziendale, perché sono richieste nuove modalità di progettazione e gestione dei processi di apprendimento, una nuova professionalità del docente, un grande processo di re-skilling alla base del quale vi è la necessità di nuove competenze sia digitali che didattiche. Emergono inoltre, alla luce del digitale, tante nuove figure professionali nella formazione, come l’Instructional Designer, il Learning Maker, il Learning Coach, il Learning APP Developer e tante altre. È poi naturale che il Digital Learning richieda ambienti tecnologici specifici, tradizionalmente alla base vi è una piattaforma e-Learning (LMS), ma siamo ormai in presenza di un ecosistema di tecnologie, tool, APP per l’apprendimento. L’ultimo ambito è quello dell’adeguamento dei programmi formativi, con il tema della formazione delle competenze digitali come sempre più centrale, perché rappresentano il requisito minimo abilitante.
Quali sono le innovazioni più marcate dell’apprendimento in modalità digitale?
Sono molte e ad alto impatto per il futuro dell’apprendimento. La prima innovazione, che ritengo la più importante, è rappresentata dalle nuove forme di apprendimento che i contesti digitali richiedono. L’apprendimento tradizionale della persona, a scuola e nelle aziende, è stato prevalentemente un apprendimento da “dipendente”, il maestro, l’insegnante, il capo che decide quale programma devi seguire, quale corso devi fare e poi ti valuta se hai seguito bene il programma. Modelli strutturati, erogazione top-down. La scuola è ancora così, l’azienda lo è prevalentemente.
Nell’infosfera questo modello si destruttura, la dimensione top-down insegnante allievo è presente, ma è solo una parte, tendenzialmente sempre più ridotta, perché è dilatato lo spazio dell’auto-apprendimento, del self-direct learning, dell’apprendimento cooperativo. Uno spazio già ricco di infinite opportunità formative, ma ben utilizzato al momento solo da una élite di persone, quelle con basi culturali, metodologiche e digitali in grado di muoversi agilmente tra le opportunità di apprendimenti presenti nella dimensione sia fisica che digitale dell’infosfera. Nel testo sono presenti 14 testimonianze di persone normali e straordinarie al tempo stesso, HR, insegnanti, studenti, imprenditori che dimostrano come evolute competenze permettono di utilizzare le opportunità formative dell’infosfera per formarsi continuamente, affermarsi professionalmente, vivere sentendosi realizzati senza barriere di età, professione, territorio di appartenenza.
Come far si che queste competenze, le competenze dell’apprendere ad apprendere nell’infosfera per tutto l’arco della vita, diventino comuni a tutti gli studenti, cittadini, lavoratori? Questa è una sfida da vincere per evitare un nuovo grande divario sociale, quello che nell’800 era il divario tra chi sapeva leggere e scrivere e chi era analfabeta, sfida che ora si ripresenta come il nuovo divario tra chi ha evolute competenze per apprendere continuamente e chi non le ha, il nuovo analfabeta. È cambiato il contesto di apprendimento e la didattica della scuola e della formazione aziendale non possono più rimanere quelle dell’epoca industriale. Questa rivoluzione non coinvolge solo la scuola, ma tutte le organizzazioni e l’intera società perché, finita l’epoca della separazione tra una prima parte della vita dedicata allo studio e una seconda dedicata al lavoro, siamo entrati nell’epoca in cui la prima fase di studio getta le basi di un apprendimento che dovrà proseguire per tutto l’arco della vita.
Come cambia la didattica?
Alla base della nuova didattica vi è la consapevolezza che l’apprendimento non sarà più cumulativo, come nel passato, quando ogni nuova conoscenza ed esperienza si sommava alle precedenti e valorizzava il curriculum delle persone. In una società che procede per accelerazioni, salti, rotture e cambiamenti radicali, infatti, ci troviamo di fronte alla necessità di attivare rapidi apprendimenti di mondi nuovi e sconosciuti. Disapprendere, per lasciarsi alle spalle credenze, abitudini e modelli consolidati dall’esperienza, è allora una delle nuove abilità per acquisire l’agilità e la velocità necessarie.
