
Più articolato è il discorso relativo al secondo testo, la cosiddetta Augsburger Fibel. Si tratta, infatti, di uno dei primi esempi di tavola alfabetica scritta in tedesco e finalizzata ad insegnare a sillabare e poi a leggere in tedesco. Il modello si ispira, ovviamente, alle tavole alfabetiche latine, ma qui l’attenzione è sul volgare. Interessante è poi il fatto che la struttura ed il contenuto della Augsburger Fibel si discostano, in parte, da quelli tradizionali, con l’impiego di un lessico e di frasi esemplificative proprie dell’ambito dei mercanti. Si può dire che si tratta di uno strumento didattico che sembrerebbe pensato proprio per soddisfare le esigenze di un’istruzione elementare di un ceto (quello dei mercanti e degli artigiani) che proprio in quel periodo manifestava sempre più il desiderio e la necessità di avere un’istruzione propria, ‘staccata’ da quella ufficiale del latino, come testimoniato anche dalla nascita e progressiva diffusione di Deutsche Schulen, cioè scuole tedesche, che iniziano ad affiancarsi in questo periodo a quelle tradizionali di latino. E anche in questo caso è interessante notare come il breve scritto contenga, più o meno direttamente, delle osservazioni o quantomeno metta in risalto (con una sorta di approccio contrastivo rispetto al latino) caratteristiche proprie del tedesco, sia a livello di scrittura che a livello di suoni.
Quali differenze esistono tra i due testi e qual è il loro contenuto?
Il primo testo, Ettwas von bůchstaben, come in parte già anticipato, è un testo teorico che, rielaborando il libro I,2 De litera delle Institutiones Grammaticae di Prisciano, intende offrire una prima introduzione alle lettere dell’alfabeto. Il testo è articolato in quattro sezioni distinte: la prima parte tratta dell’origine delle ventitré lettere dell’alfabeto latino, mentre la seconda è incentrata sulla divisione delle lettere, rispettivamente, in vocali e consonanti, a loro volta suddivise in liquide, semivocali e mute. La terza sezione offre una breve descrizione della sequenza delle lettere nell’alfabeto. La quarta ed ultima parte, infine, tratta dei dittonghi, seguita da una breve nota conclusiva che specifica come, una volta appreso l’ordine delle lettere ed imparato a riconoscere le sillabe partendo dalla vocale, sia possibile legare tra loro le singole sillabe, computare ed infine leggere intere parole.
Il secondo scritto, la Augsburger Fibel, ha un taglio indubbiamente più pratico in quanto rappresenta il testo su cui esercitarsi concretamente nella sillabazione e nella lettura. Sebbene si ispiri al modello della tavola latina e in parte ne conservi alcuni elementi propri, lo scritto non si apre però con la presentazione dell’alfabeto ed una classificazione e/o spiegazione delle lettere, ma è perlopiù formato da una lunga serie di frasi esemplificative che, per tipologia di struttura e di lessico, rimandano inequivocabilmente all’ambiente dei mercanti. Questo ci permette di ipotizzare una doppia funzionalità didattica del testo: da un lato favorire l’apprendimento della sillabazione e della lettura, dall’altro permettere anche l’acquisizione di un lessico basilare specialistico dell’ambito commerciale, utile ai fini dello svolgimento di un’attività economica. Il testo riporta anche uno schema sillabico che risulta essere ripreso da quello presente nel testo noto con il titolo di Modus legendi del maestro Christoph Hueber di Landshut. Da notare, infine, che nella tavola sono presenti alcune raffigurazioni allo scopo di facilitare durante l’esercizio di sillabazione e di lettura il riconoscimento e la memorizzazione della lettera, ovvero del suono, iniziale della parola.
In che modo essi contribuiscono agli studi sulla storia dell’insegnamento linguistico e grammaticale del tedesco nel tardo Medioevo?
L’edizione dei due testi aggiunge, per così dire, un tassello importante agli studi della storia dell’insegnamento linguistico e grammaticale del tedesco in età tardomedievale. I due testi rappresentano infatti un esempio concreto di quelli che dovevano essere gli strumenti didattici, i cosiddetti ‘sillabari’, dell’epoca. Sappiamo molto sulle scuole, sia di latino che di tedesco, dell’epoca, grazie alla pubblicazione degli statuti e degli ordinamenti scolastici in esse vigenti. E sappiamo anche molto degli strumenti didattici in uso. Ma questo non significa che tutti i testi siano effettivamente stati studiati o che siano stati oggetto di edizione. In questo caso i due scritti presi in esame permettono di capire in maniera più approfondita come, piano piano, si cercasse di dare alla lingua tedesca il giusto valore di ‘lingua’ che, oltre ad essere parlata, quindi usata nella quotidianità, poteva e doveva anche essere studiata. Offrono quindi interessanti spunti di riflessione perché consentono di vedere come veniva ‘percepito’ il tedesco all’epoca, come venivano evidenziate le sue caratteristiche rispetto alla lingua latina. E contribuiscono, infine, agli studi sulla formazione di un lessico tecnico e settoriale di carattere grammaticale in volgare.
Marialuisa Caparrini è professore associato di Filologia germanica all’Università degli Studi di Ferrara. Ha al suo attivo varie pubblicazioni, tra cui le seguenti edizioni: Un manuale di tedesco per Italiani del XV secolo: lo Sprachbuch di Meister Jörg. Introduzione all’opera e edizione dei due testimoni fiorentini (Magl. IV 66 e Ashb. 352), Kümmerle Verlag 2001, La letteratura culinaria in bassotedesco medio. Un’indagine linguistica e storico-culturale sulla base del ricettario di Wolfenbüttel (Cod. Guelf. Helmst. 1213), Kümmerle Verlag 2006, Die deutsche Bearbeitung der Epistula Anthimi de observatione ciborum. Edition und Kommentar, Kümmerle Verlag 2011, Die ‘Münstersche Grammatik’. Neuedition und Kommentar. Mit einer Untersuchung des grammatischen Fachwortschatzes, Kümmerle Verlag 2018.