“L’Andria di Terenzio. Commento filologico-letterario” a cura di Carmela Cioffi

Prof.ssa Carmela Cioffi, Lei ha curato l’edizione e il commento filologico-letterario all’Andria di Terenzio, pubblicata dalle Edizioni della Normale: quale importanza storico-letteraria riveste l’opera del commediografo romano?
L'Andria di Terenzio. Commento filologico-letterario, Carmela CioffiA Roma, così come ad Atene, il teatro rivestiva un’importanza “politica” ed “etica” certamente più sentita di quella attuale e la prima produzione letteraria latina si lega inevitabilmente al mondo della messa in scena: il famoso Livio Andronico, con cui la letteratura latina convenzionalmente inizia, è non a caso una figura connessa sotto vari aspetti al teatro.

Rintracciando le differenze fra la produzione di Terenzio e quella dei suoi predecessori prossimi (intendo dunque Plauto), anche in base alle notizie circa i successi e gli insuccessi delle sue rappresentazioni, si ha la possibilità di constatare anche i cambiamenti politico-sociali della società romana, le nuove esigenze del pubblico. Questo dà la misura dell’importanza storica della sua opera.

Sul piano letterario Terenzio rappresenta nella storia della Letteratura latina l’imporsi di modelli ellenistici (in primo luogo Menandro) in uno stile più sorvegliato e “urbano”, sul piano linguistico, di quello che si riconosce in Plauto: una lezione che i maestri delle scuole conservarono e proposero agli allievi per tutta l’età classica, tardoantica, medievale e umanistica. Fra l’altro, fu proprio attraverso il filtro di Terenzio che entrarono nel canone della cultura latina e quindi europea alcune massime straordinariamente fortunate come “Obsequium amicos, veritas odium parit” e “nequid nimis” (nell’Andria) o “Homo sum; humani nihil a me alienum puto” (nell’Heautontimorumenos). Più che un modello di teatro e di drammaturgia (in un genere il cui successo stava per tramontare), Terenzio diventerà un modello quanto mai equilibrato di lingua e di letteratura capace di rappresentare i caratteri.

Come si sviluppa la commedia e chi ne sono i protagonisti?
La commedia specifica prende il nome da una fanciulla, Glicerio, che nel corso dei dialoghi viene definita come “la ragazza dell’isola di Andro”, dunque il titolo “Andria”. L’amore di Panfilo, un giovane romano, per la straniera Glicerio è ostacolato dal padre anziano (Simone), che invece avrebbe un altro piano per il figlio (Panfilo): un matrimonio con Filumena, figlia di Cremete. A muovere la macchina comica è il servo (Davo): egli ha l’incarico di aiutare il padroncino a non separarsi dall’amata, inventando tranelli e imbrogli d’intralcio al vecchio padrone.

Tutto inizia quando Simone scopre che il figlio intrattiene una relazione clandestina con Glicerio benché già promesso sposo a Filumena. Oltre al padre la notizia arriva alle orecchie di Cremete, che quindi decide di negare a Panfilo la mano della figlia. Il padre tuttavia non sa quali intenzioni abbia il figlio ossia se considera Glicerio solo un amore a breve termine prima del matrimonio o invece, come teme, qualcosa di più serio e vincolante. L’unico modo per scoprirlo è inscenare un falso matrimonio e così capire come reagisce il figlio. Panfilo è sul punto di confessare tutto al padre e rifiutarsi di ubbidire, ma Davo scopre che il matrimonio è solo una messinscena, per cui convince Panfilo ad accettare: non sarebbe infatti accaduto nulla. L’idea di Davo non è di successo: Simone, infatti, dopo il “sì” del figlio riesce a far cambiare posizione anche a Cremete: il matrimonio prima “falso” rischia di concretizzarsi sul serio. Per un puro imprevisto Simone assiste al parto o, per meglio dire, al postparto di Glicerio, la straniera amata da Panfilo, che di Panfilo era appunto incinta. Una cosa simile rischierebbe di nuovo di far annullare le nozze programmate, ma Simone non se ne preoccupa: pensa infatti che quella del parto sia solo una farsa ideata dallo schiavo per allontanare da Simone e dalla sua casa una volta e per sempre il padre di Filumena.

Il parto, però, è vero e Davo decide di sfruttarlo a proprio vantaggio usando proprio il bambino come carta vincente: basterebbe porre Cremete di fronte al fatto reale e concreto, il neonato. E succede appunto questo. Cremete per la seconda volta annulla le nozze.

Il punto di svolta è sancito dall’entrata in scena di un nuovo personaggio: Critone, un uomo di Andro, che di Glicerio sapeva molto. Un suo parente, infatti, aveva ospitato Glicerio e lo zio della ragazza dopo il naufragio che questi aveva subito. Grazie alle sue informazioni non solo si scopre che Glicerio è cittadina romana, ma anche figlia dello stesso Cremete. Il matrimonio fra Glicerio e Panfilo a questo punto non trova più ostacoli.

Quali vicende hanno segnato la storia della tradizione della più antica delle commedie terenziane?
L’Andria fu rappresentata per la prima volta nel 166 a.C. Fu molto apprezzata da Cicerone, che la cita spesso come modello stilistico-retorico. La lingua e lo stile resero Terenzio ben presto un autore di “scuola” (oggi si direbbe “da manuale”) per l’apprendimento del corretto latino. Non è un caso che un grammatico famoso del IV d.C., Elio Donato, decida di produrre un commento a Terenzio, verosimilmente come materiale di sussidio per i suoi studenti.