La crisi che sta vivendo il mondo tradizionale della formazione è strettamente connessa a un’autorità basata prevalentemente sul potere della conoscenza, potere che viene meno nel mondo digitale, dove le informazioni sono sovrabbondanti, gratuite, anche se talvolta false e manipolative.
Quest’evoluzione sposta l’autorità del docente dal possesso di conoscenza, requisito minimo ma non più sufficiente per abilitare al ruolo di docente e formatore, all’autorità del metodo, il metodo per apprendere e far apprendere nell’infosfera, che docenti e formatori dovranno acquisire e insegnare.
L’aula non scomparirà, ma dovrà evolvere e ritrovare un suo specifico ruolo all’interno dei molteplici formati presenti nell’infosfera dell’apprendimento. Per raggiungere elevati standard di qualità dovrà ripensarsi, guardarsi intorno, integrarsi. Una molteplicità di fattori spinge verso questo cambiamento, alcuni sono legati a nuovi scenari organizzativi, altri introdotti dall’ondata tecnologica e dall’affermarsi di nuovi linguaggi che rendono obsolete le aule tradizionali.
Questo cambiamento non può essere improvvisato, perché passare dall’apprendimento passivo in aula o in e-learning a un apprendimento attivo, con una pluralità di fonti, format, contenuti, autoregolato, richiede tempo e acquisizione di cultura e metodo. I prossimi anni saranno gli anni della “didattica della coesistenza” dove convivranno attività tradizionali e attività fortemente innovative. Abbiamo visto che il ruolo del docente si baserà sempre meno sul potere della conoscenza e sempre di più sul potere del metodo, sulla capacità di formare i learner all’auto-apprendimento e al muoversi in autonomia tra le mille opportunità di sapere presenti nell’infosfera, interna ed esterna all’organizzazione, alla scuola, al centro di formazione professionale.
Il formatore dovrà quindi trasformarsi da erogatore di contenuti, pacchetti e cataloghi, in regista di processi di apprendimento e di condivisione della conoscenza, architetto di ambienti virtuali, animatore e regolatore delle dinamiche delle community di apprendimento. Un formatore sempre più socratico, designer, multimediale, coach. Vorrei sottolineare una potenzialità dei nuovi scenari ed andare controcorrente rispetto alle preoccupazioni prevalenti del momento: la nuova didattica a forte impronta digitale, se ben gestita e progettata, potenzierà l’interazione umana tra docente ed allievo, tra allievi ed allievi. La nuova didattica non può essere identificata con quella vissuta nell’emergenza Covid, dove si è stati costretti ad improvvisare una didattica a distanza senza preparazione, metodo, cultura. Il tempo che tradizionalmente viene dedicato alla lezione frontale, la parte più facilmente sostituibile dalle nuove modalità digitali, può essere liberato e investito nell’interazione, nella didattica attiva, nella valorizzazione delle diverse modalità di apprendimento, nella personalizzazione, nel confronto.
Quali sfide rimangono aperte?
La conclusione del testo Apprendere nell’infosfera è dedicata alle sfide, che sono molte e che ho lasciato naturalmente aperte, perché sono le sfide del nostro futuro che stiamo iniziando ad affrontare.
Platone, nel Fedro, più di 2000 anni fa, metteva in guardia sui rischi della scrittura: «la dimenticanza delle anime di coloro che la impareranno, perché fidandosi della scrittura si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro o da sé medesimi» (Platone, IV a.C.). Con la scrittura, però, ci lascia il suo immenso contributo.
Di fronte a quali nuovi rischi ci metterebbe oggi in guardia Platone? Del resto, ciò che stiamo vivendo, non è altro che il seguito della rivoluzione della scrittura, della stampa, dell’informatica.
