
Come è cambiato lo stile comunicativo dell’ideologia etnonazionalista?
Nel corso degli ultimi decenni, l’ideologia etnonazionalista ha spesso cambiato volto. In passato riprendeva la simbologia del Ku Klux Klan e talvolta anche quella nazista (basti pensare alla galassia skinhead). Ora la bandiera confederata e la croce uncinata, sebbene non siano scomparse, vengono esibite molto meno. I gruppi della destra reazionaria, che hanno conosciuto un’impressionante proliferazione sulle piattaforme digitali, preferiscono piuttosto adoperare un linguaggio allusivo. Talvolta l’utente meno informato, visitando i loro siti internet, potrebbe avere l’idea di trovarsi di fronte al classico bagaglio concettuale conservatore. Spesso i connotati razzisti si possono cogliere solo tra le righe. Nella stessa direzione, non di rado, si è trasformato anche lo stile comunicativo della destra repubblicana. Per anni, ad esempio, Donald Trump ha fatto riferimento all’ipotesi, cavalcata dalla destra “nativista”, che Barack Obama non sia nato negli Stati Uniti, e che pertanto sia stato illegittimamente presidente (l’unica carica per la quale è previsto tale requisito). Trump, in questo e in diversi altri casi nei quali ha cavalcato le teorie della destra reazionaria, non l’ha sostenuto in modo aperto ed esplicito. Si è limitato a esprimere il dubbio, con formule del tipo “Molta gente lo dice…”. Analogamente diversi esponenti politici della destra repubblicana e dei media conservatori, come Fox News, hanno talvolta alluso, pur senza una compiuta formulazione, a immaginari complotti contro i bianchi, tra cui la teoria della “sostituzione”, ipotesi cospirativa in base alla quale vi sarebbe un consapevole progetto, coltivato da gruppi elitari (democratici e progressisti), di “sostituire” la popolazione bianca statunitense con i neri e con gli immigrati. Attraverso queste strategie comunicative, dunque, si sta realizzando una saldatura tra destra reazionaria e destra del Partito repubblicano intorno ai temi della cosiddetta ideologia etnonazionalista.
Quali trasformazioni hanno segnato la storia della destra reazionaria americana, dal Ku Klux Klan ad oggi?
Alcuni messaggi sono rimasti sostanzialmente gli stessi, a partire dall’idea che il paese stia perdendo la propria anima e che la dignità della popolazione bianca sia stata calpestata. Alla base di questa narrazione vi è evidentemente il risentimento e il rimpianto per un passato mitizzato. Nel tempo, inoltre, sono stati individuati nuovi nemici: ai neri e ai cattolici, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, si sono aggiunti gli ebrei e gli immigrati provenienti da paesi dell’Europa mediterranea come Italia e Grecia; si è passati poi a connotare il nemico sul piano ideologico, con il comunismo, e religioso, con l’islamismo. Infine non è mancato, e non manca, il genere: l’emancipazione femminile, infatti, è anch’essa considerata un fattore che ha causato l’arretramento dell’America bianca. Al femminismo si imputa la colpa di avere indebolito l’orgoglio e la virilità del maschio bianco, e questa, secondo molte voci della destra reazionaria, sarebbe una delle cause del declino demografico dei bianchi e dell’aumento di matrimoni “interrazziali”.
Che forme assume il fenomeno politico della Alt-Right?
L’odierna Alt-Right (alternative right) non è un gruppo organizzato e strutturato. Si tratta piuttosto di un movimento dai contorni sfumati, nato, tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, sul piano filosofico e sviluppatosi poi attraverso la rete digitale. L’ispirazione proviene dalla Nouvelle Droite francese e da Alain de Benoist: l’idea di fondo è che questa nuova destra non si debba porre l’obiettivo irrealistico di arrivare al potere in tempi rapidi, bensì che debba partire dalla conquista di uno spazio crescente sul piano culturale. Viene dunque proposta una formulazione “di destra” della teoria gramsciana dell’egemonia. Su tali basi la Alt-Right si è innanzitutto focalizzata sulla “metapolitica”, parola adoperata per riferirsi a un ambito filosofico, morale e di “mentalità”, che “precede” la politica. A questo punto però, negli ultimi due decenni, la Alt-Right ha anche scoperto le potenzialità della comunicazione digitale e così si è popolarizzata: dalle discussioni filosofiche è passata al linguaggio allusivo, ai messaggi rapidi e non argomentati circolanti oggi sui social network. Ha dunque proseguito su questo piano e in queste nuove forme le proprie battaglie: contro il femminismo, contro il politically correct, contro il multiculturalismo. Alle trasformazioni politiche, sociali e culturali prospettate dalla sinistra e dal progressismo a partire dagli anni Sessanta, la Alt-Right contrappone il mito di un etnostato bianco.
