“A scuola di tedesco nel tardo Medioevo” di Marialuisa Caparrini

Prof.ssa Marialuisa Caparrini, Lei è autrice del libro A scuola di tedesco nel tardo Medioevo, pubblicato dalle Edizioni dell’Orso, che contiene anche l’edizione critica di due testi didattici del XV secolo: quale importanza rivestono i due brevi scritti noti con il titolo di Ettwas von bůchstaben e Augsburger Fibel, contenuti nel codice E(rnst) 128 del fondo incunaboli del Kestner Museum di Hannover?
A scuola di tedesco nel tardo Medioevo, Marialuisa CaparriniI due testi sono particolarmente significativi da più punti di vista. Il primo, Ettwas von bůchstaben, è un breve scritto di introduzione alle lettere dell’alfabeto ancora del tutto legato alla tradizione grammaticale latina. Si tratta, infatti, di una rielaborazione in lingua tedesca del libro I,2 De litera delle Institutiones Grammaticae di Prisciano e già la fonte latina di per sé riveste particolare importanza. Un primo approccio allo studio della grammatica nel Medioevo si basava, generalmente, sull’impiego della cosiddetta Ars minor del grammatico latino Elio Donato, un testo agevole e di taglio elementare, non certo sull’opera di Prisciano, solitamente impiegata ad un livello di studio superiore. Ed infatti, in area tedesca, numerose sono le testimonianze di rielaborazioni in lingua volgare dell’opera di Donato e di glossari cosiddetti donatiani. In questo caso, invece, il codice di Hannover testimonia la diffusione, o meglio l’uso, di Prisciano anche in un contesto didattico iniziale. Questo uso, tuttavia, non deve sorprendere dal momento che dell’opera di Prisciano viene ripresa solo una parte di introduzione alle lettere dell’alfabeto che non è presente in Donato. È dunque una testimonianza importante, anche perché offre interessanti spunti sulla terminologia grammaticale in lingua tedesca, terminologia che nel XV secolo è ancora, per così dire, ‘in divenire’. Un altro elemento importante è che, nonostante sia ancora del tutto legato alla tradizione latina, il breve scritto contiene comunque qualche sporadico accenno a certe caratteristiche proprie del tedesco, testimoniando così l’interesse per uno studio del volgare in un’epoca in cui apprendimento scolastico e linguistico significava, perlopiù, ancora apprendimento in e del latino.

Più articolato è il discorso relativo al secondo testo, la cosiddetta Augsburger Fibel. Si tratta, infatti, di uno dei primi esempi di tavola alfabetica scritta in tedesco e finalizzata ad insegnare a sillabare e poi a leggere in tedesco. Il modello si ispira, ovviamente, alle tavole alfabetiche latine, ma qui l’attenzione è sul volgare. Interessante è poi il fatto che la struttura ed il contenuto della Augsburger Fibel si discostano, in parte, da quelli tradizionali, con l’impiego di un lessico e di frasi esemplificative proprie dell’ambito dei mercanti. Si può dire che si tratta di uno strumento didattico che sembrerebbe pensato proprio per soddisfare le esigenze di un’istruzione elementare di un ceto (quello dei mercanti e degli artigiani) che proprio in quel periodo manifestava sempre più il desiderio e la necessità di avere un’istruzione propria, ‘staccata’ da quella ufficiale del latino, come testimoniato anche dalla nascita e progressiva diffusione di Deutsche Schulen, cioè scuole tedesche, che iniziano ad affiancarsi in questo periodo a quelle tradizionali di latino. E anche in questo caso è interessante notare come il breve scritto contenga, più o meno direttamente, delle osservazioni o quantomeno metta in risalto (con una sorta di approccio contrastivo rispetto al latino) caratteristiche proprie del tedesco, sia a livello di scrittura che a livello di suoni.

