“A norma di (chi) legge. Peculiarità dell’italiano federale” di Jean-Luc Egger

Dott. Jean-Luc Egger, Lei è autore del libro A norma di (chi) legge. Peculiarità dell’italiano federale edito da Giuffrè Francis Lefebvre: qual è lo status della lingua italiana nella Confederazione svizzera?
A norma di (chi) legge. Peculiarità dell'italiano federale, Jean-Luc EggerSe per status intendiamo la posizione giuridica, l’italiano è lingua ufficiale della Confederazione da più di 150 anni e, in quanto tale, equiparato perfettamente alle altre due lingue principali che sono il tedesco e il francese. Così recita la Costituzione federale e così dispone anche la più recente legge sulle lingue entrata in vigore nel 2010. I giuristi ci insegnano tuttavia che le parole che compongono le disposizioni di un atto normativo sono di per sé vuote e devono essere riempite dall’interpretazione, un’interpretazione che dipende da molti fattori, non da ultimo dalla storia. E la storia dell’attuazione o dell’interpretazione concreta di questo principio costituzionale ci mostra in realtà che ci sono voluti molti anni per equiparare realmente l’italiano alle altre lingue ufficiali e che per di più tale processo non è ancora terminato. Bisogna infatti chiedersi che cosa significa per una lingua essere dichiarata lingua ufficiale di uno Stato in una compagine istituzionale plurilingue; una lingua non è soltanto un codice di comunicazione, anzi considerarla soltanto come strumento di comunicazione ne sminuisce l’importanza. La lingua è qualcosa di complesso e di intrinsecamente umano, che cristallizza tradizioni, identità, culture e visioni del mondo. Di conseguenza, aprirsi al plurilinguismo istituzionale significa adottare una prospettiva che sin dall’inizio relativizza i singoli idiomi considerandoli come espressione contratta (è la contractio del Cusano) della totalità; espressione sì della totalità, ma contratta secondo le modalità del singolo idioma. Questo significa concretamente che in tale prospettiva non vi è una lingua dominante che esprimerebbe i contenuti in modo perfetto e alla quale le altre lingue ufficiali dovrebbero conformarsi. In quest’ottica, che potremmo definire paternalistica, l’equiparazione giuridica potrebbe essere valutata esclusivamente in funzione del livello di conformità alla lingua predominante. No: vi sono più lingue equipollenti a priori e ognuna di queste esprime lo stesso contenuto secondo le sue potenzialità e tradizioni e quindi in modi diversi (contratti) ma parimenti degni di considerazione. Per tornare dunque alla sua domanda, lo statuto dell’italiano nella Confederazione è sensibilmente migliorato negli ultimi decenni; ci è voluto un percorso lungo, laborioso e l’attenzione costante di personalità politiche e specialisti votati alla causa dell’italianità e, ogni tanto, anche qualche felice coincidenza, ma oggi la lingua di Dante è ben presente sia nella comunicazione del Governo sia nell’iter legislativo. Occorrerebbe forse però fare qualche ulteriore passo, ad esempio nell’impostazione mentale, per considerarlo lingua pienamente equiparata.

Quali implicazioni testuali comporta l’italiano quale lingua ufficiale della Confederazione?
L’implicazione testuale fondamentale è il trilinguismo ufficiale, ossia il fatto che vi sono tre testi ufficiali e non un testo ufficiale e due traduzioni. Certo, si può dire, e peraltro è stato detto, che siamo di fronte a una finzione giuridica, ma formalmente ciò non rileva affatto. Anche se il testo italiano nasce come traduzione, il risultato di questa operazione è un testo originale, talmente originale che non può (anzi non deve) contare sul sostegno di un ipotetico altro testo originale. È dire che il dettato finale del testo italiano fa autorità come se il processo della sua genesi non fosse mai avvenuto, sicché il divenire traduttivo è assorbito e annullato nella realtà testuale definitiva.

Quali sfide pone la traduzione in italiano dei testi normativi?
La risposta alla domanda precedente permette di capire quali possano essere le difficoltà poste dalla traduzione in italiano dei testi normativi. Il testo normativo in italiano non deve essere un semplice tramite per capire il testo originale, ma deve valere in sé stesso, è una forma come direbbe Walter Benjamin. Per giungere a tanto, la procedura legislativa federale prevede determinati presidî istituzionali, in particolare l’intervento di commissioni di redazione sia nella fase di elaborazione iniziale dei disegni di legge, sia nell’ambito dell’esame parlamentare. Ho tentato di descrivere la genesi particolare del testo italiano delineandola come risultato di due atti traduttivi, una traduzione interlinguistica volta a cogliere il significato della disposizione e una traduzione intralinguistica intesa ad adeguare il dettato italiano sia al contenuto sia alle norme specifiche della redazione legislativa. Ma attenzione: questi due atti traduttivi sono due figure concettuali che riassumono in realtà tutta una serie di operazioni, metodi, approcci, cautele, accorgimenti che concorrono alla redazione del testo italiano e non vanno intese come semplici ricette processuali che, sommate quasi aritmeticamente, permettano di ottenere un buon testo. La traduzione non è una semplice commutazione di codice, generata magari da qualche algoritmo ben istruito.

Quali peculiarità caratterizzano l’italiano federale?
Dal titolo del libro non si evince se sia «la peculiarità» oppure «le peculiarità». Magari possono essere entrambe. La peculiarità è data dalla situazione affatto unica che contraddistingue l’italiano federale, nel suo statuto di lingua ufficiale di uno Stato plurilingue con le sue particolarità elvetiche ma che condivide anche il patrimonio linguistico e culturale di due cantoni svizzeri e di una grande nazione europea. Le peculiarità sono quelle a cui ho già in parte accennato, a cui si aggiungono le tensioni e talvolta le contraddizioni di un linguaggio istituzionale. Un esempio: la lingua delle istituzioni dovrebbe idealmente essere la lingua di tutti, cioè della comunità della polis ma anche del singolo cittadino. Ma in quale misura il singolo coincide con la comunità e, dunque, in che misura la lingua della polis è quella del singolo? Vi sono poi i vincoli posti da quella che possiamo definire la poetica dell’ufficialità, cioè i requisiti che la lingua delle istituzioni deve adempiere in virtù del suo ruolo istituzionale. Altre particolarità conseguono da tali requisiti e concernono soprattutto aspetti tecnici, come la monosemia o la considerazione delle istanze del pubblico.

È possibile normare l’uso della lingua?
Non solo è possibile, ma è necessario. Sappiamo che l’uso in generale della lingua presuppone l’osservanza delle sue regole, pena l’incomprensione. Ma l’uso della lingua da parte delle istituzioni deve inoltre soddisfare anche requisiti di uniformità, coerenza, attendibilità e chiarezza, tutti elementi che necessitano l’adozione di norme redazionali e direttive. Quando leggiamo un testo istituzionale vogliamo leggere la voce dell’autorità in questione e non quella del redattore concreto che lo ha scritto. Occorre in un certo senso mettere tra parentesi il proprio stile personale e conformarsi a quello dell’istituzione, senza tuttavia, evidentemente, indulgere nell’astrazione e nella vacuità.

Quali specifiche problematiche presenta l’utilizzo dell’italiano quale lingua istituzionale e del diritto svizzero?
Una delle principali è quella a cui allude il titolo del libro, l’esigenza di conciliare la tecnicità del linguaggio normativo, indispensabile per far funzionare la legge, con la sua accessibilità ad un’ampia cerchia di destinatari.

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