Il cospirazionismo rappresenta un terreno fecondo per la destra reazionaria americana: quali sono le più diffuse teorie cospirazioniste della destra reazionaria americana?
In tutta la storia degli Stati Uniti le teorie della cospirazione hanno avuto grande diffusione, a partire dall’idea di una “cospirazione britannica” contro la libertà delle colonie nordamericane, che alimentò la Rivoluzione di fine Settecento. Emerse poi il mito di una cospirazione “papista”, in base al quale l’immigrazione cattolica (come quella irlandese) fu considerata strumento del pontefice romano per asservire l’America. Dopo la Guerra civile, come si è già detto, una delle narrazioni che connotarono la reazione bianca all’abolizione della schiavitù fu, inoltre, la teoria della “sostituzione”. Seguirono, nel corso del Novecento, l’ossessione per un complotto comunista, le varie versioni del mito di un “nuovo ordine mondiale” concepito da élite cosmopolite e antipatriottiche (nelle quali un ruolo di primo piano è stato spesso attribuito agli ebrei). Arriviamo infine a QAnon: il nemico, questa volta, è la “Cabala”, una setta di satanisti che include i vertici del Partito democratico, il deep state (ovvero la burocrazia pubblica), star di Hollywood. Sbarcate sulla rete digitale, le teorie della cospirazione della destra reazionaria hanno perso definizione, sono più sfumate, cangianti, declinabili in versioni soft (QAnon, in tal senso, si adatta a una molteplicità di “letture”), e per questo riescono a permeare maggiormente il discorso pubblico, anche quando non compaiono in modo aperto ed esplicito.
Quale futuro, a Suo avviso, per la politica americana?
Non mi pare che ad oggi siano state messe in campo strategie vincenti per una svolta nella politica americana di fronte all’odierna esasperata polarizzazione del dibattito pubblico. Negli ultimi anni il Partito democratico statunitense non ha offerto un’immagine di forza e continua a essere condizionato dalle divisioni tra le sue diverse anime. La presidenza di Joe Biden ha attraversato fasi di inefficacia ed è stata ampiamente criticata per non aver saputo focalizzarsi correttamente sulle priorità così come sono percepite dall’elettorato. Un lodevole sforzo di battaglia culturale contro il decadimento del discorso politico e la diffusione di cospirazionismo e razzismo è provenuto dai grandi quotidiani, come il “New York Times”, il cui raggio d’azione è tuttavia limitato a minoranze istruite. Oltre tutto, la denuncia da parte delle élite culturali della sinistra di un onnipresente razzismo e maschilismo nella società americana è stata sfruttata a destra per affermare che il progressismo è imbevuto solo di retorica dei diritti, ma lontano dai bisogni concreti delle persone. Infine, una delle più insidiose sfide per il futuro della democrazia americana (e chiaramente non solo di quella americana) è rappresentata dalla tecnologia digitale e dall’intelligenza artificiale: nate con la speranza che fossero risorse potenzialmente straordinarie – e in effetti lo sono – esse si sono politicamente rivelate anche strumenti potentissimi per la destra reazionaria e per la diffusione di messaggi razzisti, xenofobi, misogini, cospirazionisti. Richiedono pertanto un profondo ripensamento del dibattito pubblico e delle strategie politiche.
Giovanni Borgognone è professore associato di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino e coordinatore della rivista “Storia del pensiero politico” edita dal Mulino. Tra le sue pubblicazioni, Storia degli Stati Uniti. La democrazia americana dalla fondazione all’era globale (Feltrinelli, 2013), House of Trump. Ritratto di una presidenza privata (Università Bocconi Editore, 2020), America bianca. La destra reazionaria dal Ku Klux Klan a Trump (Carocci, 2022).