Diretta conseguenza di questo successo è il numero di manoscritti di epoca carolingia e umanistica che ci trasmettono le sue opere, spesso arricchiti da glosse marginali ed interlineari. Si tratta però di testimoni non del tutto affidabili per la ricostruzione del testo “originario” di Terenzio: corrotti, spesso emendati ope ingenii se non addirittura contaminati.

Un altro filone di tradizione è rappresentato dal noto “Bembino”, un testimone del IV/V d.C., la cui qualità testuale lo rende molto prezioso. Purtroppo è privo quasi tutta l’Andria, di cui conserva solo i versi finali, a partire dal v. 888.

Uno degli episodi più interessanti della storia della tradizione è rappresentato dal doppio finale della commedia, noto come alter exitus: alcuni manoscritti (di secc. XI-XV) presentano circa 20 versi in più rispetto alla commedia originale, in cui si celebra il matrimonio fra due co-protagonisti della commedia, Carino e Filumena. Ancora si discute a quando risalga l’interpolazione: probabilmente nel II sec. d. C., forse in occasione di una nuova rappresentazione.

Quali caratteristiche presenta l’opera?
Prima di tutto direi “l’effetto sorpresa”, benché sia una caratteristica non specifica dell’Andria ma di tutte le sei commedie: Plauto raccontava nei prologhi cosa sarebbe successo nella commedia, Terenzio adopera il prologo per riflessioni metapoetiche e per difendere la sua arte dai detrattori. In termini moderni si può dire che Terenzio non è uno spoiler come il predecessore.

Un tratto peculiare dell’Andria è certamente il gioco metateatrale, che entra pienamente nell’azione e la trasforma: Simone è ossessionato dallo schiavo, dai suoi piani e dalla finzione. Questa ossessione è dovuta alla sua coscienza metateatrale: ossia nella coscienza dei motivi e delle dinamiche che agiscono in commedia: egli è convinto che Davo, come tipico dei servi astuti, prenderà le parti del padroncino e proverà ad orchestrare qualcosa a suo danno (An. 159 sgg.), ed appena si confronta con una situazione inattesa è di conseguenza indotto a darle un’interpretazione sbagliata. Terenzio in ultima istanza usa il personaggio di Simone per muovere critiche ad un teatro che si nutriva di tecniche alquanto abusate e tópoi collaudati.

Le commedie latine presentano non poche contraddizioni ad un’analisi logico-strutturale del plot: per queste nella bibliografia sono state addotte diverse motivazioni, non da ultimo un cattivo “riadattamento” del modello greco ovvero un cattivo raccordo dei modelli greci su cui il commediografo scriveva il pezzo latino. Ebbene, direi che anche le contraddizioni caratterizzano questa commedia: queste si annidano tanto nella coscienza dei personaggi, quanto nella logica dell’azione.

Quali peculiarità si riscontrano nel testo terenziano?
Il modello greco di Terenzio è Menandro, dunque incontriamo un teatro meno “comico” ma più “etico”: i personaggi sono di conseguenza privi della paradossalità plautina (mi riferisco soprattutto alla figura dello schiavo), ma risultano tratteggiati sulla base del criterio del “verosimile”. In qualsiasi Storia della Letteratura si fa cenno alla “ricerca psicologica terenziana”.

Altro tratto tipicamente “terenziano”, per lo più da leggersi come conseguenza del modello comico di riferimento, è la riduzione della varietà musicale e metrica, della ricerca della battuta e, soprattutto, dall’assenza del gioco verbale plautino.

Ed ancora: il prologo “apologetico”: Terenzio scrive il prologo per difendersi dalle accuse di poeti detrattori. Che queste accuse sia vere o siano finte, attraverso la sua apologia Terenzio parla della sua “arte”. Nessuno prima di lui aveva rifunzionalizzato il prologo in questi termini o comunque nessuno prima di lui in modo così consapevole. Gli avversari (nello speciifico un certo Luscio di Lavunio) accusavano Terenzio di “contaminatio”: di scrivere il suo pezzo teatrale facendo ricorso non ad una bensì a due commedie greche, intrecciandone la trama. Terenzio risponde dicendo di non essere il primo ad avere introdotto questa tecnica, che lo precedono addirittura Nevio, Ennio e Plauto. Per questi ultimi ed anche per Plauto, non abbiamo prove sufficienti. Dice la verità il poeta Terenzio? Non si sa. E se così non fosse la tecnica del doppio modello e della doppia trama diventerebbe un suo proprio tratto peculiare.

Carmela Cioffi si è formata alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha ottenuto il dottorato di ricerca in Letteratura e filologia latina. Ha vinto varie borse di ricerca post-doc in Germania; ha insegnato alla Federico II di Napoli ed attualmente lavora al Thesaurus Linguae Latinae di Monaco di Baviera. Fra le pubblicazioni più importanti si ricorda l’edizione ed il commento del Commentum di Elio Donato, all’Andria di Terenzio e il recente volume di commento all’Andria. Ha scritto anche su Lucano, Marziale, sul Bellum Africum e su argomenti lessicografici. Al momento lavora al commento linguistico-interpretativo dei tituli degli epigrammi di Marziale.

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