Quali differenze esistono tra i due testi e qual è il loro contenuto?
Il primo testo, Ettwas von bůchstaben, come in parte già anticipato, è un testo teorico che, rielaborando il libro I,2 De litera delle Institutiones Grammaticae di Prisciano, intende offrire una prima introduzione alle lettere dell’alfabeto. Il testo è articolato in quattro sezioni distinte: la prima parte tratta dell’origine delle ventitré lettere dell’alfabeto latino, mentre la seconda è incentrata sulla divisione delle lettere, rispettivamente, in vocali e consonanti, a loro volta suddivise in liquide, semivocali e mute. La terza sezione offre una breve descrizione della sequenza delle lettere nell’alfabeto. La quarta ed ultima parte, infine, tratta dei dittonghi, seguita da una breve nota conclusiva che specifica come, una volta appreso l’ordine delle lettere ed imparato a riconoscere le sillabe partendo dalla vocale, sia possibile legare tra loro le singole sillabe, computare ed infine leggere intere parole.

Il secondo scritto, la Augsburger Fibel, ha un taglio indubbiamente più pratico in quanto rappresenta il testo su cui esercitarsi concretamente nella sillabazione e nella lettura. Sebbene si ispiri al modello della tavola latina e in parte ne conservi alcuni elementi propri, lo scritto non si apre però con la presentazione dell’alfabeto ed una classificazione e/o spiegazione delle lettere, ma è perlopiù formato da una lunga serie di frasi esemplificative che, per tipologia di struttura e di lessico, rimandano inequivocabilmente all’ambiente dei mercanti. Questo ci permette di ipotizzare una doppia funzionalità didattica del testo: da un lato favorire l’apprendimento della sillabazione e della lettura, dall’altro permettere anche l’acquisizione di un lessico basilare specialistico dell’ambito commerciale, utile ai fini dello svolgimento di un’attività economica. Il testo riporta anche uno schema sillabico che risulta essere ripreso da quello presente nel testo noto con il titolo di Modus legendi del maestro Christoph Hueber di Landshut. Da notare, infine, che nella tavola sono presenti alcune raffigurazioni allo scopo di facilitare durante l’esercizio di sillabazione e di lettura il riconoscimento e la memorizzazione della lettera, ovvero del suono, iniziale della parola.

In che modo essi contribuiscono agli studi sulla storia dell’insegnamento linguistico e grammaticale del tedesco nel tardo Medioevo?
L’edizione dei due testi aggiunge, per così dire, un tassello importante agli studi della storia dell’insegnamento linguistico e grammaticale del tedesco in età tardomedievale. I due testi rappresentano infatti un esempio concreto di quelli che dovevano essere gli strumenti didattici, i cosiddetti ‘sillabari’, dell’epoca. Sappiamo molto sulle scuole, sia di latino che di tedesco, dell’epoca, grazie alla pubblicazione degli statuti e degli ordinamenti scolastici in esse vigenti. E sappiamo anche molto degli strumenti didattici in uso. Ma questo non significa che tutti i testi siano effettivamente stati studiati o che siano stati oggetto di edizione. In questo caso i due scritti presi in esame permettono di capire in maniera più approfondita come, piano piano, si cercasse di dare alla lingua tedesca il giusto valore di ‘lingua’ che, oltre ad essere parlata, quindi usata nella quotidianità, poteva e doveva anche essere studiata. Offrono quindi interessanti spunti di riflessione perché consentono di vedere come veniva ‘percepito’ il tedesco all’epoca, come venivano evidenziate le sue caratteristiche rispetto alla lingua latina. E contribuiscono, infine, agli studi sulla formazione di un lessico tecnico e settoriale di carattere grammaticale in volgare.

Marialuisa Caparrini è professore associato di Filologia germanica all’Università degli Studi di Ferrara. Ha al suo attivo varie pubblicazioni, tra cui le seguenti edizioni: Un manuale di tedesco per Italiani del XV secolo: lo Sprachbuch di Meister Jörg. Introduzione all’opera e edizione dei due testimoni fiorentini (Magl. IV 66 e Ashb. 352), Kümmerle Verlag 2001, La letteratura culinaria in bassotedesco medio. Un’indagine linguistica e storico-culturale sulla base del ricettario di Wolfenbüttel (Cod. Guelf. Helmst. 1213), Kümmerle Verlag 2006, Die deutsche Bearbeitung der Epistula Anthimi de observatione ciborum. Edition und Kommentar, Kümmerle Verlag 2011, Die ‘Münstersche Grammatik’. Neuedition und Kommentar. Mit einer Untersuchung des grammatischen Fachwortschatzes, Kümmerle Verlag 2018.

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