“Anita. Storia e mito di Anita Garibaldi” di Silvia Cavicchioli

Prof.ssa Silvia Cavicchioli, Lei è autrice del libro Anita. Storia e mito di Anita Garibaldi edito da Einaudi. Di Anita Garibaldi esiste lo stereotipo della guerriera indomita, compagna dell’eroe romantico per antonomasia: quanto sappiamo realmente di lei?
Anita. Storia e mito di Anita Garibaldi, Silvia CavicchioliSappiamo che Ana Maria Ribeiro da Silvia nacque nel 1821 nella provincia del Rio Grande do Sul, in Brasile, da un mandriano e da una sarta, terza di molti figli, e condusse un’esistenza povera, uguale a quella di molte sue coetanee, intenta a badare ai fratelli più piccoli e poi, con la morte del padre, data in sposa a soli 14 anni a un calzolaio per alleggerire il carico della famiglia. Donna; povera; in grado di scrivere solo il suo nome e poco più; scomparsa prematuramente a soli 28 anni: sono queste le condizioni di partenza che rendono davvero difficile risalire a qualche traccia documentaria che non sia la tradizione orale e aneddotica della sua terra d’origine. Sin dalle prime rappresentazioni, la figura di Anita si è prestata dunque più facilmente al genere agiografico che non all’analisi storica. Ma certamente, dall’insieme delle descrizioni in nostro possesso, se ne trae l’immagine di una donna forte, libera, anticonformista. Una donna coraggiosa, pronta a combattere e determinata a sopportare le fatiche della lotta, degli spostamenti continui, della mancanza di agi.

Quando e come Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva diventa Anita Garibaldi?
Se vogliamo seguire la narrazione delle Memorie di Garibaldi, il momento preciso è quando il condottiero l’avvista dal ponte della sua imbarcazione, ormeggiata nel porto di Laguna: è un incontro che viene descritto come fatale, ineluttabile, a dire della predestinazione di due anime avventurose che in quel momento intrecciavano per sempre i loro destini. Anita da quel momento lo seguirà ovunque, in posizione paritaria, quale donna coraggiosa, infaticabile e sempre pronta a combattere, nelle lotte sudamericane e poi, una volta arrivati in Europa, nelle campagne per l’indipendenza italiana. Compagna, moglie, madre dei suoi figli maggiori: come tale, ma secondo rappresentazioni anche molto diverse fra loro, Anita entrerà di diritto nel pantheon del Risorgimento nazionale, a sua volta Heroína dos dois Mundos, accanto a uno degli uomini più importanti dell’intera storia moderna.

Quali sono le principali vicende della vita di Anita Garibaldi?
Procedendo in ordine cronologico, sono la lotta per la rivoluzione farroupilha (la rivoluzione “degli straccioni”); la lunga esperienza dell’assedio di Montevideo; la partenza per l’Europa, alla fine di dicembre 1847, da sola con i tre figli piccoli (Garibaldi l’avrebbe raggiunta a Nizza qualche mese più tardi). quindi gli spostamenti, accanto a Garibaldi, nell’Italia del 1848-1849, tra cui la condivisione della preparazione militare della legione garibaldina a Rieti e la decisione, nel giugno 1849, di partire da sola da Nizza, lasciandovi i figli presso la suocera, per raggiungere Roma dove il marito stava combattendo per la difesa della repubblica romana. Infine la ritirata dalla città eterna, e il lungo, faticoso e pericoloso viaggio, a cavallo, e al quinto mese di gravidanza, attraverso l’Italia centrale e verso Venezia; e la morte, a Mandriole, nei pressi della laguna di Comacchio.

Quando e come si sviluppò il mito di Anita?
È questo l’argomento centrale del libro. L’ascensione di Anita nella mitografia garibaldina aveva inizio col momento della morte: incastonata nell’attimo sacrificale, l’immagine di Anita dolente, narrata e raffigurata nel momento dell’agonia finale e della morte, traduceva e rappresentava il dolore di Garibaldi, che restava in vita e continuava a combattere. Anita morente era il sacrificio di Garibaldi, il suo martirio. Solo in un secondo tempo il racconto di Anita si arricchiva dell’immagine dell’amazzone impavida e combattente intrepida, generata dall’involucro oleografico delle memorie di Garibaldi, e con tratti assai più evidenti nella versione affidata all’estro narrativo di Dumas che trasformò la brasiliana nel perfetto contraltare femminile dell’eroe romantico. La ricostruzione dei tanti percorsi della memoria perseguita da questa ricerca non poteva che concludersi con la definitiva consacrazione del mito di Anita operato dal fascismo, che si basava su una nuova immagine pubblica di Anita, quella di «eroina dell’amore», che depotenziava l’immagine avventurosa e rivoluzionaria della donna a favore di aspetti più convenzionali e tradizionali, facendone «uno dei più compiuti tipi della devozione femminile», un modello di madre virtuosa, pronta a sacrificarsi per amore del marito e dei figli.

Ma la storia di Anita Garibaldi non ha mai finito di incantare e appassionare. Le sono state intitolate strade, lungomare panoramici, specie arboree; le hanno dedicato canzoni, poesie, fumetti, opere teatrali, soap operas. Dal 2012 il suo nome, grazie a una legge federale firmata dalla presidente della Repubblica brasiliana Dilma Rousseff, è stato incluso nel Libro degli eroi della patria, dove sono «registrati eternamente i brasiliani che hanno dato la vita alla patria con dedizione ed eroismo»; mentre a Nizza, a partire dall’inizio degli anni 2000, un gruppo di storici si è fatto promotore della rivisitazione memoriale del personaggio di Anita, facendone un elemento identitario forte di ciò che viene chiamata “Nissartitude”. Tutto questo a dire dell’internazionalità di un mito davvero imperituro.

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