“Anche le cicale sanno contare” di Guido Trombetti e Carlo Nitsch

Anche le cicale sanno contare, Guido Trombetti, Carlo NitschProf. Guido Trombetti, Lei è autore con Carlo Nitsch del libro Anche le cicale sanno contare edito da Salerno: che nesso c’è tra cicale e matematica?
Magicicada è il nome della specie descritta nel primo capitolo del libro. Vive esclusivamente in Nord America, ed è in certo senso unica al mondo perché gli adulti sono perfettamente sincronizzati ed emergono tutti contemporaneamente solo una volta ogni 13 o 17 anni. Si tratta di due numeri che non possono passare inosservati, sono numeri primi. Le ragioni? Ancora in parte sconosciute costituiscono un enigma dalle mille spiegazioni tutte controverse.

Le cicale sono solo uno dei tanti esempi affascinanti in cui i numeri primi compaiono in natura quasi magicamente. Difficile immaginare che sia solo un caso.
Se una famiglia di cicale emerge ogni 13 anni ed una ogni 17, si incontreranno solo una volta ogni 221 anni. È possibile immaginare svariati motivi per cui questo risulti vantaggioso dal punto di vista evolutivo, ma qui si entra nel campo della biologia e non spetta ai matematici fornire spiegazioni.
Per i nostri scopi le cicale sono un espediente per presentare una favola, quella dei numeri primi. Ciò che proviamo a fare è cercare di aprire una piccola finestra su questo universo sconfinato, nella speranza che il lettore, appassionato o meno di matematica, affacciandosi possa apprezzarne la bellezza. Non è richiesta alcuna conoscenza approfondita, nessuno strumento raffinato, il libro è indirizzato a chiunque abbia un minimo di curiosità.

Quello di numero primo è un concetto che prescinde dall’ingegno umano?
Decisamente sì e l’esempio delle cicale lo evidenzia. Prima ancora che l’uomo iniziasse a contare, la natura conosceva i numeri primi e li “adoperava” – se così possiamo dire – per perseguire i suoi scopi. Nel caso delle cicale, ad esempio, i numeri primi sembrano essere la chiave per la sopravvivenza di una specie, nella corsa a perdifiato della selezione naturale.
I numeri primi sono i mattoni dell’aritmetica. Moltiplicandoli tra loro si ottengono tutti gli altri numeri. Sono come la tavola periodica degli elementi per un chimico. Qualsiasi essere pensante, che abiti un pianeta di un sistema solare di una qualunque galassia, se è in grado di contare si imbatte nei numeri primi.

La matematica in questo senso è universale, una caratteristica che è comune solo a pochi aspetti del sapere umano.
Se ad esempio volessimo comunicare a distanza con una civiltà aliena, ci troveremmo di fronte alla necessità di concordare una lingua. La matematica è una lingua ed è forse la migliore candidata. Già mezzo secolo fa, con il lancio delle prime sonde interstellari, la comunità scientifica si è posta il problema di come fare per comunicare con qualcuno di cui non si conosce nulla. Non sorprende che in molti di questi tentativi i numeri primi svolgano un ruolo fondamentale proprio perché sono universali.
Sto pensando ad esempio al messaggio inviato dal radiotelescopio di Arecibo nel 1974. Ma anche al film Contact – dall’omonimo romanzo del 1985 di Carl Sagan – interpretato da Jodie Foster e Matthew McConaughey.

In che modo la crittografia è alla base del web?
La crittografia entra nel web in tanti di quei modi che risulta quasi impossibile catalogarli. Si va dall’home banking, alla posta elettronica, passando per la messaggistica istantanea e in generale ovunque vi sia uno scambio di dati sensibili. Ma mi permetta di precisare che se è vero che la crittografia è alla base del web, in un certo senso il web è alla base della crittografia. Il web infatti ha fornito una spinta decisiva nella ricerca in questo campo.

