“Amleto” di William Shakespeare: riassunto trama

Amleto, William Shakespeare, riassunto, tramaAmleto, tragedia in cinque atti composta tra il 1600 e il 1608, è senza dubbio una delle opere teatrali più note di William Shakespeare.

In una buia notte d’inverno, un fantasma sta camminando sui bastioni del castello di Elsinore, in Danimarca. Il fantasma, che viene prima visto da due sentinelle e poi dal giovane Orazio, mostra le sembianze del re Amleto, recentemente scomparso. Alla morte del monarca, la moglie, Gertrude, si è rapidamente risposata con il fratello, Claudio, che ha ereditato il trono. Tale comportamento ha disgustato il principe Amleto, appena tornato al castello per piangere la morte del padre. Ed è al principe Amleto che si rivolge il fantasma: questi non solo gli conferma di essere lo spirito del re defunto, ma gli rivela di essere stato assassinato proprio da Claudio che ha poi usurpato il trono. Ordina quindi al principe di vendicarlo e poi, al sorgere dell’alba, scompare.

Il principe Amleto è intenzionato a vendicare la morte del padre, ma la sua natura contemplativa e malinconica lo induce a temporeggiare e a scivolare pian piano in un profondo stato di prostrazione che rasenta la follia. Claudio e Gertrude, preoccupati per lo strano comportamento del ragazzo, lo fanno sorvegliare da due suoi amici, Rosencrantz e Guildenstern. Poiché il Ciambellano, Polonio, ha suggerito a Claudio che la pazzia del ragazzo possa essere dovuta a un folle amore per sua figlia, Ofelia, il re decide di appostarsi per capire che cosa si dicano i due ragazzi. Origliando, Claudio sente un complesso monologo del principe che potrebbe confermarne la pazzia (è infatti qui che Amleto pronuncia il celeberrimo “Essere, o non essere, questo è il dilemma: / se sia più nobile nella mente soffrire / colpi di fionda e dardi d’oltraggiosa fortuna / o prender armi contro un mare d’affanni / e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire… / nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine / al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali / di cui è erede la carne: è una conclusione /da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. / Dormire, forse sognare”), ma si convince che tale follia non sia legata all’amore per Ofelia. Il principe, infatti, nel corso del colloquio le ordina persino di entrare in convento: “Va’ in un convento. Perché ti vuoi fare / procreatrice di peccatori?”.

Nel frattempo arriva ad Elsinore una compagnia di attori itineranti. Amleto coglie l’occasione per elaborare uno stratagemma per costringere lo zio a confessare l’assassinio del padre. Chiede agli attori di mettere in scena una situazione simile a quella che immagina essere stata l’uccisione del re e in effetti, nel momento in cui tale scena viene rappresentata, Claudio balza in piedi ed esce precipitosamente dalla sala. Convinto che questo comportamento sia un’ammissione di colpevolezza, il principe lo segue per ucciderlo, ma lo trova assorto in preghiera e decide di rimandare la vendetta. Claudio, che ora teme per la sua vita e diffida di Amleto, decide di spedire al più presto il ragazzo in Inghilterra.

Il principe decide allora di affrontare sua madre Gertrude. Si reca nella sua stanza ma, non appena entrato, coglie un movimento furtivo dietro un arazzo. Convinto che si tratti dello zio usurpatore, lo trafigge con la spada. Appurato che si trattava invece di Polonio, Amleto viene rapidamente mandato in Inghilterra e posto sotto scorta di Rosencrantz e Guildenstern ai quali in realtà Claudio ha ordinato di ucciderlo.

Intanto, saputo della morte del padre, la giovane Ofelia impazzisce per il dolore e si getta nel fiume, dove annega: “Le sue vesti, gonfiandosi sull’acqua, / l’han sostenuta per un poco a galla, / nel mentre ch’ella, come una sirena, / cantava spunti d’antiche canzoni, / come incosciente della sua sciagura / o come una creatura d’altro regno / e familiare con quell’elemento. / Ma non per molto, perché le sue vesti / appesantite dall’acqua assorbita, / trascinaron la misera dal letto / del suo canto a una fangosa morte”. Il fratello, Laerte, che risiedeva in Francia, fa ritorno ritorno in Danimarca, furioso per la morte del padre e della sorella; viene però convinto da Claudio a considerare Amleto il responsabile di entrambi i delitti.

Ben presto, contro ogni previsione di Claudio, Amleto ritorna in Danimarca: pare infatti che la sua nave, diretta in Inghilterra, sia stata attaccata dai pirati. A Claudio non resta quindi che ricorrere a Laerte per uccidere Amleto. Escogita allora un piano che consiste nel coinvolgere i due ragazzi in un incontro di scherma apparentemente giocoso: in realtà il re avvelenerà sia la lama di Laerte sia il calice a cui Amleto potrebbe bere durante lo scontro.

Amleto rientra al castello proprio mentre si stanno svolgendo i funerali di Ofelia. Devastato dal dolore, confessa a Laerte di aver sempre amato la ragazza: “Questo: che Amavo Ofelia; / e ad eguagliare il conto del mio amore / quarantamila fratelli che insieme / potessero sommare quello loro / non basterebbero”. È proprio in quel momento che i due ragazzi vengono invitati a giocare la partita di scherma.

Durante l’incontro le cose però non vanno secondo il piano progettato da Claudio. Non solo Amleto rifiuta di bere dal calice che gli viene offerto, ma anzi è Gertrude che vi intinge le labbra e cade quindi a terra morta. Laerte ferisce Amleto con la spada avvelenata, ma inavvertitamente ferisce anche se stesso: mentre sta morendo, confessa al principe che è stato Claudio l’artefice del piano che ha causato la morte della regina. Amleto trafigge quindi Claudio, prima di cadere a sua volta ucciso dal veleno.

Sulla scena arriva Fortebraccio, un principe norvegese, insieme ad alcuni ambasciatori dall’Inghilterra, che riferiscono che Rosencrantz e Guildenstern sono morti. Fortebraccio, stupito della scena che si trova davanti – l’intera famiglia reale giace infatti morta di fronte a lui – decide di prendere il potere del regno. Orazio, ubbidendo all’ultima richiesta dell’amico, racconta a Fortebraccio tutta la tragica storia del principe Amleto e Fortebraccio ordina che il corpo di Amleto sia portato via “così come s’addice ad un soldato: / perché se fosse stato lui sul trono, / si sarebbe mostrato un buon sovrano”.

Silvia Maina

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