
di Alessandro Barbero
Quodlibet
«Gli orari dei pasti sono un ritmo della nostra vita che siamo abituati ad accettare come naturale, tanto che in genere non ci pensiamo neppure, fino a quando non veniamo a contatto con abitudini diverse dalle nostre, che al primo approccio di solito ci sembrano bizzarre, se non assurde. La realtà è che gli orari dei pasti sono una costruzione culturale e cambiano non solo da un paese all’altro, ma da una classe sociale all’altra e anche da un’epoca all’altra. Il tema di questo saggio è il cambiamento che si è verificato tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, quando le classi agiate europee hanno modificato l’orario dei pasti, facendo slittare in avanti l’orario del pasto principale della giornata, quello che si chiamava dîner in francese, dinner in inglese, e pranzo in italiano; lo slittamento in avanti è poi proseguito nel corso del XIX secolo, concludendosi solo all’inizio del Novecento.
Questa trasformazione ha creato una nuova differenza fra le classi sociali, attribuendo al «pranzar tardi» la valenza di uno status-symbol; ha fatto sì che gli orari dei pasti diventassero, per oltre un secolo, un indicatore sociale attentamente scrutato, e menzionato con enorme frequenza nella letteratura, assai più di quanto non accada oggi; e ha prodotto conseguenze linguistiche che si avvertono ancora ai nostri giorni, e di cui i parlanti non saprebbero dare una spiegazione, come l’alternanza, in italiano, tra colazione e pranzo per indicare il pasto di mezzogiorno, e tra pranzo e cena per indicare il pasto serale. Si tratta dunque di un fenomeno che presenta interesse sia per lo studioso dei comportamenti sociali, sia per il critico letterario, sia per il linguista, e che tuttavia finora non è mai stato oggetto di una ricognizione sistematica.»