La crittografia ha radici molto antiche. In passato chi doveva comunicare in segreto, anche a distanza, poteva sempre trovare un modo per scambiare in privato una password o accordarsi su un metodo di cifratura.
Durante la guerra i tedeschi usavano la celeberrima macchina Enigma. Era presente in tutti i sottomarini. Ma per essere utilizzata, quando questi salpavano dalla Germania portavano con loro le password da adoperare giorno per giorno. Password che erano state concordate. Un altro esempio è quello delle spie sovietiche durante la guerra fredda. Uno dei codici più famosi è il codice Vernam, considerato ancora oggi inviolabile. Ma anche questo richiedeva che la spia ricevesse un taccuino con le password necessarie ad ogni comunicazione. Prima del secondo dopoguerra c’è sempre stato un momento in cui chi doveva cifrare e chi doveva decifrare si incontravano in segreto e potevano accordarsi sulle password da utilizzare.

La crittografia negli ultimi decenni però ha dovuto rispondere ad una necessità nuova. Ogni giorno il web mette in comunicazione persone che non si sono mai incontrate prima e che nella maggior parte dei casi non si incontreranno mai e per questo non possono accordarsi in privato e non possono scambiarsi taccuini con password. Tutto quello che si dice sul web è pubblico perché attraversa una rete di computer.
È possibile rendere sicura una comunicazione pubblica? Esistono metodi di criptazione che non necessitino lo scambio segreto in anticipo di una password? La risposta è sì, e i primi sistemi di questo tipo – ancora oggi tra i più utilizzati – fanno uso proprio dei numeri primi.

Matematica e letteratura possono incontrarsi?
Matematica e letteratura non si sono mai separati. Se pensiamo solo alla lingua italiana gli esempi non si contano. La lingua italiana non fa in tempo a nascere che Dante Alighieri fa un uso smodato della matematica. Dalla geometria all’aritmetica, passando per la logica. La matematica è utile a Dante, ad esempio, per esprimere l’idea di impossibile, quella di infinito, il concetto di rigoroso e quello di illogico.
Ma se la letteratura omaggia la matematica con continui riferimenti. La matematica non è da meno. Calvino sostiene che Galileo Galilei sia stato il più grande scrittore italiano e dice: «Galileo usa il linguaggio non come uno strumento neutro, ma con una coscienza letteraria, con una continua partecipazione espressiva, immaginativa, addirittura lirica.»

Nel nostro libro il capitolo finale si intitola “Anche i poeti sanno contare”. Ovviamente abbiamo dovuto fare una scelta e ci siamo concentrati su un autore in particolare: Dino Buzzati. Nel racconto “I sette messaggeri” la matematica è dietro le quinte, regge la scena, non compare mai, ma è uno strumento necessario alla narrazione per rappresentare lo scorrere lento ma inesorabile del tempo. Nascondere la matematica senza nascondersi dalla matematica, questo è secondo noi il segreto del racconto. Ovviamente il capitolo finisce con un riferimento ad alcune terzine della Divina Commedia, perché rappresenta senza dubbio l’esempio più significativo di incontro tra matematica e letteratura.

Come è possibile superare la paura e l’avversione per la matematica?
Domanda da un milione di dollari. La paura per la matematica, come quasi tutte le paure, la si vince con la conoscenza.
Le difficoltà maggiori con la matematica sono soprattutto dovute ad un ostacolo enorme. La matematica usa un linguaggio che non è quello comune. Per comprenderla quindi bisogna prima di tutto imparare una nuova lingua.
Un testo in cui si fa divulgazione deve, ove possibile, cercare di tradurre nel linguaggio comune. Purtroppo non è sempre possibile. Ma quando il lettore si rende conto che in fondo, dietro parole spesso complicate si nascondono idee semplici, la paura svanisce.

La matematica ha anche un altro problema: i matematici. Questa disciplina è tristemente nota per essere formale e rigorosa. La sua forza è in questo. Guai se non lo fosse! Ma se vuoi portarla a conoscenza di un pubblico più ampio devi necessariamente apportare delle semplificazioni e sacrificare in parte il rigore formale. Questo i matematici non lo sanno sempre fare. Per noi è contro natura.
In questo senso ci siamo messi alla prova. Abbiamo fatto uno sforzo per rendere accessibile ciò che normalmente non è, e chiediamo al lettore un atto di fiducia per concederci un tentativo.

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