
In tale modello organizzativo, che diventa anche modello didattico, classe, disciplina di insegnamento, ora di lezione, aula e libro di testo si tengono reciprocamente, l’uno con l’altra; si tratta di un modello talmente incorporato nella cultura scolastica da essere assunto dai Dirigenti e dagli insegnanti, ma anche da allievi e genitori, come un assunto di base incontrovertibile nella progettazione dell’azione didattica. La domanda che non trova una chiara risposta in rapporto a tale modello è “cui prodest?”, ovvero a quali apprendimenti è funzionale questo modello organizzativo; qui casca l’asino, come si dice, nel senso che emerge con evidenza l’anacronismo dell’ambiente di apprendimento veicolato da tale modello organizzativo.
Cosa significa ripensare l’ambiente di apprendimento?
Ripensare l’ambiente di apprendimento significa mettere in discussione radicalmente questo modello, a partire dalle buone pratiche che progressivamente e ostinatamente prendono piede nella scuola reale, con fatica e lentamente anche nel nostro paese. È questa la chiave di lettura che vuole caratterizzare questo volume, a partire dalla centralità da assegnare alla domanda “quali apprendimenti si intendono promuovere?”, malinconicamente in ombra a favore di logiche amministrative e organizzative, che definiscono l’”agenda” del fare scuola.
In che modo è possibile rimettere al centro dell’attenzione la qualità dei processi di apprendimento?
“Il medium è massaggio”. La celebre affermazione di Mc Luhan rappresenta la bussola che chiarisce il senso dell’intero volume e le ragioni per cui il ripensamento dell’ambiente di apprendimento è posto al centro dei processi di cambiamento del fare scuola (Fiore-McLuhan, 1967). Il modo in cui veicoliamo un messaggio è parte integrante del messaggio stesso, anzi spesso ne costituisce la dimensione più pervasiva ed incisiva; se pensiamo ad una interazione emotivamente significativa che abbiamo vissuto spesso non ci ricordiamo le parole che sono state dette, bensì la dinamica relazionale che ha marcato l’evento. Ritorna, in altre parole, la distinzione introdotta dalla pragmatica della comunicazione tra piano del contenuto e piano della relazione, tra che cosa diciamo e come lo diciamo, come facce complementari di un evento comunicativo: il piano del contenuto si riferisce strettamente al livello logico-cognitivo della comunicazione, laddove quello della relazione riguarda prevalentemente il livello socio-emotivo (cfr. Watzlawich, 1967).
Anche il “fare scuola” è un messaggio, un messaggio educativo che comunica un determinato modello pedagogico, caratterizzato da determinati principi educativi e valori culturali. Orbene questo messaggio non passa tanto attraverso le dichiarazioni di intenti, ovvero i vari documenti progettuali che troviamo, alla stregua di grida manzoniane, in qualsiasi Istituto scolastico (PTOF, PdM, RAV, curricolo di Istituto, programmazioni disciplinari e di classe, piani di lavoro individuali, …), bensì attraverso la materialità educativa, il modo concreto con cui la scuola gestisce il suo compito formativo. In questa materialità gioca un ruolo centrale la strutturazione dell’ambiente di apprendimento, in tutte le sue dimensioni, da quelle più evidenti, come l’organizzazione degli spazi, a quelle meno visibili, come le regole di convivenza sociale
Quali esperienze si sono sviluppate in tal senso?
Le diverse esperienze sono accomunate dalla messa in discussione del modello organizzativo scolastico, sebbene attraverso “punti di accesso differenti”. Si va dalla Flipped Classroom, che sollecita a cambiare il ruolo del docente nel lavoro didattico; all’apprendimento differenziato, che interviene tra le altre cose sui raggruppamenti degli allievi; alle aule laboratorio disciplinari, che puntano a modificare gli spazi di apprendimento, al tempo modulare, che ripensa l’organizzazione dei tempi; alla produzione di contenuti didattici, che ridefinisce il ruolo del libro di testo. Solo per fare qualche esempio delle linee d’azione che sono sviluppate nel volume.
Nel libro Lei analizza anche l’esperienza della rete Senza zaino quale esempio di come è possibile ripensare lo spazio aula: quali ne sono i principi di fondo?
Si tratta di un approccio centrato su tre valori cardine:
- l’ospitalità, intesa come apertura e attenzione verso l’altro, a partire da un ambiente accogliente e gradevole;
- la responsabilità, intesa come attivazione di tutti i soggetti coinvolti nella relazione formativa, in un contesto autentico e significativo;
- la comunità, intesa come appartenenza di tutti i soggetti ad una realtà sociale e cooperativa, basata su una condivisione di valori, significati e azioni.
La globalità dell’approccio è sottolineata da una visione del processo formativo come integrazione di pensiero, emozioni e relazioni, nella quale ciascuna dimensione diventa condizione e alimentazione delle altre due, e dalla conseguente ricerca di un equilibrio tra le diverse “porte” alla conoscenza: simbolico-astratta, iconico-visuale, sensitivo-corporea, virtuale-digitale. Da qui una proposta curricolare che si innesta e viene determinata dal contesto formativo, nella prospettiva di uno sviluppo globale della persona: una proposta che parte dall’aula per allargarsi ad una visione di scuola a 360°.
L’attualità ha posto al centro del dibattito corrente l’uso delle nuove tecnologie nell’apprendimento: quale futuro per la scuola digitale?
Le tecnologie sono indubbiamente un potente acceleratore dei cambiamenti del modello organizzativo scolastico di cui abbiamo parlato, nel senso che aiutano a creare le condizioni e a facilitare il ripensamento dell’ambiente di apprendimento. Il punto è pensarle come mezzi e come fini dell’innovazione didattica; per questo motivo nel volume non sono trattate separatamente, come una linea d’azione specifica, bensì sono richiamate nelle loro potenzialità per i diversi percorsi innovativi che sono presentati.
Mario Castoldi insegna Didattica generale presso l’Università di Torino ed è impegnato da anni nella ricerca didattica, a fianco delle scuole. Tra i suoi ultimi lavori per Carocci editore Valutare e certificare le competenze (2018) e Costruire unità di apprendimento (2019).