Se ci osserviamo, vediamo che siamo ormai immersi in dispositivi che incorporano la nostra memoria, alleggerendone o non richiedendone più l’esercizio, che leggono i nostri comportamenti e vanno oltre il nostro io cosciente. Le nuove generazioni sono forse le ultime generazioni ad esercitare la scrittura a mano come forma di scrittura primaria. Presto sarà superfluo anche l’apprendere una lingua straniera, perché sono già pronti i traduttori simultanei tra qualunque lingua. Un cambiamento profondo, anche antropologico, con alcune zone cerebrali non più attivate e altre più stimolate. Nuovi esoscheletri della mente. Il lavoro di ricerca che ha accompagnato la scrittura del testo e la raccolta di testimonianze dei 14 “moderni navigatori della conoscenza”, hanno fatto emergere che siamo di fronte a comportamenti molto diversificati, percorsi diversi di apprendimento, di approccio alla tecnologia, con polarizzazioni, che rappresentano vere e proprie sfide, tra entusiasmo delle continue novità e preoccupazione sulla capacità di tenere il passo dell’innovazione, tra bisogno di fisicità ed esperienze virtuali, tra focalizzazione disciplinare ed espansione verso nuove conoscenze, tra fiducia e controllo, tra connessione continua e necessità di distacco. Ce ne sono tante altre: se, per muoverci nelle polarizzazioni utilizziamo la categoria del “o questa o quella” esse sono categorie apparentemente opposte, se invece proviamo a leggere i contrari con la forma mentis dell’infosfera, e proviamo a considerali come i poli di “un arco teso di contrari”, immersi in un continuum che ci permette di spostarci liberamente dall’uno all’altro, considerandoli come parte della nostra infosfera, possiamo generare una straordinaria energia progettuale per il nostro futuro. Come nel testo Lo zen e il tiro con l’arco (Herrigel, 1948), i nostri bersagli/obiettivi, individuali e collettivi, saranno centrati nel momento in cui acquisiremo la fluidità mentale, l’adattabilità e la comprensione dei segnali che ci arrivano dall’ambiente. Accoglieremo allora queste polarità come sfide aperte, terreno di riflessione e fonte di una grande energia per il nostro futuro.
Il futuro che si prospetta è un futuro ricco di opportunità. L’interazione umana nella relazione tra docente e studente, pur nell’interazione in ecosistemi di apprendimento ibridi, fisici e digitali, non scomparirà, anzi, se saremo in grado di cogliere le potenzialità che si stanno rendendo disponibili, potrà aprire una nuova stagione, che alcuni iniziano a definire di umanesimo digitale per la riaffermazione della centralità della persona.
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[1] L’analisi Transversal Competencies Essential for Future Proofing the Workforce può essere scaricata su: https://space.skilla.com/prodotto/whitepaper/competenze%20del%20futuro_eng.pdf [Ultima consultazione: maggio 2021].
[2] Dal sito ufficiale dell’Unione Europea: «ESCO è la classificazione multilingue delle qualifiche, competenze, abilità e professioni in Europa. ESCO, che fa parte della strategia Europa 2020, individua e classifica le abilità, le competenze, le qualifiche e le professioni rilevanti per il mercato del lavoro dell’UE e per l’istruzione e la formazione e mostra sistematicamente le relazioni tra i diversi concetti». Per la definizione ESCO di soft skill si rimanda a: www.ec.europa.eu/esco/portal/escopedia/Cross-sector_skills_and_competences [Ultima consultazione: maggio 2021].
Franco Amicucci, sociologo, formatore, docente. Autore di diverse pubblicazioni, tra le quali “La formazione fa Spettacolo” – Il Sole24ore e “Boundaryless Learning”, a cura di Franco Amicucci e Gabriele Gabrielli – Franco Angeli. Ha insegnato Sociologia della Comunicazione all’Università di Macerata e collaborato con Luiss Business School. Tra i pionieri della formazione eLearning in Italia, ha fondato nel 2000 Amicucci Formazione, ora Skilla, società presente, con la sua library online, in 50 paesi del mondo.